Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 23/3/2014, 23 marzo 2014
LA RELAZIONE DELLE FORZE DELL’ORDINE «CON I TAGLI SICUREZZA A RISCHIO»
Le forze dell’ordine dicono no ai tagli alla spesa previsti dal governo. L’avviso all’esecutivo guidato da Matteo Renzi sul piano di spending review del commissario Carlo Cottarelli arriva direttamente dai vertici di polizia, carabinieri e Guardia di Finanza. È la relazione riservata — cinquanta pagine oltre agli allegati — trasmessa a Palazzo Chigi al termine del lavoro svolto dal comitato interministeriale a fissare i paletti del progetto di risparmio escludendo la possibilità di ridurre ulteriormente il numero degli uomini in campo. Con un avvertimento che appare eloquente: «Le forze di polizia, in quanto chiamate a garantire la sicurezza, bene indefettibile e precondizione di ogni diritto, sono a un bivio molto delicato e ulteriori azioni di “cost reduction” che dovessero essere individuate non potranno ancora impattare sul personale o, attraverso ulteriori tagli lineari, sui capitoli di bilancio già sofferenti, se non con un preoccupante abbassamento degli standard operativi».
Dopo le proteste dei sindacati, sono i documenti elaborati con l’assenso del capo della polizia Alessandro Pansa, del comandante generale dei carabinieri Leonardo Gallitelli e di quello della Guardia di Finanza Saverio Capolupo a imporre un ripensamento. «Non toglieremo i poliziotti dalle strade», ha dichiarato due giorni fa il presidente del Consiglio. Ma le sue parole non bastano a rassicurare e martedì, nel corso dell’incontro già previsto con il ministro dell’Interno Angelino Alfano, i rappresentanti di base evidenzieranno i rischi derivanti dai tagli previsti.
Blocco assunzioni
e stipendi bassi
La relazione contiene grafici e tabelle per dimostrare, conti alla mano, quanto già è stato risparmiato. Ma soprattutto quale sia il limite che non si può oltrepassare «senza incorrere nel rischio di intaccare ulteriormente la funzionalità e l’operatività degli apparati già sensibilmente messi in crisi dalle riduzioni degli ultimi tempi». Ecco dunque l’analisi sulla situazione finanziaria: «Il generale obiettivo di riduzione della spesa nel bilancio dello Stato corrisponde a 32 miliardi di euro, pari al 4 per cento. Tale quota, riportata alla componente di pertinenza del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, pari a 7 miliardi e 800 mila euro, potrebbe corrispondere per il 2014 a un’ipotesi di risparmio di 313 milioni di euro oppure, se calcolata sulla quota di 836 milioni di euro per i soli consumi intermedi, di 33 milioni di euro».
La conclusione sembra lasciare pochi spazi di manovra: «La seconda ipotesi è sicuramente quella più realisticamente percorribile perché riguarda le risorse non destinate al personale rispetto al quale non è più possibile immaginare ulteriore compressione senza determinare impatti fortemente critici sulla funzionalità minima della struttura, già sensibilmente intaccata dai blocchi di turnover e contrattuali che cominciano a determinare difficoltà di gestione degli organici e della necessaria motivazione del personale».
Esclusa l’ipotesi
di accorpamento
L’analisi di situazione espressa nel dossier si occupa dei numeri, ma anche della distribuzione degli uffici sul territorio. Ed esclude la possibilità che si arrivi a una unificazione delle forze di polizia evidenziando i risultati che sono stati ottenuti grazie a un programma di coordinamento. Non a caso viene sottolineato come questa logica di collaborazione «nasce dall’esigenza di creare un modello efficiente attraverso il quale prevenire e limitare al massimo possibili duplicazioni e sovrapposizioni in un’ottica di ottimizzazione delle risorse e di efficacia del servizio reso alla collettività». E infatti si ricordano quelle direttive dei vari ministri dell’Interno che hanno già previsto «il potenziamento della presenza di uffici della polizia nei capoluoghi di Provincia e di quelli dei carabinieri nelle altre località, oltre alla definizione degli ambiti di intervento delle rispettive specialità», così comprendendo anche l’attività delle Fiamme Gialle prevalentemente impegnata nel settore economico ma comunque coinvolta, come prevede la legge, anche nelle operazioni di controllo dell’ordine pubblico.
