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 2014  marzo 25 Martedì calendario

THOHIR: INTER, COMPRO E AVVISO TUTTI

La sconfitta con l’Atalanta è stata una bella delusione, ma Erick Thohir è troppo concentrato sul piano triennale che servirà a riportare l’Inter ai vertici mondiali e a prescindere pensa che sia inutile piangersi addosso: l’Europa è ancora possibile e a spingere i suoi giocatori giovedì contro l’Udinese ci sarà anche lui. «Ho letto che in Italia vengo descritto come furioso - ci tiene a chiarire subito ET - ma certi giudizi, compresi i riferimenti a singoli giocatori, li ho dati a caldo: come presidente sono il primo tifoso ed è normale che fossi amareggiato per una sconfitta immeritata, giunta in pieno recupero. E soprattutto già alle spalle: ora l’unica cosa che conta è riprendere subito a fare punti».
Malgrado il traffico infernale di Giacarta, Thohir si è presentato puntualissimo all’appuntamento per questa intervista in un ristorante italiano, dove davanti a una tagliata ci ha raccontato tutto su quest’ultimo pazzo quadrimestre in cui l’Inter e l’Italia gli hanno stravolto la vita .
Come è cambiata la sua vita da quando è diventato presidente?
«Uno: sono aumentato di sei chili (ride, ndr) . Due: sento di più la pressione e la responsabilità di fare bene per questa società. Tre: ora la gente mi riconosce sempre di più, il calcio è un veicolo incredibile. E questo mi crea anche imbarazzo, perché ho perso parte della mia privacy».
Se non è un’invasione della sua privacy: cosa le ha detto sua moglie quando ha capito che lei stava per prendere l’Inter?
«Lisa è una donna molto semplice e io, riducendosi la quantità, ho cercato di migliorare la qualità del tempo da dedicare alla mia famiglia e di continuare a educare al meglio i miei figli. Quanto al business, lei non commenta mai le mie operazioni.
Curiosità: quando deve vedere un posticipo dell’Inter, alle tre di notte indonesiane, rimane sveglio o va a dormire e si alza apposta per la partita?
«Il più delle volte cerco di essere a letto entro mezzanotte e mi sveglio per la partita, che vedo in una sala appartata della casa. Poi verso le cinque torno a dormire un paio d’ore».
L’Inter le richiede molto tempo ed energie. E il DC United?
«Soprattutto adesso che stiamo costruendo un nuovo progetto, la mia testa è concentrata sull’Inter. C’era un Cda dello United fissato per marzo ma li ho supplicati di spostarlo, perché in quei giorni dovevo tornare a Milano per parlare con le banche... Così mi sono perso anche la loro prima gara di campionato».
A quattro mesi dal suo insediamento, cosa si aspettava che sarebbe stato più difficile e cosa più facile?
«Acquisire un’azienda di per sé è sempre complicato, figuriamoci se straniera. Ci sono mille aspetti da studiare e valutare. Ma io ho sempre lavorato per trovare soluzioni pratiche, essenziali: non sono uno a cui interessa la notorietà, ho sempre preferito il basso profilo».
Un tratto che avvicina la sua famiglia a quella di Moratti.
«Infatti credo che questa cosa abbia favorito anche il buon esito della trattativa: Massimo Moratti mi ricorda molto mio padre Teddy. Devo tantissimo ai miei genitori per avermi insegnato molte cose: mi dicevano che dovevo essere ricco perché sarebbe stato l’unico modo per poter aiutare la gente e di essere onesto per risultare sempre credibile. Poi serve anche l’ambizione, ovvio».
Completare il rifinanziamento del club sarà importante anche perché solo allora lei si sentirà davvero alla guida dell’Inter?
«Intanto su questo fronte potrebbero servire ancora dei mesi: non c’è una vera e propria scadenza. Io comunque non mi sentirò mai il capo, non ho mai preso un’azienda da solo, ho sempre voluto al mio fianco dei partner con cui condividere e risolvere i problemi. Moratti mi supporta al cento per cento, ci sentiamo in media tre volte alla settimana. Quello che conta è andare tutti nella stessa direzione. All’inizio sentivo la pressione propria di chi vuole vedere dei cambiamenti immediati, ma non ha senso fare modifiche tanto per farle. Qualcosa è già successo e altro succederà a fine stagione».
Fassone, Ausilio e Mazzarri sono confermati a prescindere da quello che succederà da qui a fine maggio?
«No, perché sono tutti sotto esame. E per spiegarle meglio questo concetto, le dico che è sotto esame lo stesso Williamson, che ho voluto (collocandolo espressamente in Italia, ndr) come responsabile delle risorse umane, degli aspetti finanziari e legali. È giusto avere fiducia in tutti, ma anche che ognuno risponda del proprio operato. Con questo però non voglio essere frainteso: al momento sono molto soddisfatto del lavoro di tutte e tre le persone che mi ha nominato. Ma faccio continue verifiche con tutti. Mazzarri ha ancora un anno di contratto, ma è il primo a sapere che sarà necessaria una ulteriore programmazione: anche l’ultima volta che sono stato a Milano gli ho detto quanto sarà importante pianificare, pur ribadendogli di dover rimanere concentrato anzitutto sul presente».
Lei ha fatto capire che l’Inter della prossima stagione dovrà essere un mix tra linea verde e giocatori esperti: cosa risponde a chi sostiene che la filosofia di Mazzarri non sia esattamente quella di far crescere i giovani?
«Io e Mazzarri dovremo conoscerci ancora meglio, ma questa cosa non è vera in assoluto: questo è un anno di transizione e per il tecnico era importante essere il più concreto possibile alla prima stagione con noi».
