Bruno Bartolozzi, Corriere dello Sport 22/3/2014, 22 marzo 2014
PRONTO A TUTTO PER IL MONDIALE E PORTEREI TOTTI
Cassano, allora, ha sentito cosa ha detto Prandelli?
«Sì, ho sentito e mi ha fatto molto piacere. Devo ringraziarlo. Ho capito che la sfida è bella e aperta».
Insomma ora dipende da lei. E’ una questione tecnica. Se farà bene in questi mesi andrà ai Mondiali, altrimenti...
«Sono molto contento proprio perché sarà determinante quello che succederà in campo».
Per un calciatore di talento penso sia il massimo.
«E da quel punto di vista mi sento di dire che ce la metterò tutta. È una sfida che mi permetterà in qualche modo di ricominciare, ma anche di concludere. Di dire, ‘mbè io ho fatto questo, ma posso fare anche quest’altro. Io sono un calciatore che ha avuto molto e che ha buttato anche tante occasioni. Sono stato sempre uno da prendere così. Ora voglio pensare meno a quello che è stato e più al presente. Il presente è fatto di quello che mi piacerebbe avere. Il Mondiale, appunto».
Ci pensa al Brasile? Il Brasile è la terra del calcio. Per un calciatore di talento imporsi in Brasile sarebbe una consacrazione..
«A volte ci penso. Spesso, diciamo. Certo in Brasile piacciono certe cose del calcio. Già arrivare al Mondiale sarebbe un successo. Riuscire ad essere magari determinanti, farsi apprezzare lì, sarebbe una cosa che ti porti dietro per un bel po’».
Prandelli sostiene che dal punto di vista caratteriale problemi non ci sono. Qualcuno ripete che accadde qualcosa agli Europei. Ma cosa?
«Io direi proprio niente. E ho capito anche il senso dell’esclusione successiva. Ci sta che a trent’anni ti possano dire: guarda, dobbiamo progettare, seguiamo gente che non ce li abbiano, questi trent’anni».
I cicli nuovi...
«E’ normale che dopo gli Europei abbiano pensato ad altri. Ma ci sta anche che uno che ha un po’ più di trent’anni possa tornare a essere utile. Tutto ora dipende da me».
Insisto: ci sono questioni in sospeso che risalgono a quell’estate 2012?
«No, no (incassa il collo e muove il labbro in maniera ancora più espressiva, ndr). Nessun problema particolare».
Anche perché ne ha fatte tante....
«Sì, tantissime. E ovunque. Ma in quegli Europei non ci sono state questioni con compagni o con qualcuno».
Può fare come Roberto Baggio. A trentuno anni riconquistò la Nazionale e giocò i Mondiali di Francia, dopo una grande stagione al Bologna, Lei ha trentuno anni e sta facendo benissimo qui a Parma...
«Come Baggio? Eh, scomodiamo i grandi... Però in effetti in questa stagione le cose stanno andando proprio bene. La Nazionale può arrivare proprio con il Parma».
A parte Natale...
«Sì, a Natale si era creata un po’ di confusione. C’era stato un momento legato a qualche messaggio che stava arrivando da qualcuno vicino alla Sampdoria. Ho passato giorni un po’ particolari. Ero frastornato. Ed è stato importante Donadoni, è stata importante la società, la chiarezza con la quale ha affrontato la questione. Ho fatto due o tre panchine e poi...».
E poi ha ritrovato la forza e l’equilibrio.Gol e assist continuano ad arrivare. Io con Donadoni mi trovo bene perché è uno che non fa il despota. Non impone, parla, spiega. Non è un fanfarone, non va in giro a farsi bello. È’ un grande allenatore, perché sa fare come pochi il suo lavoro. E’ stato un grande calciatore. Ti fa capire le cose. E ti avvisa. Io da lui accetto certe scelte. Perché tè le fa capire, e fa capire sempre di che cosa c’è bisogno».
Insomma quella panchina e quelle esclusione le hanno fatto bene.
«Benissimo. Avevo fatto le bizze e lui ha fatto in modo che le cose tornassero al loro posto. Con lui le cose sono chiare. Ma senza piedistalli. Quando affrontiamo tutte le questioni, anche le più serie, è come se si stesse al bar fra amici».
Donadoni è stato anche in Nazionale, anche per lui un ciclo finì dopo gli Europei, quelli del 2008.
