Marco Filoni, Panorama 27/3/2014, 27 marzo 2014
FISCHIATE PURE, MA IMPARATE AD ASCOLTARE
[Intervista a Alexander Pereira] –
Il pubblico non deve comandare, perché il pubblico vuol dire abitudine; tuttavia sia permesso al pubblico di fischiare perché fra i fischi nascono i capolavori». Così il buon Bruno Barilli, nel lontano ‘51. Evidentemente il prossimo sovrintendente alla Scala di Milano, Alexander Pereira, non la pensa come l’illustre musicista. Qualche giorno fa ha voluto incontrare i rappresentanti dell’associazione Amici del Loggione, colpevoli di troppi fischi. E ha chiesto maggiore benevolenza. «L’iniziativa del subentrante soprintendente della Scala nei confronti dei loggionisti mi sembra la volontà di creare un sindacato giallo alla Scala». Paolo Isotta, il grande critico musicale, come sempre è diretto. «Ha paura che si possano fischiare i cantanti, i registi e i direttori d’orchestra che lui si propone di far venire. Che non saranno migliori di quelli della sovrintendenza Lissner».
Crede che Pereira sia stato inopportuno?
La volontà di dissentire va tutelata, fischiando o urlando. Alla sola condizione che i dissensi avvengano soltanto al termine della prestazione artistica, e non durante. Perché specialmente i cantanti, se fischiati in scena, possono solo fare peggio. Tanto premesso, osservo che i così detti loggionisti non sono tanto meglio del pubblico della Scala di oggi. Che è pessimo.
E per quale motivo?
Perché sono capaci di fischiare un regista, certo. E sanno fischiare un cantante quando stona. Ma di questo è capace pure la mia tartaruga. Al contrario non sono capaci di dissentire per le schifezze dell’esecuzione musicale. In questo momento i direttori che vengono chiamati alla Scala sono ancora peggio delle schifezze della regia. E faccio subito un esempio: ho scritto che un ragazzino che ha diretto Il ballo in maschera a luglio e che ora sta dirigendo Il trovatore, un certo Daniele Rustioni, è il peggior direttore che mi sia capitato di ascoltare nella mia vita.
Invece il pubblico apprezza? Il pubblico della Scala non ha trovato niente da dire; l’orchestra della Scala non protesta. Lo stesso vale per l’esecuzione vergognosa che ha fatto Daniel Barenboim di Una sposa per lo zar di Nikolaj Rimskij-Korsakov.
Ed è sempre stato così?
Per nulla. Vorrei citare un esempio: esiste in vendita un cd di un’Aida fatta al San Carlo di Napoli nel 1956, interpretata da Anita Cerquetti (il più grande soprano drammatico dal 1945 a oggi) e diretta dal sommo Gabriele Santini. Nel terzo atto, uno dei più grandi baritoni del dopoguerra, Gian Giacomo Guelfi, prolunga un’espressione con corone di pessimo gusto, senza però sbagliare in punto tecnico. Ebbene: la recita s’interrompe per cinque minuti di fischi. Quel pubblico la interrompe addirittura per un dettaglio di gusto. Questo significa capire!
È una questione di epoca storica?
Sì, erano altri tempi. Ma oggi grazie a internet chiunque può educarsi all’ascolto. Dunque l’ignoranza non è più giustificabile.