Angelica Ratti, ItaliaOggi 26/3/2014, 26 marzo 2014
PERCHÉ LE VITTIME NON GRIDANO?
Quando una vittima di violenza racconta ciò che ha subito non di rado, ahimè, si riscontrano reazioni di incomprensione invece che di compassione. E questo perché spesso la vittima non ha reagito nei confronti del suo aggressore. I progressi della neurobiologia permettono di spiegare oggi perché le vittime non urlino e perché sembrino, in qualche modo, se si può dire, quasi rassegnate a subire l’aggressione. Le tecniche più sofisticate di «immagin cerebrale» aprono una nuova comprensione su quello che avviene nel cervello quando una persona subisce un’aggressione. E su come si forma la memoria traumatica. Perché non ha gridato, perché non si è ribellata? Contrariamente a quello che pensano numerose vittime che non hanno avuto la presenza di spirito di reagire e neppure hanno potuto beneficiare di un aiuto specializzato, la reazione non è dipesa da loro, quanto piuttosto dalla paralisi decisa dal loro cervello per istinto di sopravvivenza psichica. L’aggressore che segrega e terrorizza la sua vittima le crea un senso di pericolo di morte che la paralizza, secondo quanto ha specificato lo psichiatra-psicoterapeuta Muriel Salmona, presidente dell’associazione memorie traumatiche e vittimologia al simposio specializzato a Parigi. Questa paralisi è funzionale a controllare lo stress estremo provato: il cervello va in tilt e interrompe la corrente, impedendo la risposta emotiva. La vittima non riesce a reagire, urlare e difendersi. L’altro meccanismo che si crea è la dissociazione emotiva: le vittime si confondono fino a sentirsi spettatori delle violenze subite. Un modo per distaccarsene. Questa sorta di anestesia emotiva toglie le emozioni dal viso. Così si spiega come mai sia possibile non accorgersi che una donna viene picchiata. E questo riduce l’empatia. È sbagliato credere che la vittima sopporti la violenza; al contrario proprio perché è insopportabile il cervello si difende creando la dissociazione. Per diminuire l’angoscia certe vittime assumono farmaci, droghe o alcol con il risultato opposto e il rischio di dissociarsi ancora di più. Inoltre, tendono a rinchiudersi, rafforzando così la memoria del trauma. Più che rimuginare dovrebbero parlarne. Questo procurerebbe loro benefici profondi.