Dopo l’addio a Branca, a dirigere l’area tecnica è rimasto solo Ausilio: crede che a fine stagione servirà prendere un nuovo dirigente?
«Ausilio è il responsabile di tutta l’area sportiva: non solo dello scouting, ma anche della prima squadra e della Primavera. E’ lui che a fine stagione dovrà eventualmente venire da me e dirmi se serve qualcun altro: non sarò io che andrò a chiederglielo».
Affare Guarin-Vucinic: ci racconta come è andata davvero con la Juventus, a gennaio?
«Intanto quella trattativa è stata portata avanti dai dirigenti e non dalle rispettive proprietà. Per l’Inter nel breve periodo poteva essere una buona operazione, ma poi abbiamo valutato che non lo sarebbe stata nel lungo periodo. Allora ho chiamato i miei uomini e ho detto che non mi risultava che avessimo chiuso, visto che non avevo firmato nulla. I giocatori avevano già fatto le visite mediche? Questo non significa nulla: nel contratto dello stesso Vidic abbiamo inserito una clausola per cui lui dovrà essere in grado di giocare almeno un certo numero di gare».
Ma in realtà quanto ha pesato anche la rabbia dei tifosi?
«E’ ovvio che non possiamo accontentarli sempre, ma in quella occasione avevano ragione loro. E’ giusto rispettarli, anche se non bisogna fare tutto ciò che dicono».
Comunque quella vicenda ha avuto anche degli strascichi legati a supposte telefonate tra lei e Andrea Agnelli.
«Intanto bisogna considerare che tra Italia e Indonesia c’è un fuso orario che a volte rende impossibile rispondere in tempo reale a determinati messaggi. Io non ho mai preso un impegno definitivo per lo scambio e comunque poi mi sono scusato per aver dovuto bloccare la trattativa. Quello che rimane sbagliato è rendere pubblico un messaggio privato: sono dovuto intervenire per difendere il nome dell’Inter».
Veniamo all’attualità. E’ Sagna il parametro zero vicino ad arrivare?
«Non sono abituato a fare annunci se non c’è un contratto firmato. Posso solo dire che Sagna ci piace e che a questo punto dipende tutto solo da lui. Gli annunci si fanno solo quando c’è la firma. Come quello per il rinnovo di Palacio».
Pare evidente che vi serviranno un attaccante, un esterno e un centrocampista centrale: possiamo dire che il grande investimento verrà fatto in attacco per un uomo da 20 gol?
«Verrà fatto in attacco o a centrocampo».
Quindi ci sta dicendo che di fatto Sagna, vale a dire l’esterno, è stato già preso...
«Non ho detto questo. E comunque se non dovesse arrivare lui, prenderemo un giovane».
Per acquistare un grande giocatore servirà per forza una cessione eccellente?
«Non è detto. Intanto a fine stagione abbasseremo di molto il tetto ingaggi. E poi potremmo prendere anche un giocatore in prestito, il che non renderebbe necessario cedere uno dei nostri migliori in rosa».
A proposito di abbassare il tetto ingaggi: con che criterio verranno valutate le posizioni dei nove giocatori in scadenza di contratto? Tecnico, economico o in prospettiva di crescita dei giovani?
«Se prendo o tengo un giocatore è perché risponde a tre parametri fondamentali: tecnico, economico e di marketing».
E non a caso Ausilio ci ha appena detto che l’arrivo di Vidic è stato merito di Thohir.
«È stato bravo Ausilio. E’ un merito di tutti, anche se poi sono io che mi assumo il rischio finale. Senza dimenticare che per il discorso dell’età media di 26,5 anni per la prossima stagione, con Vidic, Palacio ed eventualmente Sagna ci sarebbe posto soltanto per un altro giocatore oltre i trent’anni. Non saranno più di quattro».
A proposito di ultra trentenni, Eto’o ha appena detto che se gli telefonasse Moratti nulla sarebbe escluso. Ma non dovrebbe chiamare lei?
«Eto’o non mi conosce e quindi è giusto che faccia riferimento a Moratti. Però a noi serve equilibrio e con Palacio oltre i trenta e Icardi molto giovane, l’attaccante che verrà dovrà avere un’età di mezzo».
Quindi restano valide le piste che portano a Dzeko, Torres e anche Morata?
«Sento anch’io girare questi nomi. Magari uno dei tre arriverà per davvero. Ma deve rispondere ai parametri di cui sopra».
Capitolo Zanetti. Lei ha già spiegato che deciderete insieme a fine stagione che ruolo dirigenziale ritagliare per il capitano: può dirci però se questo ruolo sarà più a carattere rappresentativo o legato alla squadra?
«Ne parleremo tutti insieme a fine maggio, anche con Fassone e Ausilio. Zanetti mi ha solo chiesto se avrebbe avuto un ruolo nel management . Gli ho ripetuto che adesso deve solo concentrarsi sul campo. Anche perché non vorrei che i compagni avessero la sensazione che il capitano si stia preoccupando del suo futuro più che del suo presente».
Lei ha sempre parlato di progetto sui 2-3 anni: al termine dei quali lei sentirebbe di aver fallito se....
«Se l’Inter non sarà tornata in Europa. Sì, anche in Europa League. Meglio se da subito, anche perché nella prossima edizione potrebbero esserci diversi grandi club europei. E l’Inter ha bisogno di fare le coppe non solo per una questione economica, ma anche di prestigio. Ovvio poi che io punti a fare la Champions League entro il 2016: ma questo l’avevo già detto...».