Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 25 Martedì calendario

UE, LA MAPPA REGIONALE DEL MALESSERE


Al voto per il rinnovo del Parlamento Ue mancano ormai poche settimane e il paradosso (o lo spettro) di un parlamento europeo antieuropeista spaventa chi considera ormai irreversibile l’Unione, per quanto incompleta e zoppicante.
Alla base di molte rivendicazioni di chi vede nelle politiche decise a Bruxelles l’origine di tutti i mali, ci sono in gran parte ragioni economiche, che spesso si traducono e si semplificano in un "no" alla moneta unica.
L’aumento, in alcuni casi drammatico, della disoccupazione, e la parallela riduzione del reddito disponibile, sono argomenti concreti che toccano la sensibilità degli elettori a tutte le latitudini. Ma le condizioni economiche dei paesi in cui i movimenti antieuropeisti sono diventati via via più forti sono molto diverse tra loro.
Nel Nord Pas-de-Calais, la regione in cui il Front National si è aggiudicato al primo turno il comune di Hénin-Beaumont, la disoccupazione a fine 2012 era al 13,6%, la più alta del paese, dopo il Linguadoca-Rossiglione. Partendo proprio dalla Francia, l’esame dei dati suddivisi per regioni (Nuts2, le unità territoriali statistiche che corrispondono alle nostre regioni nella nomenclatura di Eurostat) a fine 2012 (gli ultimi disponibili a livello territoriale) mostrava una situazione in cui 8 dipartimenti sui 22 in cui Eurostat suddivide il Paese avevano una disoccupazione superiore alla media nazionale. Solo in un caso superava il 15%, in Linguadoca-Rossiglione, appunto, a Sud Ovest, al 15,7%, con un aumento di oltre 5 punti percentuali rispetto al 2007, prima cioè che la crisi dei mercati e dell’economia cominciasse anche solo manifestarsi. Nei cinque anni presi in esame, i senza lavoro sono aumentati in tutti i territori, ma in dimensione molto più contenuta. L’Île de France, la regione della capitale e una delle più ricche d’Europa, era all’8,5%, con un aumento di appena 3 decimali rispetto a cinque anni prima. Nei giorni scorsi Eurostat ha pubblicato anche i dati sul Pil procapite, su base regionale. Ed emerge che, nonostante la crisi, in quattro anni nell’Île de France c’è stato un balzo del 10,6%, da 42.600 euro annui nel 2007 a 51.200 nel 2011, il doppio della media europea a 27. Non a ritmi così sostenuti, ma il Pil procapite è aumentato in quasi metà delle "regioni" francesi e in un paio di casi è rimasto stabile.
Guardando all’Italia, che con la Francia, la Grecia, l’Olanda e il Regno Unito è uno dei cinque Paesi in cui più forti appaiono ne spinte populiste e che abbiamo preso in esame nelle statistiche di Eurostat, il prodotto interno lordo della regione più importante dal punto di vista economico, la Lombardia, nel 2011 si è fermato a 33.900 euro, in crescita di meno del 2% rispetto al 2007. La brutta notizia è che l’economia lombarda ha perso una quindicina di posizioni rispetto alle regioni degli altri paesi membri, così come l’Emilia Romagna, il Veneto e il Lazio dove il pil procapite è sceso sotto la soglia dei 30mila euro. A parte il +5% della provincia autonoma di Bolzano (che con 37.700 euro procapite risulta la più ricca ma - va detto - beneficia di cospicui trasferimenti statali) l’aumento più significativo è stato quello dell’Abruzzo (+3%) influenzato probabilmente dagli investimenti per la ricostruzione post-terremoto. Sicilia (16.600), Calabria (16.400) e Campania (16.000) sono in fondo alla classifica "nazionale", ma hanno recuperato posizioni - come tutte le altre regioni del Sud - nell’elenco generale. I dati sulla disoccupazione evidenziano in molti casi il raddoppio, o anche di più, rispetto a prima della crisi. È il caso del Piemonte (9,2% nel 2012), della Lombardia (7,5%) e dell’Emilia Romagna. Al Sud, restano in coda Campania e Calabria con il 19,3%, mentre è riuscita a resistere la Puglia che pur partendo nel 2007, come queste, dall’11,2% ha arginato la perdita di posti di lavoro (15,7% nel 2012).
Resta invece vicina alla piena occupazione l’Olanda, con pil procapite in aumento quasi ovunque, ma ciò non impedisce le spinte contro l’Europa e contro l’euro. La percentuale dei disoccupati resta ampiamente sotto il 7% in tutte le unità territoriali (6,6% in Flevoland il massimo), anche se l’aumento dei senza lavoro per quanto contenuto è generalizzato.
Situazione opposta in Grecia, dove nella Macedonia occidentale (Dykiti Makedonia) la disoccupazione a fine 2012 sfiorava il 30% e quella giovanile era addirittura al 72,5%, record continentale. Anche l’Attica, la regione di Atene, era al 25,3% (triplicato in 5 anni). Dieci regioni su 13 sono sopra il 20%. In forte calo dappertutto la ricchezza prodotta (-7,5% a 18.500 euro il dato medio) con la Tessaglia che registra la perfomance peggiore: -14% rispetto al 2007.
Spostandosi dall’estrema periferia Sud Est dell’Unione a Nord Ovest, l’antieuropeismo dell’Ukip nel Regno Unito sta portando il Paese ad un referendum per uscire dalla Ue. Ma qui è più difficile attribuire le difficoltà economiche interne alle politiche comunitarie. Dai numeri si può dedurre che ha pesato molto la crisi della finanza americana e anglosassone, da cui è partito tutto. Il centro di Londra nel 2011 restava ancora il "Nuts" più ricco d’Europa con 86mila euro annuo di Pil procapite, ma era sotto di oltre il 12% rispetto al 2007. Per l’intera capitale la perdita ha superato il 15% mentre a livello paese è stata addirittura del 23,4%.