Giuseppe Chiellino, Il Sole 24 Ore 25/3/2014, 25 marzo 2014
UE, LA MAPPA REGIONALE DEL MALESSERE
Al voto per il rinnovo del Parlamento Ue mancano ormai poche settimane e il paradosso (o lo spettro) di un parlamento europeo antieuropeista spaventa chi considera ormai irreversibile l’Unione, per quanto incompleta e zoppicante.
Alla base di molte rivendicazioni di chi vede nelle politiche decise a Bruxelles l’origine di tutti i mali, ci sono in gran parte ragioni economiche, che spesso si traducono e si semplificano in un "no" alla moneta unica.
L’aumento, in alcuni casi drammatico, della disoccupazione, e la parallela riduzione del reddito disponibile, sono argomenti concreti che toccano la sensibilità degli elettori a tutte le latitudini. Ma le condizioni economiche dei paesi in cui i movimenti antieuropeisti sono diventati via via più forti sono molto diverse tra loro.
Nel Nord Pas-de-Calais, la regione in cui il Front National si è aggiudicato al primo turno il comune di Hénin-Beaumont, la disoccupazione a fine 2012 era al 13,6%, la più alta del paese, dopo il Linguadoca-Rossiglione. Partendo proprio dalla Francia, l’esame dei dati suddivisi per regioni (Nuts2, le unità territoriali statistiche che corrispondono alle nostre regioni nella nomenclatura di Eurostat) a fine 2012 (gli ultimi disponibili a livello territoriale) mostrava una situazione in cui 8 dipartimenti sui 22 in cui Eurostat suddivide il Paese avevano una disoccupazione superiore alla media nazionale. Solo in un caso superava il 15%, in Linguadoca-Rossiglione, appunto, a Sud Ovest, al 15,7%, con un aumento di oltre 5 punti percentuali rispetto al 2007, prima cioè che la crisi dei mercati e dell’economia cominciasse anche solo manifestarsi. Nei cinque anni presi in esame, i senza lavoro sono aumentati in tutti i territori, ma in dimensione molto più contenuta. L’Île de France, la regione della capitale e una delle più ricche d’Europa, era all’8,5%, con un aumento di appena 3 decimali rispetto a cinque anni prima. Nei giorni scorsi Eurostat ha pubblicato anche i dati sul Pil procapite, su base regionale. Ed emerge che, nonostante la crisi, in quattro anni nell’Île de France c’è stato un balzo del 10,6%, da 42.600 euro annui nel 2007 a 51.200 nel 2011, il doppio della media europea a 27. Non a ritmi così sostenuti, ma il Pil procapite è aumentato in quasi metà delle "regioni" francesi e in un paio di casi è rimasto stabile.
Guardando all’Italia, che con la Francia, la Grecia, l’Olanda e il Regno Unito è uno dei cinque Paesi in cui più forti appaiono ne spinte populiste e che abbiamo preso in esame nelle statistiche di Eurostat, il prodotto interno lordo della regione più importante dal punto di vista economico, la Lombardia, nel 2011 si è fermato a 33.900 euro, in crescita di meno del 2% rispetto al 2007. La brutta notizia è che l’economia lombarda ha perso una quindicina di posizioni rispetto alle regioni degli altri paesi membri, così come l’Emilia Romagna, il Veneto e il Lazio dove il pil procapite è sceso sotto la soglia dei 30mila euro. A parte il +5% della provincia autonoma di Bolzano (che con 37.700 euro procapite risulta la più ricca ma - va detto - beneficia di cospicui trasferimenti statali) l’aumento più significativo è stato quello dell’Abruzzo (+3%) influenzato probabilmente dagli investimenti per la ricostruzione post-terremoto. Sicilia (16.600), Calabria (16.400) e Campania (16.000) sono in fondo alla classifica "nazionale", ma hanno recuperato posizioni - come tutte le altre regioni del Sud - nell’elenco generale. I dati sulla disoccupazione evidenziano in molti casi il raddoppio, o anche di più, rispetto a prima della crisi. È il caso del Piemonte (9,2% nel 2012), della Lombardia (7,5%) e dell’Emilia Romagna. Al Sud, restano in coda Campania e Calabria con il 19,3%, mentre è riuscita a resistere la Puglia che pur partendo nel 2007, come queste, dall’11,2% ha arginato la perdita di posti di lavoro (15,7% nel 2012).
Resta invece vicina alla piena occupazione l’Olanda, con pil procapite in aumento quasi ovunque, ma ciò non impedisce le spinte contro l’Europa e contro l’euro. La percentuale dei disoccupati resta ampiamente sotto il 7% in tutte le unità territoriali (6,6% in Flevoland il massimo), anche se l’aumento dei senza lavoro per quanto contenuto è generalizzato.
Situazione opposta in Grecia, dove nella Macedonia occidentale (Dykiti Makedonia) la disoccupazione a fine 2012 sfiorava il 30% e quella giovanile era addirittura al 72,5%, record continentale. Anche l’Attica, la regione di Atene, era al 25,3% (triplicato in 5 anni). Dieci regioni su 13 sono sopra il 20%. In forte calo dappertutto la ricchezza prodotta (-7,5% a 18.500 euro il dato medio) con la Tessaglia che registra la perfomance peggiore: -14% rispetto al 2007.
Spostandosi dall’estrema periferia Sud Est dell’Unione a Nord Ovest, l’antieuropeismo dell’Ukip nel Regno Unito sta portando il Paese ad un referendum per uscire dalla Ue. Ma qui è più difficile attribuire le difficoltà economiche interne alle politiche comunitarie. Dai numeri si può dedurre che ha pesato molto la crisi della finanza americana e anglosassone, da cui è partito tutto. Il centro di Londra nel 2011 restava ancora il "Nuts" più ricco d’Europa con 86mila euro annuo di Pil procapite, ma era sotto di oltre il 12% rispetto al 2007. Per l’intera capitale la perdita ha superato il 15% mentre a livello paese è stata addirittura del 23,4%.