Alberto Bisin, la Repubblica 27/3/2014, 27 marzo 2014
I TAGLI E LE SCELTE IMPOPOLARI
IL PIANO Cottarelli, che nel contesto di una seria spending review ha proposto tagli significativi di spesa pubblica anche attraverso un profondo efficientamento della pubblica amministrazione, ha mandato la politica in fibrillazione. Il primo ministro Renzi ha reagito immediatamente con una frase stizzita e anche poco felice dal punto di vista mediatico: «Come mamma e papà in famiglia diciamo noi cosa tagliare». Il ministro Madia ha fatto dichiarazioni tese a tranquillizzare i dipendenti pubblici rifiutando la nozione di esuberi, utilizzata da Cottarelli, e suggerendo pre-pensionamenti al grido di «largo ai giovani». Addirittura il Presidente Napolitano è intervenuto ieri a supporto degli sforzi del governo per disarmare la bomba, con una richiesta tanto ovviamente condivisibile quanto invece pregnante in termini di messaggio politico: il passaggio «da tagli [...] assolutamente immotivati» a tagli ragionati in base «a un nuovo ordine di priorità».
Tutto questo è preoccupante. Ricorda quel passaggio del governo Monti, quando il ministro Giarda, incaricato della spending review, dichiarò che ci sarebbe stato poco da aspettarsi in termini di risparmi di spesa dal suo lavoro. Da quel momento in poi l’opera del governo Monti fu tutta in salita, il piano Giavazzi per la riduzione dei sussidi alle imprese fu insabbiato, il nuovo commissario Bondi alla spending review fu lasciato solo, e il governo non fece altro che inasprire la pressione fiscale fino alla sua prematura ma naturale fine, trasformando l’accezione “governo tecnico” in una brutta parola.
L’incapacità di Renzi di riconoscere la cura e l’intelligenza nel lavoro di Cottarelli e soprattutto la sua frenata sui tagli da questi proposti ha lo stesso significato e le stesse implicazioni: si cede alla lobby dei dipendenti pubblici e ci si infila in un vicolo cieco in cui non si hanno risorse per nessuna di quelle riforme, prima fra tutte la riduzione del cuneo fiscale, di cui il paese ha bisogno per avere una chance di tornare a crescere. Spero di sbagliarmi, ma la reazione del governo al piano Cottarelli purtroppo sembra aprire il sipario sulla dura verità: nemmeno questa volta è diverso; anche questo governo, come quelli precedenti, non comprende la gravità della situazione del paese e si nasconde davanti alle vere scelte impopolari. Nemmeno le roboanti e vuote dichiarazioni di intenti sono una novità, se si considerano i passati governi Berlusconi.
Due esempi specifici basteranno. La settimana scorsa su queste colonne esprimevo la speranza che l’apparente limitazione del tetto salariale agli amministratori delle imprese pubbliche, e non ai dirigenti pubblici (dagli alti magistrati ai diplomatici, dai dirigenti ministeriali agli amministratori locali) fosse solo una imprecisione linguistica nelle slide di Renzi. Non è così, alti boiardi di Stato continueranno a guadagnare tre volte i loro colleghi americani, protetti da un governo che non ha la forza di guardare ai dati veri che Cottarelli ha prodotto (lo ha fatto anche Roberto Perotti). A questo proposito la reazione dell’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, è doppiamente fuori luogo: non solo richiama con arroganza a un mercato per i dirigenti delle grandi imprese pubbliche che sappiamo tutti non esiste affatto in Italia, ma soprattutto permette a Renzi di trasformare quella che oggettivamente è una drammatica frenata nell’opera del suo governo in un eroico attacco alla casta.
Il ministro Madia invece continua a far dichiarazioni sul sistema pensionistico senza riferimento all’unica variabile rilevante, la distinzione tra pensioni calcolate con il metodo contributivo o retributivo. La sua affermazione di questi giorni che al posto degli esuberi si pensi a pre-pensionamenti per far spazio ai giovani è vuota senza questo riferimento. Pre-pensionamenti con il sistema contributivo sono effettivamente licenziamenti, perché la pensione sarebbe in questo caso attualizzata ai contributi effettuati nel corso dell’attività lavorativa, e quindi inferiore a quella che il lavoratore si attende nel caso lavori fino al compimento del suo incarico. Ma se invece le pensioni fossero superiori a quelle calcolate col metodo contributivo, in effetti si starebbe chiedendo ai giovani che saranno assunti di lavorare in buona parte per pagare la pensione di quelli che stanno sostituendo. Altro che largo ai giovani. Temo che la mancanza di precisione negli annunci sulle pensioni sia un modo per nascondere che a questo secondo caso si stia pensando. Ancora una volta, vecchia politica: protezione dei protetti, rimando dei costi al futuro, trucchi contabili.
Non basta chiudere il Senato. Questo provvedimento ha valore soprattutto come simbolo, come segnale di provvedimenti futuri nella stessa direzione. Ma il terrore di “mamma e papa’” davanti al lavoro di chi con professionalità individua proprio quei tagli motivati cui aspirano le parole del Presidente Napolitano non preannuncia nulla di buono. Ci sono le elezioni europee, certo, ma se questo è il problema allora, populismo per populismo, perché non cavalcare i sentimenti anti-Euro? Ricordarsi però di nascondere agli elettori che quei paesi che sono pronti a crescere, dentro e fuori dall’Euro, come la Germania, il Regno Unito, la Svezia, hanno fatto o stanno facendo proprio quelle scelte impopolari da cui questo governo sta scappando a gambe levate.