Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 27 Giovedì calendario

COOP, SEMPRE PIU’ POTENTI, SEMPRE PIU’ DIVISE

Finalmente riconosciute, ancora divise. Con la nomina a ministro del Lavoro di Giuliano Poletti, ex presidente di Legacoop e dell’Alleanza delle Cooperative, il cantiere per trasformare il variegato mondo del mutualismo italiano in una corazzata stile Confindustria sembra stia inciampando su localismi e militanze inconciliabili. La preoccupazione, all’interno dei cooperanti, è non sprecare il momento magico dopo un endorsement politico inaspettato, seguito a un’operazione finanziaria – la fusione tra la compagnia assicurativa delle Coop Unipol e Fondiaria Sai – che ha sancito l’ingresso nel salotto buono, per quanto oggi in via di dismissione, e gli affari con l’imprenditore più cool del momento: Oscar Farinetti di Eataly, supporter della prima ora di Matteo Renzi.
«Senza Poletti le Coop finiranno come l’ex Jugoslavia», confida un alto papavero. Per le mani del successore dovrà passare il futuro dell’Alleanza, che per ora rimane un coordinamento il cui peso specifico – 43mila imprese associate, 12 milioni di soci e 140 miliardi di euro di fatturato – va trasformato operativamente in struttura in grado di muoversi come un sol uomo. Fonti interne indicano tra fine aprile e metà maggio la nomina dell’erede di Poletti. La governance risente dell’ampiezza della base: è alle leghe regionali spetta la formazione delle candidature, la cui correttezza sarà verificata da un comitato di saggi. Ciò nonostante, trovare una sintesi soddisfacente tra le centrali cooparative – Legacoop, Agci e Confcooperative – è un esercizio difficile. I fronti, come emerge da un recente comunicato congiunto, sono molteplici: «verrà fatta un’analisi su statuti, modelli di governance e organizzativi ma anche su situazioni economiche e patrimoniali, questo perchè la Centrale unica avrà un’autonomia finanziaria», spiega la nota. L’obiettivo è completare entro il 30 giugno i coordinamenti regionali.
L’autonomia finanziaria di cui sopra può contare su una leggera inversione del trend che riguarda una delle principali voci di finanziamento del mondo mutualistico: il prestito soci, tesoretto di 11 miliardi di euro (dati riferiti alla raccolta 2012 delle 9 maggiori cooperative nazionali). Nella sostanza si tratta di prestiti a vista, regolati da una direttiva di Bankitalia secondo cui l’ammontare complessivo dei prestiti sociali raccolti non può eccedere il limite del triplo del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio della singola cooperativa. Un livello che può salire al quintuplo del patrimonio netto a fronte di garanzie che coprano almeno il 30% dell’ammontare dei prestiti. Secondo i dati che Linkiesta è in grado di fornire, la giacenza media nel 2013 – remunerata con tassi che vanno dall’1,5 al 2% – si è assestata a 9.200 euro, dopo una debacle nel 2012 e 2011 a 8.600 euro. Dal 2008 al 2012 anche la finanza rossa ha risentito pesantamente della crisi: le sostanze messe da parte dai soci Coop sono scese del 12 per cento.
Parte di quei risparmi sono andati a finanziare l’acquisizione di Fondiaria Sai da parte di Unipol. Attualmente il principale azionista (50,75%) del gruppo che ne è scaturito, UnipolSai, è Finsoe, holding che riunisce una pletora di Coop. Alcune, come la Adriatica, possiedono direttamente lo 0,51% del gruppo assicurativo. Altre, come Coop Estense e Nova Coop, sono importanti azionisti privilegiati, tra l’8 e il 6% di questa categoria di azioni. Privilegiati di fatto, visto il maxi dividendo deliberato dal gruppo guidato da Carlo Cimbri: dei 550 milioni di dividendi distribuiti quest’anno - su utili 2013 pari a 694 milioni - nelle tasche del sistema delle Coop finiranno complessivamente 335 milioni, mentre sarà varato un aumento di capitale da 100 milioni per finanziare Unipol Banca.
Tralasciando i numeri, che piacciono agli analisti di Goldman Sachs (hanno promosso il titolo), sulla fusione hanno messo gli occhi due procure. L’ex Guardasigilli Anna Maria Cancellieri è indagata dalla Procura di Roma per falsa testimonianza a pubblico ministero per le telefonate con Antonino Ligresti, fratello dell’ex patron Salvatore finito agli arresti, sulle condizioni di Giulia, figlia di Salvatore fermata dagli inquirenti assieme alla sorella Jonella. A fine febbraio sono stati sequestrati dalle Fiamme Gialle 2,5 miliardi di euro destinati a Paolo Ligresti, mentre la competenza territoriale delle indagini sembra passerà a Milano per via di un errore nell’acquisizione di una prova da parte della procura piemontese.
Proprio i magistrati meneghini stanno indagando sulle “auto-consulenze” affidate dalle società del gruppo FonSai ai membri della famiglia Ligresti. Il titolare dell’inchiesta, Luigi Orsi, a inizio marzo ha chiesto il rinvio a giudizio per Salvatore Ligresti sia per l’ipotesi di corruzione nei confronti dell’ex presidente dell’Isvap (il regolatore assicurativo) Giancarlo Giannini, sia per aggiotaggio nell’ambito della presunta manipolazione dei titoli Premafin attraveso i trust off shore riconducibili alla famiglia. Nel frattempo Federconsumatori è stata accettata come parte civile dalla procura di Torino nel processo, in rappresentanza di migliaia di piccoli azionisti danneggiati dalla fusione. Insomma, un ginepraio.
Discorso diverso Fico (Fabbrica italiana contadina), il lunapark del cibo che Eataly sta costruendo a Bologna. Coop Adriatica per bocca di Tiziana Primori, responsabile dello sviluppo delle partecipate, ha un ruolo di pivot nel coinvolgere altre cooperative nello sviluppo della Sgr che riunirà gli azionisti della newco dedicata alla gestione. Per ora sono stati raccolti 40 milioni da destinare allo sviluppo di 80mila metri quadri a cui lavoreranno 5mila addetti, con l’obiettivo di aprire i battenti a maggio 2015, quando si concluderà l’Expo di Milano. Tanta, troppa carne al fuoco per i cooperanti, ancora storditi dal cambio di passo. Anche per questo la strada verso l’integrazione in senso confindustriale rimane in salita.