varie, 24 marzo 2014
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 24 MARZO 2014
Il nome è inquietante. Blackrock, la roccia nera. È atterrata a fine febbraio su Intesa Sanpaolo diventando il secondo socio con una quota del 5 per cento. Il 7 marzo ha aumentato al 5,24 per cento il suo peso in Unicredit, di cui oggi è il principale azionista. Infine il 18 marzo, giorno in cui la Fondazione Mps ha collocato fuori mercato il 12% attraverso Morgan Stanley scendendo al 15% del capitale, ha rastrellato il 5,74 per cento della banca senese. Se per Intesa erano serviti 1,7 miliardi, per diventare il secondo socio del Monte sono bastati 160 milioni [1].
Blackrock è il più grande gestore di soldi al mondo. Nato nel 1988 all’interno del Blackstone Group da cui divorziò in modo piuttosto traumatico nel 1994. Da allora la rapidissima ascesa alimentata dalle acquisizioni di Merrill Lynch Investment Managers nel 2006 e di Barclays Global Investors nel 2009. Al 31 dicembre 2013 il patrimonio gestito ammontava a 4.324 miliardi di dollari, di cui 52 raccolti in Italia (8 nell’ultimo anno). Per intendersi, poco meno del doppio del debito pubblico italiano [2].
Copertina dell’Economist del 7 dicembre 2013: campeggia un monolite nero kubrickiano e sopra la scritta «Come il più grande fondo d’investimento del mondo sta cambiando il panorama finanziario» [3].
Blackrock ha sede a New York, 11.200 dipendenti sparsi in 30 nazioni e il suo mestiere è raccogliere il denaro di investitori, anche piccoli, e impiegarlo in diversi modi per farlo rendere: strategie azionarie, obbligazionarie, monetarie, investimenti alternativi e immobiliari [2].
È il primo azionista in metà delle 30 maggiori multinazionali del pianeta. È il primo azionista delle tre regine hi-tech americane: Apple, Google, Microsoft. È il primo azionista di due colossi petroliferi (Exxon, Chevron), di due tra le maggiori banche Usa (JP Morgan Chase, Wells Fargo), sempre primo azionista in conglomerati industriali come General Electric e Procter & Gamble [4].
Alla guida di Blackrock c’è Laurence Fink, già tra i fondatori. Ebreo californiano cresciuto tra le aule della University of California e il negozio di scarpe del padre a Van Nuys, periferia nord di Los Angeles [5]. Detto Larry, sessant’anni, alto, calvo, miope, calmo, educato, riflessivo. Da un numero del 2010 di Vanity Fair edizione americana: «Vive in un appartamento sull’Upper East Side con la moglie Lori, 38 anni. È il più importante personaggio della finanza mondiale e, nonostante questo, è virtualmente uno sconosciuto a Manhattan» [3].
Bertone: «Fink è ossessionato dalla gestione del rischio fin dal 1986, quando era un promettente banchiere di First Boston, così geniale da impacchettare derivati su mutui subprime e scommesse sui cambi con un largo anticipo rispetto agli Abs resi celebri dalla crisi. Poi un’inattesa inversione dei tassi di interesse gli provocò una voragine nel portafoglio. Ebbe il coraggio e la fortuna di ripartire. Da allora ha costruito, passo dopo passo, un impero; convincendo le banche, Barclays e Bank of America, che per loro era meglio affidarsi, dietro congrui dividendi, a una struttura specializzata, all’avanguardia nella creazione di modelli sofisticati e sganciata da eventuali conflitti di interesse, piuttosto che operare in forma diretta» [9].
Alberto Forchielli, esperto di Cina, ex Finmeccanica e Banca Mondiale: «La fortuna di Blackrock è stata quella di nascere al momento quando esplodeva il mondo degli hedge fund, è cresciuto per acquisizioni ed è molto legato al governo Usa che ha aiutato nelle operazioni di vendita di Bear Sterns, nel salvataggio di Aig e nella gestione di tutti i titoli tossici ereditati da Fannie Mae e Freddie Mac. Si è mantenuto lontano dai mutui ipotecari ed è stato il primo fondo a diventare veramente internazionale: io ho le business card dei rappresentanti di Blackrock praticamente di tutto il mondo» [3].
Rampini: «Blackrock investe soprattutto attraverso strumenti detti “passivi” come gli exchangetraded funds (Etf) che riproducono esattamente l’andamento di indici di Borsa (come i vari Dow Jones, S&P500, Ftse). La loro performance quindi è una fotocopia fedele dell’andamento dei mercati. I costi di gestione sono minimi. Soprattutto, Blackrock investe i capitali che gli vengono affidati. Non ci mette i propri. Dunque, a differenza della defunta Lehman Brothers, o di altre banche d’affari che si rivelarono fragilissime, un investitore come Blackrock ha poco “rischio sistemico”. In un certo senso ha obbedito alla regola varata dall’amministrazione Obama, quella Volcker Rule che vieta ai banchieri di fare speculazioni rischiose coi propri capitali» [4].
