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 2014  marzo 22 Sabato calendario

PETACCHI È UNO SHOW

«Corro come se dovessi vincerla». Alessandro Petacchi, un giovane di 40 anni, è pronto alla sfida della Milano-Sanremo. Una vittoria, nel 2005 davanti a Hondo e Hushovd, e altre quattordici partecipazioni. Forse, negli ultimi 20 anni, nessun altro al mondo, a parte Cipollini, ha sentito questa corsa in modo così forte, viscerale.
Petacchi, sembra ringiovanito dieci anni.
«Nell’Omega Pharma ho ritrovato l’entusiasmo di correre in bici e la cosa mi ha aiutato ad arrivare bene a questo appuntamento».
Che cos’è la Milano-Sanremo?
«La corsa più bella del mondo. Però questa. Senza Mànie e Pompeiana. Storicamente è l’unica gara per gente veloce in buona condizione. Poi è la sola di 300 km, tutti veri e pedalati perché le discese sono corte e in punti che non ti permettono di recuperare. Mi piace. Quando dopo 280 km stai bene, hai una sensazione strana, forte. Un’estasi».
Come si vince la Sanremo?
«Con tanta fortuna, non devi avere incidenti o intoppi. Se sui Capi insegui, sei finito. Hai una carta da giocare, se sbagli paghi. Devi stare concentrato, nascosto nella pancia del gruppo fino al momento decisivo: se sprechi energie non hai scampo».
Il punto cruciale?
«Per me il Berta: lì capisco come sto, se sono da battaglia o da compagnia. È il primo vero sforzo, tutti lo vogliono prendere davanti, si prende forte e lo si fa forte».
Che importanza ha il Poggio?
«Sul Poggio, anche se sei stanco ti puoi difendere. L’importante è prenderlo davanti, perché altrimenti sui tornanti della prima parte prendi delle frustate. Sulla Cipressa, invece, se non hai gambe ti stacchi. Ideale per quelli come me è cominciarla nei primi 10, poi lasciarsi sfilare un pochino».
Se ci fosse stata la Pompeiana?
«Forse non ci sarebbe stato Petacchi, non avrei corso. Sarebbe stata una Sanremo per scalatori, perché quella salita avrebbe deciso la corsa non consentendo il recupero prima del Poggio. Meglio così, per me».
Che corsa farà?
«Parto per essere da supporto ai miei compagni, a Cavendish in particolare. Siamo una squadra fortissima: Stybar, Kwiatkowski, Renshaw, Trentin, io. Se Mark sul Poggio avrà vicino tre di noi, diventa imbattibile. Avete visto lo sprint di Sant’Elpidio? A parte la caduta, la gente si staccava da ruota. Andiamo fortissimo. E mi spiace enormemente per Boonen. Lo capisco, so cosa vuol dire quel dispiacere (la compagna Lore ha perso il bambino, ndr)».
E se Cav non fosse davanti?
«Mark è la nostra punta e sono convinto che ci sarà. Ma se la squadra avrà bisogno di me, sono pronto. La “Tirreno” mi ha dato conferme importanti, le responsabilità so prendermele e non ho mai tradito. Io parto come se dovessi vincere, ma farò quello che la squadra mi chiede».
Potrebbe essere il primo italiano all’arrivo
Sorride. «Dipende come va la corsa. Se me la devo giocare, ci sono. Se magari dovrò aspettare Mark e chiudere qualche buco, poi mi mancheranno le gambe nel finale».
Però che cosa darebbe per vincere?
«Io la Sanremo l’ho già vinta e ho già fatto tutti i piazzamenti. Se giù dal Poggio sarò con i primi, sarà già una grande soddisfazione; se riuscirò a lanciare Cav ai 180 metri è come se vincessi io. Poi, se dovessi essere primo… — un lungo sospiro —. Sarebbe un bel casino».
Gli avversari?
«Sagan su tutti. Poi Cancellara che sta andando forte. Greipel, che ha corso la “Tirreno” per fare fatica e in volata fa paura. E Degenkolb: in salita si difende bene, non si stacca. E in volata è veloce».
Il meteo dice pioggia.
«Se piove, la corsa diventa più difficile e pericolosa. Ma con una squadra forte è più facile stare davanti».
Cavendish è anche suo compagno di stanza. Come si trova?
«Bene, è un tipo tranquillissimo e sensibile».
No, come si trova lui, perché si dice che Petacchi abbia orari «spagnoli».
«Andiamo d’accordo anche su questo. Cav non è Martin, che alle 9 e 30 spegne tutto sebbene non dorme. Chiacchieriamo pure fino all’una, magari si vede un film. Lui si diverte a “spippolare” sull’ipad, ascolta musica…».
Gli ha insegnato anche come risolvere il cubo di Rubik?
«È una questione d’algoritmo. Ho appena stabilito il mio record: 1’46” per comporlo. Ci ho provato da solo un mese, ma era impossibile. Poi, seguendo un video su internet, ho imparato. Ora lo sto insegnando pure a lui. Deve capire l’algoritmo».
A proposito: Koki c’è ancora?
«Crepi prima tu di lui. I pappagalli hanno vita lunga. Ma non c’è mica solo lui. Ho sei cani corsi, la mamma e cinque cuccioli che ormai hanno due anni. Poi cinque gatti, quattro tartarughe che ora sono in letargo, un riccio zoppo che senza di noi sarebbe passato a miglior vita… E nel giardino arrivano le volpi a cui mia moglie dà da mangiare».
Alessandro junior va già in bici?
«Macché, non ne vuole proprio sapere. Gli ho già comprato due bici ma niente. Ci sale, fa 100 metri e torna indietro. Dice che è dura, che i pedali non girano bene, che non è capace… Preferisce le “motine” elettriche».