Sebastiano Vernazza, La Gazzetta dello Sport 25/3/2014, 25 marzo 2014
STORIE DI CT ITALIANI
Qual è il commissario tecnico azzurro di maggiore corso? Quello che è durato di più? La risposta può essere duplice. Se si prende il 27 settembre 1975 come giorno d’inizio della sua avventura sulla panchina della Nazionale, Enzo Bearzot batte tutti: 10 anni e 9 mesi. Il problema è che Bearzot, nelle prime 16 partite della sua gestione, non aveva la qualifica di c.t., ma di allenatore, e condivideva con il direttore tecnico Fulvio Bernardini la responsabilità delle scelte. Il «vecio» diventò commissario tecnico vero e proprio, e in solitaria, poco più di due anni più tardi, l’8 ottobre 1977. Se non si conteggia il primo biennio di Bearzot da allenatore, lo scettro di c.t. più «longevo» passa a Vittorio Pozzo, seppure di poco: nove anni e un mese totali, frutto di quattro diverse esperienze. Negli ultimi tempi si tende però ad accreditare come buono il primato di Bearzot , tanto più che il timoniere di Spagna ’82 i suoi anni in Nazionale se li fece tutti di filata, in un’unica volta, dal settembre del 1975 al giugno del 1986. E in fondo, durante quelle due prime stagioni col professor Bernardini sopra la testa, il lavoro sul campo lo sbrigava lui, Bearzot.
Come si colloca Cesare Prandelli nella classifica «a tempo» dei c.t.? Al momento, con tre anni e otto mesi, è tra i primi dieci, dietro Bearzot, Pozzo, Valcareggi, Vicini, Sacchi, Lippi e Trapattoni. Se arriverà all’estate del 2016, come da nuovo contratto, spiccherà però un gran balzo, scavalcherà di botto Vicini, Sacchi, Lippi e Trap e si insedierà al quarto posto con sei anni di attività, dietro Ferruccio Valcareggi (7 anni e 7 mesi, le prime quattro gare in tandem con Helenio Herrera). Niente male, si parla di mostri sacri, gente che in azzurro ha vinto, e qui sta il punto. Bearzot conquistò il Mondiale del 1982, Pozzo i Mondiali del 1934 e del 1938 (oltre all’oro olimpico nel 1936), Ferruccio Valcareggi l’Europeo del 1968, Lippi ha portato a casa il Mondiale del 2006. Prandelli per ora può esibire il titolo pleonastico di vice-campione d’Europa 2012: non poco viste le premesse - Cesare ha ereditato le macerie di Sudafrica 2010 - ma neppure abbastanza per conquistarsi un posto al sole nella storia azzurra.
Non è la durata a fare la differenza, sono le vittorie. Prendete Sacchi per esempio, l’allenatore che negli anni Ottanta rivoluzionò il calcio: per quel che riguarda la Nazionale sarà ricordato come un eroe senza gloria, maledetta la finale persa ai rigori contro il Brasile al Mondiale americano del ’94. E’ il duro destino dei commissari tecnici, nel cuore degli italiani restano soltanto i vincitori, anche se la memoria è corta e Valcareggi, Bearzot e Lippi lo sperimentarono di persona. Valcareggi venne bersagliato per il secondo posto a Mexico ’70, Bearzot fu criticato per l’eliminazione da Mexico ’86, Lippi impallinato per la figuraccia sudafricana. La storia azzurra insegna che è meglio evitare la seconda volta. Soltanto Pozzo infilò due Mondiali di fila, ma erano altri tempi, gli anni Trenta del Novecento. Speriamo che in estate Prandelli in Brasile festeggi la sua prima volta da vincitore, ma Cesare, nel caso, alzi la coppa, risolva il contratto e scappi. In Nazionale vincere è molto difficile e rivincere è quasi impossibile.
(ha collaborato Franco Valdevies)