«In quegli Europei venimmo eliminati ai rigori dalla Spagna. Solo quelli. Donadoni ha dimostrato anche lì di essere un grande allenatore. I rigori sono un nulla per giudicare il lavoro di uno in panchina».
Eppure non gli mantennero il posto. Preferirono...
«Donadoni non è uno che va girando in cerca di amicizie o che fa pagliacciate come altri... E’ uno bravo, bravissimo e che parla poco».
Quest’anno siete partiti insieme con il piede giusto. Natale a parte, lei all’inizio aveva capito che poteva giocarsi la carta Mondiale?
«Pietro Leonardi, il nostro direttore, aveva fatto una scommessa. A Punta Ala parlammo e mi disse che questa sarebbe stata la stagione giusta. Mi disse che avrebbe scommesso su di me. Scommetteva che in questa città, con questa squadra sarei potuto tornare in Nazionale. Qui c’è un presidente come Ghirardi che ha tanta passione. Ero all’Inter dove non ero andato male. Al termine del girone di andata della scorsa stagione eravamo ancora in lotta per tutto. Poi le cose sono andate come sappiamo, infortuni compresi».
C’è una cena di pesce in palio in un ristorante e in un luogo che deciderà chi vince...
«Ora pensiamo a fare quello che dobbiamo fare».
Qui di fronte abbiamo le foto dei grandi successi europei del Parma: la coppa delle coppe e la Supercoppa del 1993, l’Uefa nel 1995 e nel 1999. Quest’anno la squadra può arrivare in Europa. Oltre al Mondiale c’è il sogno di poter rifare un pezzo del percorso del Parma di allora?
«Oh, ma avete letto i nomi di quelle formazioni? Ma lì c’erano i grandissimi. Quelle erano squadre dell’altro mondo. Noi invece siamo una buona squadra che può fare delle cose belle. Ma lasciamo stare i confronti. Epoche e situazioni diverse. Certo giocare in Europa è un obiettivo. Fare una bella figura in quelle partite sarà un obbligo. Ma quella roba lì era un’altra faccenda».
Continuiamo un po’ a parlare di Nazionale. Avere 31 anni non è come averne 25...
«E questo è sicuro».
Sì, volevo dire: su cosa sta lavorando, cosa deve migliorare o quale pericolo vede? Da che si deve difendere per continuare a fare bene a Parma e quindi giocarsi la carta della convocazione? «Il fisico. Devo tutelare il fisico».
Anche il peso. E’ asciutto, in forma... Lei è uno goloso. Deve difendersi da questi pericoli...
«Sì, da tutto. Soprattutto primi piatti, dolci e salumi. Mi piace tutto».
Certo Parma non l’aiuta. Qui vicino ci sono Langhirano, Felino. Quello che normalmente è un sacrificio, qui può diventare un supplizio…
«Tengo duro, ma ci sto riuscendo. A me piace proprio molto il salame, il prosciutto… Tutti gli affettati, Certe volte mi sogno la notte delle belle mangiate. Poi mi sveglio… Ma qui bisogna arrivare a star sempre bene in campo. E allora pazienza. Mangeremo dopo. Ma sto bene così, non bisogna cedere».
Nella sfida per il posto in Nazionale c’è anche Balotelli. Possibile compagno, avversario. Come è Balotelli, lei ci parla, che consigli gli da?
«Io posso dire solo una cosa. Bastone e carota con Balotelli e prendetelo così com’è. Non provate a cambiarlo. E’ un bravo ragazzo. Ma è un po’ come me, andavo preso per il verso giusto. E io pure in certe situazioni il verso giusto non me lo facevo trovare. Comunque Balotelli è quello che vedete. Non cercate di inventarvi un altro Balotelli. Parlategli con sincerità e certe cose si risolveranno».
In Nazionale potrebbe ritrovare Tolti.
«Checco è un fenomeno. Anche a 37-38 anni fa paura. Io lo convocherei sempre. Oh, ma adesso non voglio guai con Prandelli. Non voglio fare io le convocazioni... Mettete in campo Totti: la Spagna, l’Inghilterra, chi affrontiamo affrontiamo, avranno tutti una preoccupazione in più. E questo può significare tanto».
C’è sempre un buon rapporto tra voi...
«Sì, ci siamo visti l’ultima volta nella partita sospesa con la Roma. Un’acqua.... E’ sempre un piacere. Però non ci parlo da allora».
Spera di andare insieme lui in Brasile?