I commissariati
e le stazioni
Nei giorni scorsi i sindacati di polizia, primo fra tutti il Sap, avevano denunciato un piano segreto del governo che prevede la chiusura di circa 200 commissariati. Il documento inviato a Palazzo Chigi fissa i limiti della riduzione possibile e contiene cifre di gran lunga inferiori. La soglia sotto la quale non si ritiene di poter scendere indica per la polizia «la soppressione di 11 commissariati, 29 reparti della Stradale, 73 della Ferroviaria, 73 della Postale, 13 della polizia di frontiera, 50 squadre nautiche, oltre a un sostanzioso numero di accorpamenti»; per i carabinieri, che già hanno effettuato sostanziosi tagli, «la chiusura di 6 stazioni e 2 presidi presso scali ferroviari e aeroportuali, l’accorpamento di 3 stazioni e la rimodulazione di 9 Compagnie».
La relazione individua nel trasferimento della maggior parte degli uffici la vera fonte di risparmio «grazie alla riduzione delle locazioni passive», tenendo conto che soltanto nel 2013 la polizia ha speso in affitti ben 139 milioni di euro mentre i carabinieri sono arrivati a quota 183 milioni di euro. E dunque, tirando le somme «la polizia prevede di risparmiare grazie al trasferimento in immobili demaniali 27 milioni di euro nei prossimi due anni, ai quali si aggiungono i 25 milioni di euro dei carabinieri e i 7 milioni e mezzo della Guardia di Finanza».
L’impennata
di furti e rapine
È l’Associazione funzionari di polizia a evidenziare la necessità di non abbassare il livello di guardia escludendo, come sottolinea Enzo Letizia, «la possibilità di rispolverare vecchi progetti che prevedevano la chiusura di commissariati e stazioni». Anche perché bisogna tenere conto «dell’accresciuta domanda di sicurezza dovuta sia alle “piazze calde” sia all’aumento dei reati che sono arrivati a 2,8 milioni, vicino al picco di 2,9 milioni toccato dopo l’indulto del 2006 con un aumento forte dei delitti di tipo predatorio».
Ecco perché secondo il segretario dell’Associazione Lorena La Spina «chiedere 800 milioni di euro di taglio di spesa nel 2015 e 1,7 miliardi di euro nel 2016 significa non aver capito come funziona il sistema di prevenzione e repressione dei reati e di tutela dell’ordine pubblico. Infatti, nonostante oggi si richieda un taglio che andrà ad incidere negativamente sull’operatività, cioè sui servizi di ordine pubblico, sulle missioni per le indagini di polizia giudiziaria, sugli straordinari, sugli automezzi, polizia e carabinieri in pochi anni hanno perso 16.000 autovetture. L’organico delle forze dell’ordine si contrarrà ulteriormente, polizia e carabinieri hanno già 27 mila unità in meno, sarà così inevitabile una chiusura di uffici ben più dolorosa di quella ad oggi prospettata, con serie ripercussioni sulla sicurezza, reale e percepita. Eppure, i dati statistici dal 2011 ci dicono che servono più uomini e più mezzi nel controllo del territorio per contrastare efficacemente l’aumento costante dei reati predatori. Se non viene scongiurata la sforbiciata di 2,5 miliardi si minerà alla radice l’intero sistema di sicurezza. Senza contare che il blocco stipendiale nelle progressioni di carriera, che ha inciso negli ultimi quattro anni per 1,7 miliardi sul personale del comparto sicurezza, sta compromettendo l’organizzazione gerarchica e in particolare la leva motivazionale: è del tutto irrazionale il meccanismo che ormai concede a chi ha un grado inferiore e non ha subito il “fermo” di percepire uno stipendio superiore a chi è stato promosso e quindi ha maggiori responsabilità».