Bernardo Valli, la Repubblica 25/3/2014, 25 marzo 2014
LA MASCHERA DEL PATRIOTTISMO
Il patriottismo è difensivo; il nazionalismo è aggressivo. I due giudizi, benché non sempre applicabili, sono ormai classici. Samuel Johnson diceva che «il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie», ma sbagliava, pensava in effetti al nazionalismo, espressione che al suo tempo non esisteva ancora. Il patriottismo è comunque vecchio stile. È aristocratico. Mentre il nazionalismo è moderno, sempre attuale, e populista. Marine Le Pen ha confuso i due termini. Non è la sola. Capita a tanti. La presidentessa del Front National, in queste ore ai vertici della cronaca, ha minacciato di querelare chi definisce di «estrema destra» il suo partito, e ha suggerito di chiamarlo «patriottico».
POI, ripensandoci, ha preferito non a torto «nazional-populista ». Il termine ha radici nell’Ottocento (John Lukacs), ma riesumato e ammodernato (P. A. Taguieff) serve a indicare un movimento o una corrente di pensiero che difende il particolarismo identitario (l’individuo e non il cittadino); che si dichiara per il popolo contro le élite; che denuncia il multiculturalismo; e che rifiuta la globalizzazione. Più semplicemente che invoca il ritorno alle frontiere protettrici; che è contro l’immigrazione, in particolare musulmana; che chiede l’abolizione dell’euro ed è contro l’unificazione europea.
Quella dei Le Pen è una saga, una storia di famiglia. Se si prendono le tre generazioni viventi e se ne scandiscono le idee si scopre l’evoluzione del Front National. Ed è una vicenda molto francese. Alla sua fondazione, nel 1972, il Fn era in pieno nella tradizione dell’estrema destra. Rifiutava l’eredità della Rivoluzione
francese e la filosofia dei diritti dell’uomo, si richiamava più o meno apertamente alla Francia di Vichy (che aveva collaborato con gli occupanti tedeschi durante la Seconda guerra mondiale), coltivava la memoria dei conflitti coloniali, non riusciva a nascondere l’antisemitismo e al tempo stesso era contrario all’immigrazione, in particolare araba.
Con le sue provocazioni che suscitavano scandalo e attenzione, Jean-Marie Le Pen ha tenuto vivo a lungo il Front National. Era tenuto in quarantena dai partiti democratici, vale a dire fuori dall’arco costituzionale come il Movimento sociale (neofascista) da noi, ma talvolta veniva usato nelle elezioni. Nell’86 François Mitterrand, allora presidente socialista in difficoltà, istituì il sistema proporzionale per consentire al Fn di ottenere qualche seggio alla Camera dei deputati, a scapito del centro destra. Il 21 aprile 2002 accadde un miracolo politico.
Con il 16,8 dei voti Jean-Marie Le Pen superò il candidato socialista Lionel Jospin, allora primo ministro, e affrontò Jacques Chirac al secondo turno delle presidenziali. Fu un trionfo, sia pure temporaneo. Al ballottaggio il “fronte repubblicano”, in cui si erano uniti temporaneamente sinistra e destra democratiche, lo sconfisse con facilità. Fu tuttavia un momento di gloria: un colpo di fortuna dal quale Le Pen non fu però capace di cogliere l’occasione per trasformare il partito. Non gli servì l’esempio degli altri movimenti populisti impegnati in Europa ad abbandonare i vecchi temi dell’estrema destra tradizionale e ad affrontare quelli posti dalle società del XXI secolo. Nicolas Sarkozy ha occupato gran parte del suo spazio.
Nel gennaio 2011 irrompe sulla scena Marine Le Pen, la figlia, che subito si allinea sul populismo europeo e rompe con l’estrema destra fascisteggiante, antisemita, nostalgica, ideologica, animata da sentimenti di rivincita fuori dal tempo. Non rinuncia del tutto alla xenofobia, soprattutto diretta contro gli arabi e i musulmani in generale, ma rinnova radicalmente il discorso difendendo i diritti repubblicani, quali la parità tra uomini e donne, la laicità, le libertà individuali e quelle d’opinione.
I suoi bersagli sono sempre gli immigrati, che tolgono i posti di lavoro ai francesi e approfittano dell’assistenza sanitaria, ma lei prende di petto soprattutto le banche, l’Europa, l’euro che in trent’anni ha aggravato la situazione economica e che non può che peggiorarla. Denuncia anche l’industria del lusso, prova dell’abisso tra ricchi e poveri; non risparmia le grandi aree commerciali che uccidono i piccoli negozi. L’euro è la moneta del «fascismo dorato», dei ricchi e degli istituti di credito. Marine è una pasionaria borghese populista, ammantata di nazionalismo (in questo si distingue nettamente dalla Lega italiana che è secessionista e ostile alla nazione). Il 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia, canta gli inni patriottici. È o era di una grande vitalità notturna e quindi un’assidua frequentatrice di night club.
Il personaggio ha un carisma grezzo che non lascia indifferenti giovani, operai, piccolo borghesi, funzionari. Ha successo più nella Francia profonda e nelle periferie che nei centri delle metropoli come Parigi o Lione. I voti le arrivano da sinistra e da destra. Ne ha perduti, pur senza essere sconfitta, persino Martine Aubry, a Lilla, dove come sindaco socialista (ed ex ministro) sembrava invulnerabile.
Louis Aliot, 45 anni, avvocato, professore di diritto costituzionale, ex giocatore di rugby, è uno dei modernizzatori del Front National. Ne è anche il vice presidente. Da anni è il compagno di Marine Le Pen. Louis Aliot fa ormai parte della famiglia. La sua autorità dipende anche da questo e ha senz’altro pesato quando si è trattato di abolire le discussioni sulla filosofia fascista e mistica di Julius Evola. A lui viene attribuito il tentativo (sembra vano) di avere rapporti con Israele. Louis Aliot vuole che si trattino argomenti concreti. In particolare la disoccupazione e la sicurezza.
Con lui lavorano studenti di legge, tutti fedeli di Marine («marinisti»), ansiosi di fare del Fn nazionale un partito moderno. Pensano di essere già a buon punto. Per loro le elezioni di domenica ne hanno fatto il terzo partito di Francia, ma soprattutto un partito «come gli altri». Un sondaggio dava alcune settimane fa il Fn in testa (con il 24%) alle elezioni europee del 25 maggio, davanti al Ps (19%) e all’Ump, centro destra (22%). La terza generazione dei Le Pen è rappresentata dalla più giovane deputata di Francia: Marion Maréchal-Le Pen aveva 22 anni quando nel 2012 è stata eletta all’Assemblea Nazionale. Jean-Marie, il patriarca, è suo nonno, e Marine, il presidente, sua zia.