Francesco Semprini, La Stampa 25/3/2014, 25 marzo 2014
IL DIROTTAMENTO SEMBRA PLAUSIBILE
Un aereo può volare così a lungo con il pilota automatico?
«Sì. Il tratto aereo percorso dal Volo 370, dal momento in cui ha abbandonato la rotta originaria sino al punto in cui sembra sia caduto, è una distanza lineare di diverse migliaia di miglia, uno spazio percorribile senza l’ausilio dell’uomo, ma semplicemente affidandosi al pilota automatico. Una volta che viene inserito questo può potenzialmente percorre uno spazio infinito, o quantomeno mantenere la rotta. A parte la fase del decollo e dell’atterraggio, il computer può tranquillamente gestire ogni fase del volo».
Il pilota automatico è in grado di decidere la rotta?
«Può tranquillamente gestire tratte di volo lunghe come quella che va dallo stretto di Malacca al centro dell’Oceano Indiano, e può farlo senza che si creino inconvenienti di nessun genere. Il punto è che qualcuno deve inserire i dati che il pilota automatico usa per gestire il volo. Si parte quindi sempre dall’azione umana: una volta raggiunta la quota prevista per iniziare la crociera, il pilota deve impostare il velivolo sulla rotta prevista, e poi definiti i parametri di massima può far entrare in gioco il pilota automatico».
Si può sparire dai radar così a lungo?
«Nell’immaginario collettivo si pensa che ogni singolo tracciato dello spazio aereo sia intercettabile dai radar. Ma non è così, specie in un tratto di mare come quello dell’Oceano Indiano: man mano che ci si distanzia dalla terraferma è possibile non essere intercettati. In alcuni casi non è nemmeno necessario volare a bassa quota, anzi conta poco. Quello che può rendere invisibile un velivolo è la mancanza di copertura del segnale radar. Lo dimostrano anche le difficoltà incontrate da Inmarsat nel rintracciare il Boeing 777».
È verosimile l’ipotesi di un incendio a bordo?
«La escluderei a priori, e mi sembra che non ci siano gli elementi a supporto. Se mi chiede cosa penso io del Volo 370 ritengo che il “fattore umano” sia la causa di quanto accaduto. Il netto cambio di rotta dell’aereo non è stato casuale, vuol dire che a bordo è successo qualcosa. Le ipotesi possono essere quella di un conflitto a bordo, oppure il volontario tentativo di far schiantare l’aereo. Più in generale un dirottamento per un motivo che non ci è dato sapere, almeno per ora. Ritengo che sia senza dubbio questa l’ipotesi più credibile».
Si riusciranno a trovare le scatole nere?
«La collocazione geografica e i tempi rendono l’impresa piuttosto ardua. Il tratto di Oceano in questione è più profondo di quello dove sono stati individuati i resti del volo 477 esploso dopo essere decollato da Rio de Jainero verso Parigi. Si tratta di abissi dalle profondità complesse e anche l’uso di mezzi e macchinari sofisticati rischia di essere vano. Inoltre la grande distanza dalla terraferma e le condizioni del mare rendono le operazioni ancora più complicate. C’è infine il fattore tempo: superato il mese, il ritrovamento della scatola nera è sempre meno probabile».
Se finisce il carburante cosa succede al velivolo?
«L’aereo perde progressivamente velocità e contestualmente quota. In questo caso si può procedere a una doppia manovra nel caso in cui il pilota sia ancora in grado di governare l’aereo, ovvero fare in modo che l’impatto avvenga a un’angolatura elevata e in questo caso si riduce l’area di dispersione dei resti del velivolo dopo l’impatto. In ogni caso dal momento in cui l’aereo perde quota al momento dell’impatto potrebbero trascorrere circa due minuti. Cosa accade all’interno del velivolo durante quei interminabili istanti non è dato saperlo».