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 2014  marzo 25 Martedì calendario

LE FERROVIE ITALIANE CI COSTANO IL DOPPIO


ROMA. «Siamo imprese che stanno sul mercato ed è evidente che sul mercato bisogna anche avere la possibilità di retribuire un minimo per potere fare sì che i manager bravi vengano dove ci sono imprese complicate e con del rischio da prendere ogni giorno», ha detto nei giorni scorsi Mauro Moretti, amministratore delegato di Fs, polemizzando con l’intenzione del governo di tagliare gli stipendi dei manager pubblici. Sul mercato, ma con aiuti di Stato per diversi miliardi di euro. Quanti?
A fare i conti è un dossier curato da due docenti dell’Università Milano Bicocca, Ugo Arrigo e Giacomo Di Foggia, “La spesa pubblica ferroviaria nei principali paesi europei”.
Dal 1992, quando le Fs sono state trasformate in società per azioni, al 2012 la spesa pubblica ferroviaria è stata pari a 207,7 miliardi di euro, di cui 84,8 di parte corrente e 122,8 in conto capitale: una media annua di 9,9 miliardi di euro. Solo nel 2012, l’esborso totale a carico della finanza pubblica è stato di 7,6 miliardi, un dato inferiore alla media dei 21 anni, ma in crescita rispetto agli anni precedenti.
Nello stesso arco temporale la spesa ferroviaria francese – dove però il settore è il doppio di quello italiano per dimensioni dell’infrastruttura e più che doppio per il livello di trasporto passeggeri è stata di 153,6 miliardi.
La spesa ferroviaria britannica è stata pari a 69,3 miliardi, un terzo della nostra, nonostante la rete britannica sia della stessa lunghezza di quella italiana e il traffico trasportato praticamente uguale nel periodo considerato.
E anche in Germania, nel periodo 2002-2010, la spesa complessiva ammonta a 9,8 miliardi all’anno, ma il settore ferroviario tedesco è due volte e mezzo quello italiano.
Lo studio lascia fuori dal conto le reti ferroviarie locali e analizza i trasferimenti indirizzati principalmente ai programmi d’investimento e alla copertura dei costi di esercizio della rete.
L’alta spesa ferroviaria italiana, si legge nel report, non può d’altra parte trovare giustificazione nei maggiori investimenti italiani nelle linee ad Alta velocità: dal 1992 a oggi sono stati costruiti e messi in esercizio 700 chilometri di nuove linee contro più di 1200 in Germania e 1300 in Francia. Non solo, l’Italia è anche l’unico paese in cui i livelli di traffico si sono ridotti: dal 1992 a oggi il numero di passeggeri per chilometro delle ferrovie è diminuito del 16 percento mentre in Germania è cresciuto del 39 percento, in Francia del 45 percento e in Gran Bretagna dell’83 percento.
«Il confronto con gli altri maggiori paesi ci porta a sostenere – scrivono gli autori – che l’attuale sussidio erogato alle ferrovie sia doppio rispetto allo standard medio europeo mentre quello complessivamente corrisposto nel periodo 1992-2012 sia triplo; due terzi della spesa pubblica totale italiana per le ferrovie avrebbero potuto conseguentemente essere risparmiati». In base agli standard medi di Gran Bretagna, Francia, Germania e Svezia l’esborso totale per la finanza pubblica italiana avrebbe dovuto essere pari a 3,8 miliardi all’anno, la metà esatta di quelli effettivamente concessi in Italia al gruppo Fs.
La ricerca è finita nelle mani anche del commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, che nelle slide presentate nei giorni scorsi ha scritto citando il dossier: «I trasferimenti a ferrovie (per esercizio e investimenti) eccedono del 55 percento il livello europeo o circa 3,5 miliardi». Così i risparmi per le Fs previsti dalla spending review ammontano a 300 milioni nel 2014, 800 nel 2015, 1,5 miliardi nel 2016.