Stefano Montefiori, Corriere della Sera 25/3/2014, 25 marzo 2014
PHILIPPOT, IL «VOLTO PULITO» CHE VIENE DALL’ENA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Perché i talk show sì e il municipio no? Nell’era della politica spettacolo, molti non capiscono perché il brillante Florian Philippot sia per mesi conteso da tutte le tv, diventi un volto familiare e neanche antipatico a milioni di francesi, possa regolarmente partecipare alle elezioni e poi, una volta ottenuti i voti, molti voti, si senta dire dal primo ministro Jean-Marc Ayrault che «nessun municipio deve andare al Front National».
Il caso di Florian Philippot, 32enne numero due Fn, riassume perfettamente il paradosso della vita politica francese. Il partito fondato da Jean-Marie Le Pen partecipa al gioco democratico, raccoglie ormai da vent’anni milioni di voti (sei alle ultime presidenziali), dichiara di essere pronto ad assumersi responsabilità di governo, ma al dunque scatta la pregiudiziale e anche stavolta il Partito socialista al potere invoca la riedizione del «fronte repubblicano», un’intesa tra sinistra e destra per salvare la République sbarrando la strada agli impresentabili candidati del Fn.
Solo che gran parte dell’opinione pubblica, ormai, non li trova affatto impresentabili, i nuovi uomini del Fn. È abituata a vederli quasi ogni sera in tv, ad ascoltarli nelle seguitissime trasmissioni radiofoniche del mattino, a vederli educati e ben vestiti nei loro abiti blu. Florian Philippot, in testa nell’elezione a sindaco di Forbach, città di 20 mila abitanti al confine con la Germania, sa che anche per merito suo il Front National non evoca più i crani rasati o la benda sull’occhio del capostipite reduce dell’Algeria francese. È il colmo: il «fronte repubblicano anti-Fn» sembra superato dai tempi, e ad apparire più moderno semmai è il Front National (nessuno si ricorda che il simbolo del partito è tuttora la fiamma copiata dal Msi di Almirante). La manovra di Marine Le Pen sta avendo successo.
Quindi, quando alla radio Europe1 una elettrice protesta perché il suo voto è calpestato dall’appello del premier a «nessun sindaco Fn», Philippot può rispondere abilmente: «Io invece voglio sindaci verdi, socialisti, Ump e anche del Front National. Insomma, sono un democratico, mi piace il pluralismo, e non gli ukaze contro milioni di elettori. La frase di Ayrault è scioccante, è vero, e rivela una specie di panico. Ma lo ringrazio, in realtà ci dà una mano: una sua critica in questo momento vale 10 comizi».
Philippot è così sicuro di sé perché è lui, vicepresidente del Fn con delega alla strategia e alla comunicazione, ad avere sostenuto e anche incarnato personalmente la normalizzazione del partito. Tre anni fa Marine Le Pen, appena succeduta al padre, ha puntato su Philippot per svecchiare il Fn e ridurre in un angolo i vecchi arnesi pétainisti vicini all’antisemitismo.
Jean-Marie Le Pen si oppose a quella scelta, anche perché «non ho mai votato per il vecchio Front National», diceva Philippot: davvero il braccio destro perfetto per il nuovo corso di Marine.
Figlio di due maestri di provincia, Philippot ha fatto ottimi studi nelle scuole dell’élite parigina: il liceo Louis-Le-Grand e poi — come il presidente François Hollande — la scuola di commercio Hec e l’Ena. Possiede la stessa formazione dell’establishment, solo che la usa per criticarlo. Nel suo ufficio a Nanterre tiene un ritratto di Charles De Gaulle, «il mio modello assoluto»: scelta di rottura in un partito che tradizionalmente preferiva semmai Pétain e che onora tra i martiri «morti per la Francia» il colonnello Bastien-Thiry, che organizzò il fallito attentato al generale nel 1962 e venne fucilato. Se Marine Le Pen nei comizi mette la passione, i discorsi infiammati e le braccia spalancate per offrirsi al suo popolo, il posato Philippot è un nuovo tipo di rassicurante e competente tecnocrate che combatte il sistema non per distruggerlo, ma per entrare a farne parte: «Lo sdoganamento è quasi completato. Ora comincia la fase successiva, la conquista del potere».