Il gigante Usa è presente in Italia dal 2000. L’ufficio di Milano si occupa dei servizi alla clientela con tre forze vendita, una persona dedicata al retail, una sugli Etf e una sui clienti istituzionali che gli hanno affidato il mandato di gestione. La squadra è guidata da Andrea Viganò, ex Merrill Lynch che coordina circa 40 persone e cinque top manager: Bruno Rovelli, Alberto Salato, Andrea Argenti, Emanuele Bellingeri e Doriana Accardi [2].
Il problema è che a volte questo gigante ha attirato i riflettori delle autorità italiane per comportamenti quantomeno curiosi. Il caso più clamoroso è quello di Saipem. Longo: «A gennaio 2013, poco prima che la società del gruppo Eni lanciasse un allarme utili tale da causare un crollo del titolo in Borsa del 34%, Blackrock è riuscita a vendere un pacchetto di azioni pari al 2,3% del capitale. Con un tempismo incredibile, il fondo americano ha risparmiato 100 milioni di perdite. Facendo sorgere più di un sospetto: fortuna o insider trading? La risposta arriverà dall’indagine Consob, che ormai è alle battute finali» [6].
Con Telecom, a fine 2013, vicenda altrettanto clamorosa. Prima Blackrock comunica alla Sec americana (ma non all’autorità italiana) di aver superato il 10% del gruppo telefonico. Poi prende in mano la calcolatrice e rettifica, comunicando (questa volta alla Consob italiana) di essere arrivato solo al 9,97%. Il tutto mentre il titolo, proprio per questi errori di calcolo, sale sull’ottovolante. Così la Consob apre un’altra indagine, per potenziale manipolazione del mercato. E ancora, nel 2011, quando Unicredit è alla vigilia dell’aumento di capitale, Blackrock comunica di essere sceso sotto il 2% con conseguente crollo del titolo. Peccato che, pochi giorni dopo, arriva la rettifica: «Errore di calcolo». In questo caso la Consob ha avviato l’iter sanzionatorio. Presto dovrebbe arrivare la multa [6].
«Blackrock a giugno 2011 considerava l’Italia il quinto Paese più rischioso al mondo, su una lista di 44 Stati» [7]. Adesso, con la mossa su Montepaschi, Blackrock è diventato l’investitore estero più presente nelle banche italiane e si conferma il primo investitore straniero a Piazza Affari con 20 miliardi di partecipazioni. Oltre alle quote nei tre istituti, detiene il 4,8% di Telecom Italia, il 5% di Azimut, il 5% di Atlantia , il 4% di Fiat, il 2,8% di Generali, eccetera [1].
C’è da preoccuparsi? Ci troviamo di fronte a un cavaliere oscuro pronto a invaderci, a trafugare pezzi di made in Italy per conto di mani misteriose? Conti: «Non esageriamo. L’alone di mistero è sicuramente alimentato dall’esenzione, prevista solo per i fondi, che permette di non dichiarare le quote inferiori al 5 per cento conquistate nel capitale di molte nostre società. Ma la strategia è di mercato» [2].
Anzi, spesso a supportare le scelte di investimento è un computer. O meglio, una piattaforma tecnologica formata da 6mila super computer che si trova a East Wenatchee, sulle colline dello stato di Washington, e si chiama: Aladdin, acronimo di «Asset liability and debt derivatives investment network». In sostanza un sistemone che analizza continuamente l’impatto di vicende monetarie e politiche sulla sicurezza degli investimenti fatti nel mondo [2].
Aladdin è partito come servizio interno poi il livello di sofisticazione è stato tale che i clienti hanno chiesto di usarlo anche per gli investimenti fatti con soggetti diversi dal fondo americano. Così dal 2000 nasce Blackrock Solutions, una divisione tecnologica cui si appoggiano più di 200 operatori mondiali e che mette in comune le risorse di informatica con un traffico di circa 15 mila miliardi di dollari (poco meno dei 16.600 miliardi del prodotto interno lordo Usa). Il 7% degli asset di tutto il mondo [8].
Ecco quindi chi è entrato nei salotti della finanza italiana: non un monolite radioattivo, non un cavaliere oscuro. Ma il genio della lampada [2].
Note: [1] Fabrizio Massaro, Corriere della Sera 22/3; [2] Camilla Conti, Il Fatto Quotidiano 19/3; [3] Giovanni Cocconi, Europa 19/3; [4] Federico Rampini, la Repubblica 30/12; [5] Massimo Gaggi, Corriere della Sera 16/4; [6] Morya Longo, Il Sole 24 Ore 18/12; [7] Morya Longo, Il Sole 24 Ore 18/3; [8] Maria Teresa Cometto, Corriere Economia 10/2; [9] Ugo Bertone, Il Foglio 17/12.