Renato Pezzini, Il Messaggero 24/3/2014, 24 marzo 2014
MISTERI E DEPISTAGGI DI UN GIALLO SENZA FINALE
I SEGRETI
MILANO Mario Moretti sostiene da vent’anni che «per quanto riguarda l’azione di via Fani non ci sono misteri, né zone d’ombra». All’epoca del sequestro Moro era il capo delle Brigate Rosse, fu lui a guidare l’agguato, a interrogare l’allora presidente della Dc nel covo-prigione di via Montalcini, a portare la Renault Rossa con il cadavere in via Caetani. Dal suo punto di vista non ci sono punti oscuri: il sequestro Moro fu un’operazione ideata e realizzata dalla bierre, senza aiuti o suggerimenti esterni.
La «versione Moretti», che è poi la versione di tutti i brigatisi che presero parte all’agguato, deve tuttavia fare i conti con la miriade di supposizioni, suggestioni, voci (spesso prive di qualsiasi fondamento) che dal 1978 si sono accavallate intorno a quell’evento. A dar retta a tutte quelle voci si potrebbe arrivare a dire che in via Fani, quel mattino, oltre ai terroristi c’erano uomini dei servizi segreti, della ’ndrangheta, «osservatori internazionali», tiratori scelti con un passato nella Legione Straniera.
IL COLONNELLO DEL SISMI
Al di là delle ricostruzioni fantasiose, però, i punti irrisolti del sequestro Moro ci sono. E al centro di tutto c’è quello relativo alla presenza di Camillo Guglielmi in via Stresa, una traversa di via Fani, la mattina del sequestro. Era un colonnello del servizio segreto militare (Sismi) il quale non hai mai spiegato in modo convincente le ragioni per cui si trovasse lì: «Ero invitato a pranzo da un collega». Ma le 9.30 per un pranzo sono un orario quantomeno insolito.
Il poliziotto che prima di morire ha scritto una lettera testamento sostenendo di essere stato in via Fani con un collega per proteggere, in sella all’ormai celebre Honda, la fuga dei brigatisti, ha detto di essere stato inviato lì proprio da Guglielmi. A parlare per primo di «due uomini sulla Honda» fu un testimone giudicato assai credibile. Sulla questione Mario Moretti è però categorico: «Noi non usammo nessuna Honda e non c’era nessun compagno a fare il cowboy in motocicletta».
L’intervento dei servizi segreti nei 55 giorni del sequestro è stato ripetutamente ipotizzato anche per i due episodi che accaddero il 18 aprile, venti giorni prima dell’uccisione dello statista. Al mattino venne scoperto il covo di via Gradoli dove la notte precedente avevano dormito Moretti e Barbara Balzerani. Un ritrovamento strano. I vigili del fuoco, intervenuti per una fuoriuscita d’acqua dall’appartamento, accertarono che la doccia era stata lasciata aperta intenzionalmente. Alcuni giorni prima la polizia aveva già bussato alla porta di quel covo (situato in una zona dove il Sismi aveva a disposizione numerosi alloggi) in seguito alla segnalazione di un condomino: nessuno rispose al citofono e gli agenti se ne andarono.
IL LAGO DELLA DUCHESSA
Sempre il 18 aprile venne fatto trovare il falso volantino firmato Br nel quale veniva indicato il lago della Duchessa come il luogo in cui era stato abbandonato il cadavere di Moro. Che quella finta rivendicazione fosse opera dei servizi segreti è un fatto assodato: nessuno però è stato mai in grado di spiegare le ragioni di quell’iniziativa, né da quale livello di potere partì l’ordine di metterla in atto.
Renato Pezzini