«Sì, ci spero proprio».
Totti è il punto di riferimento della Roma. Lei non è riuscito a diventarlo. E dopo anni straordinariamente intensi in giallorosso finì a Madrid. E’ stato forse quello il momento di svolta della sua carriera?
«Penso proprio di sì. Non dico che c’è da mangiarsi le mani ma... Sapete quanti calciatori nella loro carriera sognano di avere un’opportunità nel Real Madrid? Io ci sono stato e volevo andare via... Non mi trovavo. Ma ne ho fatte tante di fesserie lì, una dietro l’altra...».
Ricorda qualcuna, una delle più grosse?
«Macché, una peggio dell’altra. Impossibile fare classifiche. Da una parte ho dei rimpianti, ma dall’altra è proprio così. Cassano è fatto in questa maniera. E allora godiamoci questi momenti che sono belli. Ho tanta attenzione vicino a me. Ma anche serenità».
Che futuro avrà a Parma? C’era il Napoli, si è detto...
«Ho altri due anni di contratto. Io vorrei davvero finire la carriera qui. Non c’è motivo di pensare ad altro».
C’è un premio legato anche alla convocazione in Nazionale, ai Mondiali....
«Sì, c’è un premio. Ma ad essere sincero me ne sto ricordando adesso. Quello che conta è arrivarci, in Brasile, stare bene, aver capito come poter star bene. Vivere le cose importanti della mia carriera e della mia vita. Questo mi ha dato quest’ambiente».
Quali sono i suoi veri amici nel calcio?
«La verità? Io ho tre grandi amici. Tre e basta. Due di Bari e un altro è un ragazzo di Napoli che vive a Roma. Il calcio ti fa conoscere tanta gente. Ti fa vivere insieme tante avventure. Ci sono compagni ai quali dai molto. E che ti danno molto. I rapporti restano, ma i contatti diminuiscono. Una volta che si lascia la squadra, si vivono meno certe emozioni. E allora magari ci si perde di vista. Il calcio è fatto così. Un abbraccio è importante, l’amicizia conta in quel momento. Poi a volte resta tanta simpatia. Ma le grandi amicizie di una vita sono quelle che non hanno i colori delle maglie di calcio».
Cosa sogna dalla vita? Ho letto sognerebbe di avere un altro bambino...
«Un altro? Anche due, tre o quattro. Non c’è limite. Mi piace l’idea di avere tanti figli intorno. E’ una gioia. Se arrivassi a quattro o cinque, dopo Lionel e Christopher, sarei felice».
Bisognerebbe sentire anche quello che dice sua moglie. E’ una fatica...
«Eh, mia moglie. Carolina ha 23 anni. Hai voglia a fare bambini. Siamo felici e con i bambini lo siamo e lo saremo sempre di più».
Le piacerebbe che uno dei suoi figli giocasse al calcio?
«Devono fare quello che si sentono. Come il padre».
Donne, una donna. Una vita sopra le righe e ora la famiglia. C’era un Cassano e ora ce n’è un altro.
«Io ora sto bene. Non ho rimpianti. Il fatto di aver trovato le cose giuste mi ha anche cambiato in certe cose. E forse si vede anche in campo. Ma questo poi mi interessa fino ad un certo punto. Sto bene con mia moglie. E con la mia famiglia. E’ questa la cosa che conta».
Lei è stato per otto anni tra i grandi protagonisti del calcio. Ma c’è un calciatore di riferimento, un campione dal quale ancora vorrebbe strappare qualcosa, imparare. O rubare un colpo segreto, particolare?
«Il calciatore dei calciatori è Leo Messi. Lo sapete che io delle volte sto a guardare e riguardare le sue giocate e le sue partite? Ogni volta che c’è una partita con lui in campo cerco proprio di non perdermela. Fa cose incredibili. Io ci provo, mica ci riesco sempre. Però, ogni tanto...».
Quali ad esempio?
«Quando Messi prende la palla e superato un avversario si presenta vicino al portiere: da un taglio alla palla (e Cassano fa il gesto con il braccio, obliquamente con il palmo della mano che cade affilato verso il basso, ndr) e la palla poi gira e prende controtempo il portiere. Gli passa sotto le gambe o a fianco, di poco. Quella cosa lì mi fa impazzire. Ogni tanto ci provo. Qualche volta ci sono riuscito. Ci ho provato anche domenica contro il Milan».