Guido Ruotolo, La Stampa 23/3/2014, 23 marzo 2014
L’INTELLIGENCE TEME MIGLIAIA DI SBARCHI NEI PROSSIMI MESI
Nelle ultime ventiquattr’ore è stato un arrembaggio. È vero che gli arrivi, con le imbarcazioni cullate dal mare e protette dai nostri mezzi di salvataggio mentre si avvicinavano al «Miraggio Lampedusa», sono avvenuti in regime «controllato», ma fa sempre una certa impressione leggere e scandire il numero degli sbarchi avvenuti tra giovedì e venerdì: duemilatrecentotrentatré (2.333). E a nulla serviranno la cabala o i riti esorcistici per evitare che si arrestino nelle prossime settimane. Solo burrasche di mare potranno impedire partenze dalla Libia. Con la primavera e l’estate si annunciano nuovi flussi di immigrati, provenienti soprattutto dalla rotta Corno d’Africa- Libia, e da Siria ed Egitto.
I numeri di irregolari arrivati solo nei primi tre mesi dell’anno, fino al 21 marzo, rispetto al 2013 parlano da soli: 10.548 contro 735. E l’anno scorso gli sbarchi furono complessivamente 42.925 contro i 13.267 dell’anno precedente. È vero che superarono i 60.000 gli sbarchi del 2011, quando esplose la «Primavera araba», ma quella fu una emergenza umanitaria.
I numeri certe volte confondono. Bisogna dire che le favorevoli condizioni meteo-marine alimentano in queste ore il flusso di imbarcazioni in partenza dalla Libia e dirette sulle coste siciliane, che hanno dovuto rinunciare a salpare con il cattivo tempo. Ma non può non allarmare lo scenario dei prossimi mesi della nostra intelligence: «Gli oltre duemila irregolari sbarcati nelle ultime ore e i diecimila arrivati dal primo gennaio non rappresentano un picco anomalo. Possiamo ipotizzare, purtroppo, che gli sbarchi aumenteranno. Insomma ci dobbiamo aspettare arrivi molto più numerosi».
L’analisi naturalmente tiene conto anche della situazione politica instabile del Paese principale, da cui salpano le imbarcazioni cariche di clandestini, la Libia. E dai focolai di conflitti dei Paesi da dove traggono origine i flussi di migliaia di persone che scappano da conflitti etnici e religiosi, dalle guerre e dalla fame. Da Paesi come la Siria e e la Somalia, innanzitutto.
La Libia, dunque. Preoccupante il quadro: collasso economico, spinte separatiste tra Cirenaica e Tripolitania, disfacimento delle istituzioni nazionali, sia politiche che operative.
Gli analisti internazionali sperano nella riuscita del tentativo di riconciliazione nazionale portato avanti dal premier ad interim, il ministro della difesa. È una partita che si gioca entro la fine di questo mese.
L’instabilità politica della Libia produce un vuoto, una assenza di controllo del territorio, con il proliferare di microbande. Sembra uno scenario «somalo» con un territorio diviso tra etnie e clan che dispongono di propri eserciti.
Nel sud, nella regione del Fezzan che arriva alla fascia subsahariana, nell’immenso deserto che va dalla capitale Sebha all’oasi di Khufra c’è una effervescenza di problematiche etniche con il risultato che si è creato un tappo nel flusso verso il mare di immigrati che arrivano dal Corno d’Africa o dagli altri paesi subsahariani.
In questi mesi, poi, è nata una metropoli di immigrati a Ubari, sull’asse che da Sebha va verso la città di Ghat. Carovane ferme all’ingresso della cittadina. Camion e Pick-up pronti a trasferire i «viaggiatori» verso Tripoli e il mare.
Migliaia di clandestini premono sulle coste. Di fronte alla grande crisi, alla riduzione di estrazione del petrolio, alle spinte secessionistiche della Cirenaica, il traffico di «merce umana» garantisce profitti e ricchezze alle milizie armate. Ieri, erano fonte di corruzione per gli uomini del regime di Gheddafi. Oggi è quasi diventata, dopo il petrolio, una preziosa fonte di reddito. E non è un buon segnale.