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 2014  marzo 25 Martedì calendario

CRISI KIEV, PIÙ GAS LIBICO PER ENI


La Libia sta tornando prepotentemente alla ribalta per la sicurezza degli approvvigionamenti di gas. Anche così si spiega la missione a Tripoli dell’ad Eni, Paolo Scaroni, che ieri ha incontrato il nuovo primo ministro, Abdullah Al Thani.
Col premier libico Scaroni ha insistito sull’importanza di incrementare gli attuali livelli produttivi del gruppo (oggi 250 mila barili al giorno contro un target di 280 mila), insistendo sull’importanza della presenza di Eni nel Paese, dal momento che i giacimenti in quota al gruppo come partner dell’oil company nazionale Noc, contribuiscono per buona parte alla produzione nazionale di idrocarburi, coprendo anche la generazione di elettricità per uso locale. Al momento sia i campi di Wafa che il terminal a gas di Mellitah, dal quale parte il gasdotto Greenstream, sono a regime. Ma soprattutto, alla luce della crisi ucraina, il numero uno di Eni ha ricordato ad Al Thani che l’Italia deve poter contare su un afflusso regolare del gas libico, nonostante il Paese sia ancora scosso da quelli che Scaroni chiama i «sussulti post Gheddafi».
Un vero e proprio allarme approvvigionamenti comunque non c’è, nonostante l’incandescente triangolazione Russia-Ucraina-Crimea (è di ieri la notizia che il presidente americano Barack Obama ha chiesto l’espulsione di Mosca dal G8). Lo ha confermato ieri, nel corso di un’audizione alla commissione Attività produttive della Camera, il viceministro allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti. «Naturalmente il riempimento degli stoccaggi la prossima estate avrà un ruolo molto importante e quello della differenziazione delle fonti di approvvigionamento resta un tema centrale», ha detto, anticipando che in un prossimo Dpcm verranno indicati stoccaggi e rigassificatori strategici per la sicurezza nazionale. Il viceministro ha assicurato l’appoggio del governo alle aziende, come Eni, impegnate nella rinegoziazione dei contratti take or pay, «misura importante per allineare i prezzi nazionali del gas con quelli europei». Scaroni resta convinto, e lo ha detto anche ieri al Financial Times, che la crisi con l’Ucraina rafforza la posizione negoziale con la russa Gazprom. Sarebbero state proprio le avvisaglie della crisi Mosca-Kiev a convincere l’Eni a cedere i suoi asset siberiani col 30% di Severenergia per 2,94 miliardi di dollari a Novatek e Gazpromneft. «La vendita di Arctic Russia si è rivelata una mossa astuta, abbiamo avuto la giusta tempistica. Sarebbe stato molto difficile realizzarla adesso».
Altrettanto bene è andata a Enel, che ugualmente ha ceduto la quota di Severenergia, il 19%, per 1,8 miliardi di dollari. Anzi, stando al bilancio 2013 del gruppo guidato da Fulvio Conti, «tenuto conto degli accordi stipulati tra Enel e Rosneft prima del perfezionamento della vendita ad Itera del 40% del capitale di Arctic Russia, Enel ha inviato alla stessa Itera una richiesta di adeguamento del prezzo di vendita per un importo pari a circa 112 milioni di dollari statunitensi».