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 2014  marzo 26 Mercoledì calendario

LE «DOCENZE D’ORO» DEGLI ALTI BUROCRATI


ROMA
Mentre sui manager pubblici cala o sta per calare la mannaia del tetto agli stipendi e del divieto di cumulo, c’è una fitta selva di burocrati statali che arrotonda lo stipendio con docenze iperpagate nelle scuole di formazione per i dirigenti pubblici. Ex capi di gabinetto di superministeri che adesso insegnano i regimi speciali Iva piuttosto che la responsabilità nel pubblico impiego. E guadagnano fino a oltre 300mila euro annui, che cumulano ai loro già lauti stipendi.
Scuole che tante volte si è tentato di accorpare ma senza risultati. A tutt’oggi sono ancora cinque: la Scuola superiore di economia e finanze, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, quella dell’amministrazione locale, quella dell’Interno e l’istituto diplomatico Mario Toscano. Strutture simili che moltiplicano per cinque spese di funzionamento, stipendi per i docenti e per i dirigenti e magari anche affitti d’oro per le sedi.
Quest’anno, ad esempio, la sola Scuola nazionale dell’amministrazione (Sna) presso la Presidenza del Consiglio costerà quasi 21 milioni di euro. E distribuirà ai suoi docenti 3 milioni di euro tondi (leggermente in aumento rispetto all’anno scorso). Diciotto i docenti a tempo pieno il cui compenso annuo varia dai 217mila euro di Alberto Heimler ai 25mila euro di Fabrizio Cafaggi. Scorrendo l’elenco dei professori si scopre che il consigliere parlamentare Marcello Degni, nonché assessore al bilancio del comune di Rieti che ha da poco rassegnato le dimissioni per trasferirsi a Venezia, risulta il fortunato possessore di uno stipendio da 70mila euro l’anno. Sul suo profilo twitter Degni si definisce «economista, di sinistra, disilluso dei partiti italiani», sogna di andare a Londra e di fare «reading groups sul Capitale e studiare filosofia». Intanto però la docenza romana alla scuola di Palazzo Chigi gli frutta uno stipendio vero. C’è poi il dirigente Istat Efisio Gonario Espa, consigliere economico a Palazzo Chigi sotto Prodi, che a fronte di lezioni sull’analisi di impatto della regolamentazione mette insieme oltre 80mila euro all’anno. E poi, accanto ai 140mila euro di Fabio Cintioli, ai 95mila di Maria Rosaria Ferrarese, ai quasi 179mila di Francesca Gagliarducci e ai 100mila tondi di Luigi Paganetto e di Renzo Turatto, ecco spuntare i soli 32mila euro di Michel Martone, vice di Elsa Fornero al ministero del Lavoro sotto Mario Monti. Sempre online si scopre inoltre che i dirigenti di stanza al Sna superano spesso i 230mila euro annui lordi. Insomma, stipendi di tutto rispetto. Con l’unica prospettiva ottimistica di un taglio di budget che dovrebbe portare a partire dal 2015 a un dimezzamento del bilancio.
Ma non è tutto qui. Una dettagliatissima inchiesta del «Fatto quotidiano» ha gettato luce sulla scuola che afferisce per competenza al ministero del Tesoro. La Ssef distribuisce ben 2,7 milioni dei 16 di budget 2013 a soli 13 docenti. In vetta alla classifica dei professori meglio retribuiti c’è – guarda caso - l’ex capo di gabinetto del ministero delle Finanze sotto Giulio Tremonti, Mario Monti e Vittorio Grilli, Vincenzo Fortunato. La Scuola gli stacca ogni anno un assegno da 301mila euro, vicino a quel tetto di 311mila euro che è la retribuzione del primo presidente della Cassazione. Fortunato, in qualità di presidente dell’Invimit, società al 100% del Tesoro ma fuori del perimetro della Pa, non rientra neppure nel novero di coloro i quali devono rispettare il divieto di cumulo. E dunque ha il via libera all’accumulo di un doppio, lauto stipendio. Di pari importo il salario di Marco Pinto, consigliere di Stato anche lui di casa negli uffici della burocrazia ministeriale, con un cursus honorum conclusosi proprio come vice di Fortunato al Tesoro. E non va certo peggio a Francesco Tomasone, magistrato della Corte dei conti ed ex capo dell’ufficio legislativo del ministero del Lavoro: come capo del dipartimento delle scienze aziendali guadagna ogni anno 295mila euro. Poco meno incassa l’avvocato dello Stato e docente Luiss Maurizio Mensi: 272mila euro. Sempre al top lo stipendio di Maurizio Giuseppe Nerio Carugno, capo di gabinetto di Alfonso Pecoraro Scanio e poi consigliere giuridico di Silvio Berlusconi: carriera bipartisan e ora cedolino da 246mila euro annui lordi. E certo non poteva mancare il chiacchieratissimo e pluri-indagato ex consigliere di Tremonti, Marco Milanese, il cui stipendio ammontava a 194mila euro l’anno ma che il 17 dicembre scorso se l’è visto decurtare a 97.166 euro. Insegna al dipartimento di Scienze tributarie.
Di certo non un esempio di economia e di oculato uso delle finanze per una scuola nata nel 1957, uno anno dopo la morte di uno statista e studioso di scienza delle finanze e di diritto finanziario del calibro di Ezio Vanoni e, inizialmente, a lui intitolata.