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 2014  marzo 25 Martedì calendario

UNICREDIT, UN BOND PER RAFFORZARE IL PATRIMONIO

Mentre le banche totalmente italiane come Mps, Banco Popolare, Creval, Carige, Bpm, PopSondrio, PopVicenza varano sul territorio domestico gli aumenti di capitale, il colosso Unicredit punta sui mercati internazionali per trovare 2 miliardi di euro come «cuscinetto supplementare» di patrimonio. Non si tratta di un aumento di capitale vero e proprio — visto che anche dopo i 14 miliardi di perdite registrati nel 2013 Unicredit ha livello patrimoniale del 9,4% (cosiddetto «common equity tier 1 capital ratio») adeguato alle nuove regole di Basilea3 — ma di un’emissione obbligazionaria particolare, cosiddetta «perpetua», che ha la caratteristica principale di partecipare all’assorbimento delle perdite della banca al verificarsi di determinati eventi come la discesa degli indici patrimoniali sotto un certo livello. Insomma, sono soldi che faranno da scudo al capitale propriamente detto. Tecnicamente, nelle banche si parla di «additional tier 1».
Per gli istituti di credito si tratta di una strada ancora poco battuta sotto le nuove regole di Basilea3. È la prima operazione del genere studiata in Italia (oltre che la prima per Unicredit) e una delle prime in Europa. A seconda di quando l’emissione — in dollari — sarà lanciata, i bond serviranno anche in vista della verifica degli attivi di bilancio e poi degli stress test della Banca centrale europea per il passaggio sotto la Vigilanza unica, il prossimo novembre.
«Unicredit ha agito con tempismo: il rischio Italia è ancora percepito come basso, la liquidità sui mercati internazionali è ancora elevata e dunque mi sembra una cosa intelligente puntare sull’estero», commenta Andrea Resti, docente di gestione dei rischi finanziari all’università Bocconi. «Bisognerà vedere come questi bond si inseriranno nel regime di risoluzione europeo delle banche, essendo tra gli strumenti assoggettati al principio del bail-in», cioè alla condivisione delle perdite tra i creditori delle banche.
Finora ad aver fatto ricorso ad emissioni simili sono state Kbc, SocGen, Bbva, Credit Agricole, Banco Popular. Per la banca guidata da Federico Ghizzoni è in corso da ieri un roadshow in Asia, a Singapore, per presentare conti e prospettive di questo bond (curato dalla stessa Unicredit e da Citigroup, Hsbc, Socgen e Ubs e sotto il profilo legale da Clifford Chance). Le prossime tappe sono previste a Hong Kong, Parigi, Londra, Zurigo e Francoforte. Tecnicamente è definito «perpetuo» perché non viene mai rimborsato se non in una sola finestra dopo i primi dieci anni, a discrezione dell’istituto. A fronte di una remunerazione — ancora non nota — gli obbligazionisti si espongono a due rischi: non ricevere la cedola in caso di perdite; subire l’assorbimento delle perdite se il capitale della banca scende sotto il livello del 5,125%. A differenza di altri strumenti simili (come i «co.co.» bonds o i convertibili) l’obbligazione non viene però convertita in patrimonio e dunque, se dopo alcuni anni la banca tornasse a fare utili e ad avere un patrimonio sopra la soglia minima, il bond torna ad essere pienamente operativo.
Per Unicredit si tratta di una modalità ulteriore di rafforzare il capitale, che peraltro non era stata indicata nel piano triennale al 2018 presentato lo scorso 11 marzo. Un’altra via è la quotazione della banca online Fineco, attesa entro il semestre, oltre alla cessione della piattaforma di riscossione di crediti Unicredit Credit Management bank (Uccmb). L’obiettivo è arrivare a un tier del 10%. ieri intanto l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha confermato i rating di UniCredit a BBB a lungo termine e ad A2 a breve termine, mantenendo negativo l’outlook. S&P ritiene che «l’impatto dei risultati 2013 sul capitale è gestibile e che l’aumento delle coperture ha rafforzato lo stato patrimoniale».
Fabrizio Massaro