Piergiorgio Odifreddi, la Repubblica 23/3/2014, 23 marzo 2014
SE LA PRIMAVERA SI TRASFORMA IN SCOPERTA SCIENTIFICA
Due giorni fa il giorno e la notte hanno avuto esattamente la stessa lunghezza, come succede due volte l’anno negli equinozi. Il 21 marzo segna l’inizio della primavera, e in molte civiltà passate e presenti, dall’antica Babilonia all’attuale Iran, lo si è assunto come giorno di inizio dell’anno: una scelta molto più sensata di quella, arbitraria, di festeggiare il capodanno il primo gennaio. Noi occidentali, che pure festeggiamo durante l’anno ogni sorta di inutili ricorrenze religiose e civili, del 21 marzo ci dimentichiamo allegramente. A differenza
degli albanesi, dei turchi, degli iraniani, degli afgani e degli indiani, che non hanno perso memoria del fatto che l’anno è in realtà una misura di tempo basata sul percorso che la Terra compie attorno al Sole. Eppure, prestare attenzione agli equinozi a volte può insegnare profonde verità sul movimento terrestre. Se ne accorse per primo Thomas Lydiat, un prete matematico inglese che nel 1605, in un trattato Sulla natura dei cieli, fece notare che il periodo tra gli equinozi di marzo e settembre è di 186 giorni, mentre quello tra gli equinozi di settembre e marzo è di soli 179 giorni.
Oltre che rallegrarsi del fatto che l’estate è più lunga dell’inverno, Lydiat capì anche, qualche anno prima di Keplero, che questo significa che l’orbita della Terra attorno al Sole non è circolare, ma ovale. E che si può calcolarne la “schiacciatura” facendo semplicemente il rapporto tra 186 — 17 9 e 186 + 17 9: un rapporto che corrisponde quasi perfettamente a quello che oggi gli astronomi chiamano “eccentricità” dell’orbita ellittica. A dimostrazione del fatto che a volte anche una semplice osservazione permette, a chi tiene gli occhi aperti, di arrivare lontano.