Ettore Livini, la Repubblica 23/3/2014, 23 marzo 2014
IL “RISIKO” FAMILIARE NELLE AZIENDE DI SILVIO
MILANO — Rien ne va plus. Le “ereditarie” sono finite. Marina, Piersilvio o Barbara? Nessuno dei tre. La politica può attendere. E il futuro dei tre rampolli della dinastia di Arcore, come il loro passato, resta solidamente ancorato a quello delle aziende di famiglia. Silvio Berlusconi è stato a lungo tentato nelle scorse settimane dalla scelta dinastica. Puntando, dicono i bookmaker brianzoli, su una delle due “leonesse di casa” come le chiama lui. Il momento, in fondo, era quello propizio. Il divorzio da Veronica Lario ha chiarito e reso più semplice (al netto della variabile Pascale) la divisione tra i figli dell’impero del Biscione. Ma dopo aver sfogliato a lungo la margherita l’(ex) Cavaliere ha preferito non toccar nulla né a Milano né a Roma. E non solo per questioni di opportunità politica.
Gli equilibri della Fininvest, in effetti, sono ancora fragili. E muovere una qualsiasi delle pedine sullo scacchiere – trasferendola dal business al partito - rischiava di innescare una reazione a catena difficile da controllare anche per un padre-padrone come Silvio. Piersilvio – in azienda lo sapevano tutti – non è mai stato un candidato reale per il grande balzo verso Forza Italia. Non sono in discussione le sue capacità politiche. La verità è che la scuola di partito di Cologno (cattedratici Fedele Confalonieri e Mauro Crippa) ha già regalato al centrodestra un cavallino come Giovanni Toti, cresciuto e formato sotto le antenne dei network di casa. E di Piersilvio, invece, c’è in questo momento molto bisogno sul fronte imprenditoriale. Mediaset esce dal primo rosso della sua storia e sta trattando due affari fondamentali
per il suo futuro: la vendita di una quota nelle pay tv italiane (in pole ci sono Al Jazeera e Telefonica) e un’offerta per le attività iberica di Digital +. Dossier importanti che Dudi – come lo chiamavano in famiglia – non può lasciare a metà del guado. Le televisioni, del resto, sono da sempre la vera gallina dalle uova d’oro, assieme a Mediolanum, per le casseforti della famiglia. E visto che una rondine (il +200% del titolo in Borsa in poco più di un anno) non fa primavera, nessuno ha mai pensato davvero di chiamare alle armi Piersilvio per servire la causa del centrodestra.
Marina invece, dicono gli Arcorologi di professione, sarebbe da sempre la scelta numero uno di papà per la guida di Forza Italia. Ha carattere, carisma e preparazione per tenere a bada un partito che non pare proprio disposto a stenderle di fronte un tappeto rosso. Ha la benedizione di Francesca Pascale. E le strutture manageriali di Mondadori e Finiinvest, le due realtà dove ha responsabilità gestionali, sono in teoria capaci di andare avanti da sole. Il problema è che giocare ora il jolly – come sostiene il tam tam di Palazzo Grazioli - sarebbe stato forse prematuro. C’è il rischio di un flop alle europee. C’è la possibilità della crisi di rigetto di una Forza Italia dove tra falchi, pitonesse e cerchi magici non regna proprio l’armonia del cosmo. Meglio quindi rinviare. La casa editrice, in fondo, deve completare una ristrutturazione in cui Marina ha messo il cuore e l’anima. E in Fininvest c’è da contenere l’esuberante scalata di Barbara, ingombrante new entry negli organigrammi del Biscione che alla sorella maggiore ha già dato più di un grattacapo.
Barbara, appunto, era la variabile impazzita delle “ereditarie”. Papà adora la sua età e il suo entusiasmo. Le stesse caratteristiche, invece, che vanno di traverso ai suoi fratelli. Negli ultimi dodici mesi ha preteso e ottenuto (onore alla sua caparbietà) un posto al vertice del Milan. Trovandosi a gestire la crisi della squadra e obbligando Silvio a “rottamare” l’amico di sempre Adriano Galliani. Accontentarsi non è un verbo che fa parte del suo vocabolario. Appena sentito profumo di successione politica al padre, non ha mancato di esternare anche sul tema. Più con la scimitarra che con il fioretto, come nello stile della casa: ha liquidato come comparse (o, peggio, come approfittatori del padre) quasi tutti i protagonisti del centrodestra. Marina e Piersilvio l’hanno punzecchiata a lungo sia sulla gestione della questione Milan che sulle sue ambizioni politiche. C’è troppa brace sotto la cenere ad Arcore. Il Cavaliere, alla fine ha scelto di non scegliere. La bandiera tricolore di Forza Italia può attendere. Barbara, per ora, deve accontentarsi di quella rossonera.