Fabrizio Roncone, Corriere della Sera 23/3/2014, 23 marzo 2014
E INFINE FU FRANCESCA LA POLITICA GOVERNATA DAI «CERCHI MAGICI»
Cerchio magico : c’è questo modo di dire in politica, nella nostra politica, che ha ormai smesso di essere metafora lieve e ironica per diventare rappresentazione plastica e ruvida di un luogo esatto dove il potere si esercita in nome e per conto del capo (o del fidanzato, nel caso di Francesca Pascale).
L’idea del cerchio magico venne ai cronisti che seguivano Umberto Bossi, il leader guerriero che si aggirava in camicia verde nella Padania immaginaria, un mondo di cornamuse e spadoni di cartapesta, elmi come quello di Asterix e ampolle di mago Merlino. L’uomo che raccontava la politica fondendo Medioevo e Prima Repubblica, un giorno però si ammalò e ciò che i cronisti videro nascere intorno a lui, nei giorni della convalescenza, fu appunto la suggestione di qualcosa che poteva essere spiegabile come un nucleo umano effettivamente concentrico e, tra bizzarrie inaudite e inquietante aneddotica, a suo modo prodigioso.
C’era la moglie Manuela, donna forte e intelligente, con un debole per il figlio Renzo, il leggendario Trota. Poi c’erano Rosi Mauro, detta la «badante», il pittoresco capo dei senatori Federico Bricolo e lo spregiudicato capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni: tutti inghiottiti nella primavera di due anni fa da un vortice di sospetti, quando Francesco Belsito, l’ex tesoriere della Lega dura e pura, fu indagato per riciclaggio, appropriazione indebita e truffa aggravata ai danni dello Stato.
Perché il cerchio magico può luccicare, ma anche stringere, soffocare. O, più semplicemente, abbagliare.
È ciò che insinuano, in queste ore, capi e capetti di Forza Italia, facce grigie e sudorazione azzerata, nervosi come mai prima, perché è chiaro che la posta in gioco è altissima: dopo il 10 aprile, quando arriverà la decisione del Tribunale di sorveglianza di Milano, e Berlusconi sarà relegato agli arresti domiciliari o impegnato nei servizi sociali, chi controllerà il partito?
È così che capi e capetti soffrono e insinuano: e la perfidia te la sussurrano con un filo di voce.
«Decidono tutto quelle due lì».
Francesca Pascale, la promessa sposa del Cavaliere, e Maria Rosaria Rossi, senatrice e, tecnicamente, a capo di tutto: relazioni politiche, comunicazione, segreteria, cucina.
A Palazzo Grazioli, ogni tanto, il pomeriggio sale a prendere un tè Jole Santelli. A volte si aggiunge Maria Rizzotti, la senatrice-chirurgo plastico. Le altre visite, solo su appuntamento (molto dispiaciuto Daniele Capezzone, cui certo non giova il pessimo rapporto con Dudù, il barboncino di Francesca che, quando lo vede comparire, inizia a ringhiare: e non s’era mai sentito un barboncino ringhiare).
Gli altri nemici, potenziali o veri, la Pascale li avverte ormai comunque senza sguinzagliare Dudù e anche a mezzo stampa: l’altro giorno, su Repubblica , durissimo attacco a Daniela Santanchè e Nicola Cosentino. E lasciamo stare Denis Verdini, il potente Verdini, il generale di campo abilissimo a muovere truppe in Transatlantico, un toscano spietato e di mondo al punto da riuscire a chiudere la trattativa con Matteo Renzi sulla legge elettorale (e, probabilmente, anche su altro). Pure lui, Verdini: sotto attacco.
La Pascale e la Rossi si fidano, ormai, solo di due uomini: Giovanni Toti e Marcello Fiori, cui è stata affidata l’organizzazione dei Club Forza Italia. Gli altri, tutti gli altri sono fuori dal cerchio: Claudio Scajola e Raffaele Fitto, tra quelli individuati, gli avversari più temibili.
In fondo, questi cerchi magici si assomigliano sempre un po’.
Regola numero uno: chi è dentro è amico, chi è fuori è nemico.
Regola numero due: chi è dentro resta fedele al capo fino alla fine.
Chiedere a Chiara Geloni, prego.
Chiara Geloni, più che vestale del pensiero bersaniano, fu monaca guerriera (il sito Dagospia la soprannominò «Nostra Signora degli scazzi»). Per lunghi mesi, come direttrice di YouDem , la tivù del Pd, fu a guardia della stanza del capo (Pier Luigi Bersani) insieme a Stefano Di Traglia, il portavoce che non perdeva la calma neppure nelle bufere di fischi e insulti. Maurizio Migliavacca e Vasco Errani, colonnelli addetti alle strategie di campo; Miguel Gotor, studioso di santi, eretici e inquisitori, opportunamente nel ruolo dell’intellettuale.
A questo punto, vi chiederete: chi è la monaca guerriera, chi è l’intellettuale, chi sono i personaggi del cerchio magico renziano?
La risposta è semplice: Renzi si fida davvero, e fino in fondo, di due sole persone: Luca Lotti, il suo sottosegretario, e Maria Elena Boschi, il suo ministro (poi, certo, chiede consigli a Graziano Delrio, ha spedito Dario Nardella a fare il sindaco di Firenze e si tiene Francesco Bonifazi come tesoriere del partito).
Ma quelli che possono contraddirlo — provare, diciamo, a contraddirlo — sono solo il Lotti e la Boschi. Quindi, per un problema geometrico, non è possibile, ancora, parlare di cerchio (e se poi ci sia almeno qualcosa di magico, vedremo nei prossimi mesi).