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 2014  marzo 24 Lunedì calendario

CREDITO

& DERIVATI – [LA GRANDE TRAPPOLA CHE NESSUNO VEDE]–

AT1 e CoCo. Due acronimi che sono il presente e il futuro delle banche europee. Merito dall’ Asset Quality Review (Aqr) della Banca centrale europea — il processo di controllo sulla loro solidità —, appena entrata nel vivo ma già produttrice di effetti. Gli istituti di credito hanno bisogno di migliorare la qualità del proprio capitale e per farlo stanno usando strumenti innovativi. Diversi i vantaggi, molti i rischi, ancora più elevata l’opacità e, soprattutto, il mercato potenziale: oltre 700 miliardi di euro.
La novità più interessante sul fronte obbligazionario europeo prende il nome di Additional Tier 1 (At1). Si tratta di bond che rientrano negli schemi dettati da Basilea III. Il capitale raccolto va a incidere in modo diretto sul Common Equity Tier 1 (Cet1), parametro che è il frutto della somma algebrica di azioni ordinarie, riserve di utili, riserve da valutazione, più i vari aggiustamenti regolamentari derivanti dal calcolo del Cet1 stesso.
In altre parole, si tratta del cuscinetto di capitale più importante per una banca. Ma, a differenza dei tradizionali componenti del Cet1, ogni titolo At1 contiene clausole di conversione, da obbligazione ad azione, nel caso si verificasse un evento specifico, come una riduzione del coefficiente Cet1 sotto il 6 per cento. In quel caso, ha sottolineato un report di J.P. Morgan di inizio anno, il pericolo è un rilevante mutamento nella governance dell’istituto, tale da destabilizzare la banca stessa.
Oltre a ciò, il pericolo maggiore in agguato per gli obbligazionisti è la conversione del titolo in capitale azionario durante una ricapitalizzazione, con conseguente taglio del valore nominale. I più significativi per il sistema finanziario, di contro, sono l’opacità normativa con cui avvengono tali emissioni e la possibilità di inserire questi strumenti in operazioni di cartolarizzazione. Un fenomeno analogo a quello avvenuto coi mutui subprime prima del 2008.
La prima emissione di bond At1 è stata compiuta nel maggio 2013 dalla banca spagnola Bbva, per 1,5 miliardi di euro. Nel settembre scorso è toccato alla francese Société Générale, per 1,25 miliardi di euro. Poi, sono arrivate Deutsche Bank, Barclays e Santander. Secondo un rapporto dello scorso dicembre a cura dell’agenzia di rating Standard Poor’s, il mercato europeo dei bond At1 potrebbe crescere fino a quota 260 miliardi di euro entro fine 2015. Una cifra significativa, che testimonia quanto sia elevato l’appetito verso questo genere di prodotti.
Oltre agli At1, ci sono i Contingent convertible bond , o CoCos. Si tratta di obbligazioni ibride che, proprio come le At1, contengono clausole capaci di convertirle in capitale azionario allo scattare di un dato evento. Promettono elevati rendimenti per compensare il rischio di conversione, ma anche loro sono caratterizzati per la poca trasparenza normativa. Un mercato che vale circa 450 miliardi di euro, secondo i dati Bloomberg.
Che si tratti di CoCo o di At1, questi bond hanno una cosa in comune. Entrambi possono essere oggetto di bail-in, il salvataggio interno previsto dal Single Resolution Mechanism (Srm) varato da Consiglio europeo e Parlamento Ue la scorsa settimana. Possono quindi essere utilizzati dalle banche emittenti nel caso si renda necessaria una ricapitalizzazione, evitando l’intervento pubblico.
L’incremento dell’interesse delle istituzioni creditizie europee verso questa nicchia del mercato obbligazionario è legato all’esame condotto dalla Bce. Plurimi i motivi: il grande interesse degli investitori istituzionali ai ritorni elevati che possono garantire CoCo e At1, una più marcata flessibilità nelle emissioni, che si traduce in minori costi per l’istituto e la fame di capitale fresco delle banche, in modo da prevenire eventuali shock derivanti dall’Aqr.
Ma ci sono due controindicazioni. Qualora la conversione dei titoli fosse considerata imminente dagli obbligazionisti, questi potrebbero proteggersi dal rischio vendendo allo scoperto le azioni della banca, affossandola. Se invece il detentore del bond accetta la conversione, ha un incentivo a vendere le azioni quanto prima, dato il deterioramento della situazione della banca, che incrementerebbe. Uno scenario che a fine 2014, quando terminerà l’Aqr, potrebbe concretizzarsi.