Mario Ajello, Il Messaggero 24/3/2014, 24 marzo 2014
DELRIO: «PALAZZO CHIGI DIMAGRIRÀ PRESTO IL SENATO SARÀ A COSTO ZERO»
[Graziano Delrio]
«Non credevo che la palude burocratica fosse così paludosa. Ora parte un’ondata di riforme», dice Graziano Delrio.
Sottosegretario Delrio, come giudica la palude romana in cui di solito si arenano le riforme?
«Non credevo che fosse così paludosa. Occorre uno tsunami di riforme, per liberare l’Italia dall’anomalia di avere una pubblica amministrazione elefantiaca e poco efficiente. La burocrazia costa miliardi, a causa della non semplificazione dell’intero sistema».
Ma lo sa che proprio Palazzo Chigi, dove lei lavora, viene considerata la zona di massima resistenza a tagli e riforme?
«Vi dimostreremo che non è vero. La sede del governo darà per prima l’esempio che si può essere più sobri, più semplici e, sperabilmente, più efficienti. Stiamo per presentare un piano di revisione della spesa di Palazzo Chigi, ne stiamo discutendo con il premier Renzi. Entro pochi giorni, renderemo pubblico questo progetto, perchè proprio Palazzo Chigi dev’essere all’avanguardia del nuovo corso».
Qual è la ratio di questi vostri interventi sulla pubblica amministrazione?
«Stiamo lavorando per superare le inefficienze e per abbattere i costi della burocrazia. E occorre impegnarsi per tagliare i privilegi di dirigenti e strutture apicali. Che sono troppi e inaccettabili, in una fase nella quale gli italiani soffrono una crisi così profonda. Nell’intero corpo dello Stato, sono le cose fatte due volte uno dei grandi problemi e la riforma federalistica ha aggravato questa questione. Tutti ci occupiamo di tutto, ma così non si può più andare avanti. Bisogna invece annullare le duplicazioni e moltiplicazioni di competenze, razionalizzare in tutti i campi gli uffici e le strutture che svolgono il medesimo compito. Rendendo tutto il sistema insostenibile, sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista funzionale».
Può fare un esempio?
«Vanno ridotte le centrali appaltanti con cui i ministeri e tutto il resto della pubblica amministrazione acquistano beni e servizi. Da 32.000 devono diventare un centinaio. Altro esempio. Per rendere più efficiente il sistema della nostra sicurezza, occorre ridistribuire le funzioni e disboscare le sovrapposizioni. Le sinergie tra le forze di polizia non significano tagli al personale che difende le nostre famiglie, e non vogliamo certamente indebolire questo comparto così importante. Lavoriamo per renderlo più rapido e più moderno. Lo stesso vale per la Difesa. Non vogliamo indebolire la nostra presenza anche internazionale, e tantomeno far decrescere la stima nei confronti dei nostri militari, vogliamo invece contenere la spesa e lavorare con più convinzione verso un esercito comune europeo».
Ma non vede che tutti questi progetti, e anche quelli sul lavoro, stanno già provocando una crisi di rigetto nei confronti del governo?
«Non credo che sia finita la luna di miele tra il Paese e il governo. E ho ascoltato parole di apprezzamento da parte dei sindacati sul provvedimento che rimette nelle tasche dei cittadini ottanta euro, così come ho potuto riscontrare l’apprezzamento di Confindustria a proposito dell’Irap e sul decreto lavoro. Poi, ci sono parti della nostra riforma che non piacciono agli uni o agli altri. Il decreto lavoro, che piace a Confindustria, non piace alla Cgil. Ma questo fa parte della vita. Sappiamo che non si può condividere tutto. Basta che non ci siano pregiudizi».
Avete superato tutte le resistenze, e stavolta, finalmente, in Senato, in questa settimana, saranno abolite le Province secondo la legge che porta proprio il suo cognome?
«Speriamo che sia questa la settimana giusta. Io sono molto fiducioso. Dentro questo pacchetto, c’è il superamento della classe politica provinciale e delle funzioni duplicate. La semplificazione vera del nostro Paese vuol dire aiutare i piccoli Comuni a lavorare insieme, la riduzione forte di tutti gli enti, le aziende e i consorzi di carattere provinciale, e altri interventi così. Dobbiamo fare in modo che tutte le funzioni amministrative vadano in capo ai Comuni, mentre le Regioni e lo Stato centrale si occupano delle linee legislative».
Lei intanto non vede il rischio, sottolineato da più parti e dovuto a partiti poco convinti sul tema, che la riforma del Senato possa essere vanificata in Parlamento?
«La proposta del governo resterà quella de superamento del bicameralismo. Senato come assemblea autorevole delle autonomie, ma non ad elezione diretta, senza costi e rafforzata dalle proposte di sindaci e Regioni. Sono certo che il Parlamento vorrà dare il proprio contributo per una maggiore efficacia di questa riforma e per contenere i costi della politica facendole recuperare credibilità».
Sta dicendo che nessuno vi fermerà?
«Sto dicendo che serve una scossa riformista forte. Per quanto riguarda ad esempio la pubblica amministrazione, che come vede è un tema che mi sta molto a cuore, i pilastri della nostra azione di cambiamento e del rilancio del sistema Italia sono due: digitalizzazione e semplificazione. Il ritardo della giustizia civile, solo per citarne uno e parliamo di seicento giorni in media per arrivare alla conclusione di un giudizio, costa un prezzo altissimo alle famiglie e agli imprenditori. L’Italia ha più di cento miliardi di evasione fiscale. Dicono che la corruzione ci costa 60 miliardi. Il costo della burocrazia è stimato tra i 20 e i 25 miliardi. Con questi carichi, a cui vanno aggiunti i quasi duecento miliardi nascosti nei paradisi fiscali, parliamo di un Paese che ha bisogno di semplificare e di digitalizzare perchè digitalizzazione significa trasparenza ed efficienza».
Lei crede davvero che i tagli ai super stipendi dei manager pubblici risolvano il debito pubblico?
Non credo questo. Penso però che ci voglia più sobrietà. Quando gli stipendi superano certi livelli, occorre riflettere. La sobrietà è un valore non solo sotto l’aspetto del risparmio ma anche per quanto riguarda la fiducia dei cittadini verso la classe politica e classe dirigente in generale. Questa fiducia è una delle prime cose che vanno ricostruite nel nostro Paese. Anche fisicamente».
Fisicamente?
«Le faccio un piccolo grande esempio. Cercheremo nelle prossime settimane di togliere le transenne intorno a Palazzo Chigi. Quella piazza non merita barriere, va restituita alla libera fruizione dei cittadini. Sia Renzi sia io, che abbiamo fatto i sindaci, sappiamo l’importanza di un rapporto di vicinanza anche fisica tra le persone e le istituzioni. Abbiamo già chiesto alla sicurezza di valutare un nuovo piano di accesso alla piazza. Attendiamo risposte».
Da Roma all’Europa. Non si è capito molto bene come sia andato il tour continentale di Renzi.
«Si è capito benissimo il punto più importante. E cioè che noi non abbiamo chiesto margini di flessibilità per fare gli italiani e per cantare ’O sole mio. Li abbiamo chiesti perchè abbiamo difficoltà in alcuni settori strategici - come l’edilizia - e quindi ci battiamo in Europa non solo per quanto riguarda il debito e il deficit. Ma anche per far crescere il prodotto interno lordo, che da troppi anni in Italia ha indici negativi».
Mario Ajello