Ugo Bertone, Libero 26/3/2014, 26 marzo 2014
NOI MASSACRIAMO I VITALIZI DEI TRAVET GERMANIA, FRANCIA E SVEZIA LI AIUTANO
Con una mano ti do, con l’altra ti prendo (di più). È questa la filosofia del sistema pensionistico italiano come emerge dall’esame di un autodidatta di talento, il pensionato Adriano Ortile che, dopo una vita di lavoro, ha scelto un hobby impegnativo: cercar di capire qualcosa nella giungla di numeri e di leggi che regolano un sistema che, parole sue, trattano la massa dei pensionati «alla stregua di un Bancomat a cui attingere», anche attraverso un trattamento fiscale ben più punitivo del regime francese, tedesco o di altri Paesi, sulla carta meno generosi. Un’analisi che torna d’attualità assieme alla sorte dei potenziali “prepensionati”cui ha fatto riferimento il ministro Marianna Madia e da cui emergono indicazioni, se non inedite, poco note.
a) Dall’esame comparato del trattamento fiscale e dei coefficienti di rivalutazione emerge che, a parità di aliquote, il pensionato tedesco può dedurre in pratica quasi tutto mentre i pensionati francesi possono vantare una quota esente di 4.000 euro e possono avvalersi del quoziente familiare. Per esemplificare, in una famiglia di tre persone il reddito è diviso per tre e su questo si applica l’aliquota. Il contribuente può scegliere se detrarre il 10% secco. Su un reddito di 100.000 euro per una famiglia di tre persone (non conta quanti lavorano) prima si tolgono 10.000 euro di detrazione, poi si divide il risultato per 3 (90.000 : 3= 30.000) . L’imposta sarà di 19.000 euro, pari al 19%. Grazie alle detrazioni, le imposte risultano assai meno pesanti che in Italia, nonostante aliquote simili: «Una famiglia composta da marito, moglie e tre figli con un reddito annuo di 40.000 euro dovrà mediamente versare meno di 800 euro». Anche in Germania, grazie alla possibilità di detrarre in pratica quasi tutto , il netto è assai più sostanzioso.
b) La pensione dei tedeschi si rivaluta annualmente con un meccanismo agganciato ai salari. In Italia il montante è rivalutato annualmente in base ad indici forniti dall’Istat e legati all’andamento del Pil. Però la legge Fornero aveva stabilito per il biennio 2012/13 che l’adeguamento all’indice di inflazione Istat fosse riconosciuto solo fino a 1.443 euro lordi mensili. Non è stata invece applicata alcuna rivalutazione alle pensioni superiori a 1486,29 euro. Dal 2014 si sarebbe dovuti tornare ai criteri della legge finanziaria del 1999, ovvero all’adeguamento per scaglioni. Al contrario, sono state introdotte le fasce di garanzia con effetti, a detta di Ortale, regressivi perché applicate al reddito globale: ogni fascia superiore viene penalizzata «non solo per la parte di pensione in essa rientrante ma anche per la parte di reddito inferiore». Il risultato? Rinviamo allo studio la verifica dei risultati delle tre fasce, che differiscono globalmente …di 5 euro. «Il sistema ha garantito ai ricchi, si fa per dire, un aumento di 17,84 euro e ai poveri un aumento che può arrivare addirittura a 22,29 euro … che saranno cancellati dall’aumento delle tasse».
c) La perequazione comporterà per lo Stato un costo medio di 18 euro per pensionato, ovvero 4,8 miliardi di euro per i 21 milioni di trattamenti pagati dall’Inps, cifra a cui si dovrebbe sottrarre il contributo di solidarietà di cui non si conosce ancora l’ammontare esatto. Ovvero 2 miliardi di meno di quel che sarebbe costato riconoscere, senza complicati calcoli, l’adegua - mento per tutti all’indice Istat. Una spesa, al lordo dell’imposizione Irpef, non inferiore al 30 %. Insomma, negare, dopo un biennio di stop, l’aggancio al paniere Istat per i pensionati ha comportato un minor esborso per le casse pubbliche tra 1 e 1,4 miliardi di euro, pari allo 0,4% della spesa complessiva per pensioni (attorno ai 340 miliardi) .
d) Intanto, al di là delle smentite del ministro Madia, si continua a riflettere sul blocco delle pensioni superiori a 3.000 euro lordi mese, una soluzione che provocherebbe nel giro di 15 anni l’abbatti - mento del potere d’acquisto dei pensionati nell’ordine del 40-50%. È il destino che attende i prepensionati del ministro Madia se si continuerà a gettar denaro in spesa pubblica improduttiva invece che tagliare sul serio.