Fulmini 27/3/2014, 27 marzo 2014
RIBELLE
«Ho 26 anni, ho avuto una figlia, sono sereno in famiglia. L’immagine del ribelle appartiene al passato. Ormai sono maturato e penso di poterlo dimostrare anche in campo» (Jeremy Menez).
PEGGIORE «Con Hackett ci conosciamo dai tempi di Treviso, quando io ero un ragazzino e lui un ventenne. Là ho visto il suo volto peggiore poi però ne ho ammirato la sua capacità di rinascere e ripartire. Ha una determinazione incredibile. Il questo momento è il miglior giocatore italiano» (Alessandro Gentile).
SPOGLIATOIO «Ai miei tempi, quello che succedeva nel Milan restava dentro la squadra, questa era la nostra forza. Se vogliono vincere, i giocatori lascino i problemi nello spogliatoio. Seedorf non ha potuto cambiare, a partire dai giocatori. Per valutare con onestà il suo impatto servirebbe un anno» (Ruud Gullit).
DOLORE «A differenza di me e pur restandoci male, il presidente Thohir davanti alla sconfitta cerca di sdrammatizzare, mentre per me è un dolore quasi fisico» (Walter Mazzarri).
GIOIA «Sarebbe stato bello vedere in pista anche Stoner. Casey ha messo troppa pressione su se stesso e non ha più trovato la gioia di correre. Io invece mi divertivo a vincere, ero felice, proprio come Valentino Rossi, che infatti è ancora lì» (Mick Doohan).
EMOZIONI «Tornare alla quotidianità all’inizio è stato piuttosto difficile: le emozioni dei Giochi non sono state facili da smaltire. Ma da quell’esperienza ho ricevuto talmente tanto, non solo in termini di risultati, che l’entusiasmo non è ancora scemato» (Carolina Kostner).
ENERGIA «Credo che alcune cose nella vita succedano perché devono succedere. Credo che nell’universo ci sia un’energia che ci connette tutti quanti e che in qualche modo ci permette di comunicare. E non credo che le cose succedano per caso tutte quello che ci capita ha una ragione sua precisa» (Novak Djokovic).
CARTE «C’è un chiosco ad Ostia che appartiene alla mia famiglia, allo Sporting Beach. Ci sono cresciuto. Ancora oggi ci passo del tempo a giocare a carte con persone di 70-80 anni. Questi signori si ricordano tutte le carte che passano, anche se ci sono venti mani e ogni nuova carta che esce porta una battuta, la stessa battuta da trent’anni» (Daniele De Rossi).