Vera Schiavazzi, la Repubblica 25/3/2014, 25 marzo 2014
APP-UNTAMENTO AL BUIO
Che differenza c’è tra la favola di Cenerentola e un video hard? Grosso modo la stessa che corre tra Meetic e Tinder. Il primo è il colosso degli incontri online, e da poco ha lanciato la sua versione per cellulare, che ha anche lei un nome gentile: Shuffle. Sono già 50mila gli utenti che l’hanno messa sul proprio schermo. Il secondo è un prodotto d’importazione e serve a trovare compagni di avventura e di sesso che, probabilmente, non rivedremo mai più. Aggrappati al loro cellulare, con il quale hanno ben più intimità che col computer, in ufficio, sul divano, in bagno e sull’autobus, gli italiani stanno facendo la fortuna della app: mille per cento la crescita del numero scaricato in un anno, con una crescita esponenziale della quota di utenti che ormai ha superato quella delle messaggerie. Usare un’app per incontrare altri single (molti dei quali si riveleranno poi in realtà già impegnati, ma questa è un’altra storia) regala immediatezza, velocità, e una (illusoria) sensazione di controllo. Ogni app ha il suo ambiente, la sua netiquette, e dunque i suoi fedelissimi: tenere Meetic e Tinder sul proprio cellulare non è comune, né appropriato.
Tutti utti sanno che non si possono pubblicare foto allusive su Meetic — spiega Giovanna Cosenza, semiologa, esperta di pubblicità e autrice già nel 2008 del primo studio sul dating online in Italia pubblicato da Bologna University Press — e dunque non lo fanno, il che naturalmente non impedisce che si possa aggirare l’ostacolo dopo i primi contatti.
Trovare l’anima gemella è stato fin dall’inizio il messaggio comunicativo di questo network, che è in pubblicità da sei anni e che oggi nella sua nuova campagna rivendica il numero di matrimoni avvenuti grazie ai suoi profili». Completamente diverso l’uso di Tinder, che con la sua icona (una maliziosa fiammella arancione) cresce del 20 per cento ogni settimana in Italia: l’uso massimo avviene dopo le 22, e la semplicità
del sistema è spartana. Una foto, pochissimi dati, la possibilità di scegliere tra una x (lasciamo perdere) o un cuoricino (si può fare) e l’incontro perlopiù sessuale nell’ora successiva: 20.000 all’anno quelli che avvengono realmente, a fronte di milioni di utenti. Tinder è famoso, e la fama ha due facce. Da un lato il nomignolo tinderslut applicato negli Stati Uniti, dove la app è nata, per definire le ragazze che lo adoperano, subito etichettate come poco di buono. Dall’altro la ribalta mondiale arrivata quest’anno grazie alle Olimpiadi di Sochi, dove Jamie Andersone, 23 anni e tipica bellezza americana, campionessa di snowboard, ha rotto il silenzio: «Qui nel villaggio lo usiamo molto per incontrarci
tra atleti, altrimenti non ci sarebbe iltempo». Perché la filosofia, alla fine,è sempre la stessa, no time to flirt,
non ho tempo per farti la corte, non mi sogno nemmeno di pagare una cena al ristorante o un mazzo di fiori se tutto ciò che voglio è solo un po’ di sesso con qualcuno che mi è affine. O, se si allarga la visione, non ho tempo per cercare l’anima gemella mentre rientro sulla metro dopo dieci ore di lavoro e nella mia casa dell’hinterland milanese mi aspettano la lavatrice da svuotare e la ciotola del gatto da riempire.
Andrea Rangone, docente di business strategy e di e business al Politecnico di Milano, legge con grande ottimismo i dati che fotografano l’impennata delle app: «È un fenomeno tipicamente italiano, da noi il telefonino è un oggetto di culto col quale si vorrebbe fare anche il caffè, a maggior ragione trovare amici e partner, ed è molto più semplice e immediato rispetto al pc, che viene associato al lavoro e al dovere. Le app sono il paradigma della rapidità, non c’è tempo di attesa, non c’è latenza, tocchi e sei collegato. È grazie a loro se siamo pressoché alla pari con paesi come la Germania o la Francia, mentre sui sistemi internet tradizionali assomigliano ancora a un paese emergente». «Grazie ai nuovi strumenti e alla nostra affidabilità, facciamo nascere 300 nuove storie a settimana — spiegano a Meetic Italia — Il brand è affidabile, le persone sanno che non avrannobruttesorpreseechepossono scambiare su Meetic i gusti personali, le proprie storie e riflessioni, anche intime, giungendo a trovare il partner giusto». Nonostante la cornice romantica, da “salotto buono” deldating,Meetic è aperto a tutti, etero e gay. Ma la spinta decisiva, anche in questo caso, è arrivata dalla geolocalizzazione, e il boom si è prodotto in poco più di un anno: «Le app — spiega Giovanna Cosenza — consentono di dilatare o accorciare a proprio piacere non solo il tempo ma anche lo spazio. Posso parlare con chi sta al piano di sopra o nel bar più vicino, ma al tempo stesso posso ritirarmi interrompendo la relazione e mettendo un muro invalicabile tra me e l’altro. E, al tempo stesso, queste interfaccia garantiscono pari opportunità a uomini e donne. Ma senza troppe illusioni: se la parità vera non c’è, nonsaràutilizzandoun’appchela potremo raggiungere. Saranno piuttosto gli uomini a imitare le donne, abbassandosi gli anni dichiarati e postando foto dove ancora avevano i capelli e dieci chili di meno». Altre barriere sono cadute anche tra etero e gay: «Tinder ha sfatato il mito secondo il quale
eravamo solo noi alla ricerca di sesso facile con sconosciuti», racconta Marco, 28 anni, su Babilonia. «Io sono un utente abituale di Grindr (l’app per incontri gay) e ora mi diverto a sentire i racconti degli amici etero, neofiti del dating e del sesso a prima vista». E la riprova che l’Italia si sta liberando, almeno nelle grandi città, dai propri tabù è data dal fatto che anche Bang with Friend, che serve a procurarsi incontri multipli, è da poco tornata sul mercato con un nuovo nome, Down (abbreviazione di Down to Bang). Impossibile però sapereciòcheaccadedavverodietro le sigle provocatorie e le promesse torride, se c’è arrosto o soltanto fumo: su Brenda, per esempio, il network nato per donne che cercano altre donne, nelle giornate buone si chatta sempre con le stesse venti persone in tutta l’area milanese. Persone che, verosimilmente, si conoscono già.«Noiproduciamo soprattutto app per creare incontri professionali all’interno di fiere e grandi eventi — dice Fabiana Vernero, cofondatrice di Sinbit, spin off del dipartimento diInformaticadell’Università di Torino — Ma la nostra sensazione èchechicelechiedevoglia de-materializzare anche quel tipo di contatti, evitando di esporsi in prima persona in una conferenza o di percorrere materialmente chilometri e stampare biglietti da visita non più necessari. È, anche, una moda». Si potrebbe pensare cheusareilcellularepertrovareun nuovo marito, o il sesso “mordi e fuggi” più vicino a casa propria, sia una tecnica per adulti disillusi. Errore. Anche gli adolescenti lo fanno, come racconta Sherry Turkle, psicologa e guru indiscussa nel ramo: «I ragazzi che ho intervistato nei licei spiegano che nulla disimpegna come l’app. Perfino parlare al cellulare è troppo per loro, perché se dall’altra parte qualcuno piange o grida è difficile staccare. Con Tinder invece basta fare una x. O scollegarsi per qualche ora». Perditempo e anime belle, astenersi.