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 2014  marzo 22 Sabato calendario

CON MENO DEL 26% RENZI E’ FRITTO


Il suo giornale, il Fatto quotidiano, picchia ogni giorno e senza risparmio su tutta la vecchia politica. Senza rispetto umano, si sarebbe detto una volta. Antonio Padellaro, romano, classe 1946, una lunga carriera all’Espresso, al Corriere della sera e poi all’Unità fino alla direzione, ne è la mente più squisitamente politica, l’uomo che bilancia gli eccessi giustizialisti del suo condirettore, Marco Travaglio.

Forte di un lettorato affezionato e militante, coinvolto con formule di abbonamento che sfiorano l’azionariato, coi lettori che intervengono alla riunione di redazione, il Fatto è il giornale cui guarda una parte del mondo grillino e pezzi di sinistra radicale.

Domanda. Direttore, cominciamo dal governo. Si fa un gran parlare di questo esame europeo del premier Matteo Renzi: cominciando dagli incontri bilaterali con Francois Hollande e Angela Merkel, per arrivare al debutto nel consiglio d’Europa. E si danno letture contrapposte: che chi ci legge un successo e chi, attaccandosi a una risatina di Manuel Barroso e Herman Van Rompuy, ci vede una bocciatura. Lei, invece?

R. La chiave interpretativa di tutto, anche di questa fase, sono le elezioni che avremo fra due mesi: tutto va letto come in una campagna elettorale che è già molto intensa, in cui Renzi è già immerso, anche se cerca di non farlo vedere.

D. Elezioni che per lui saranno un banco di prova importante_

R. Renzi ha necessità assoluta di vincerle o di non perderle. Se va sotto del 26% preso dal Pd la volta scorsa, anche solo di qualche decimale, si troverebbe contro tutti quelli che han finto, fin qui, di appoggiarlo e non solo la sinistra di Pier Luigi Bersani. Per il momento, vincere conviene a tutti, se si perde la responsabilità è di uno solo. Per cui anche gli 80 euro nelle tasche di 10 milioni di italiani sono proprio ciò di cui stiamo parlando_

D. Cioè campagna elettorale?

R. Massì, a Renzi è anche scappato detto: «Questi soldi avrei voluto metterli prima nelle tasche della gente ma non ci riusciamo». Però sappiamo quanto in Italia l’effetto annuncio in Italia sia sempre importante.

D. E quindi il viaggio europeo?

R. Quindi Renzi va a Bruxelles perché ha bisogno di certezza sul famoso 3% di rapporto fra deficit e Pil. Non è semplice: loro, gli europei, non si fidano perché siamo italiani e non paghiamo i debiti o abbiamo questa nomea. E poi Barroso sta sul fronte opposto, quello del Ppe, e non è che abbia tutta questa voglia di tirare la volata a Renzi, che sta nel Pse. Ma Renzi sa che questi eurocrati, fra un po’, non ci saranno più, perché dovremo rifare la Commissione, e quindi ha ingaggiato questo braccio di ferro a distanza.

D. Sull’anacronismo del limite del 3%...

R. Esatto. Ma non so quanto al cittadino comune queste cose interessino. Gli 80 euro invece...

D. Senta lei ha diretto il giornale fondato da Gramsci e conosce bene la sinistra piddina attuale. Se Renzi perdesse, che cosa potrebbe succedere? Lo vorranno commissariare?

R. Beh, certo una sconfitta sarebbe deflagrante. Renzi non si è reso simpatico: ha rottamato di qua, promosso di là, è stato il dominatore della scena. Però, insomma, gli altri hanno poche carte da lucrare.

D. Enrico Letta, per esempio?

R. Brava persona, per carità, ma è finito come è finito. E così Bersani, che fa l’icona romantica del Pd: va in giro, lo applaudono, si commuove, ma appartiene al passato anche lui, ormai. Renzi, d’altra parte, ha fatto piazza pulita: c’è una nuova classe dirigente che, o resiste e si consolida, o si scioglie. Ma il Pd si squaglia con lei. Perché il punto è questo: il segretario del Pd è stato bravissimo nel far coincidere il destino del suo partito col suo. Se lui cade, secondo me, finisce il Pd.

D. Il Fatto è un giornale gagliardamente antirenziano_

R. No, che dice? Renzi ci sta pure simpatico perché gli spacconi ci piacciono. È vitale, è giovane e un minimo di credito dobbiamo darglielo. L’abbiamo scritto: se la promessa degli 80 euro andasse in porto, saremmo i primi a riconoscergliene il merito. Anche perché sarebbe la prima volta che non si promettono solo lacrime e sangue. Insomma, dopo il gran venditore di balle, cioè Silvio Berlusconi, abbiamo avuto solo i balletti funerari_

D. Prego?

R. Massì, Mario Monti, Letta: ci portavano solo notizie lugubri. Tanto che quando quest’ultimo disse «di vedere la luce in fondo al tunnel», Beppe Grillo ebbe buon gioco a dirgli che era un treno in arrivo. No, Renzi, per la prima volta, invertirebbe una tendenza. Ma l’aspettiamo sui fatti. Ci diverte questo gran coro di peana intorno a lui, ma il salamelecco, d’altra parte, è un grande classico di certa stampa italiana. Si ricorda il trolley di Monti? Il loden di Monti? La sobrietà di Monti? O Letta paragonato a Bismark?

D. Tornando a Renzi nel passato, non gliene avete risparmiata una, dando spazio anche alle polemiche fiorentine sulla sua gestione della Provincia. Ora sulla vicende della casa in centro, affittata dal suo storico amico Marco Carrai e nella quale lui ogni tanto il sindaco dormiva, che posizione prenderete?

R. Beh io sono molto arrabbiato perché lo scoop l’ha fatto Libero e non noi: chapeau. Sul merito è una storia che lascia perplessi. Il premier può dire quello che vuole: che era solo un punto di appoggio ecc. ma se il padrone di casa fosse stato un altro suo amico, chessò un apicoltore, sarebbe stato un altro paio di maniche. Invece glielo dava questo personaggio molto influente a Firenze, Carrai appunto, questo personaggio chiave nel potere locale e che potrebbe esserlo anche in quello nazionale. Insomma il sospetto che ci sia stato un do ut des garbatissimo, niente di diffamante, ci può stare. Bisognerebbe stare più attenti.

D. Veniamo a un personaggio e a un mondo cui voi, per primi, avete prestato molta attenzione: Grillo e il M5s. Davvero se vincessero le europee si darebbero a terremotare l’attuale governo, per andare al voto? O fa più comodo, tutto sommato, continuare a fare la voce grossa ma restando sempre all’opposizione?

R. La distanza fra i due partiti, Pd e M5s, potrebbe valere, oggi, sui sette punti percentuali e se fosse annullata dal voto sarebbe un fatto clamoroso. Grillo, che non fa una battaglia antieuro ma che contesta l’asservimento della nostra politica all’Unione europea, agli «gnomi di Bruxelles» ecc, dirà che il governo in carica è quello che ubbidisce a Berlino e chiederebbe ogni giorno un mutamento. Credo che Renzi avrebbe i suoi guai, soprattutto se, al successo del M5s, si accompagnasse quello dei vari movimenti che, in Europa, contestano l’Unione, dalla Le Pen, agli antieuropei tedeschi e britannici.

D. Un uomo cui il Fatto s’è dedicato fin dalla sua nascita, parlo di B., divide gli osservatori: c’è chi lo dà per spacciato o chi, come il suo condirettore Travaglio, dice che quella stagione non si è chiusa. Lei come la pensa?

R. Penso che il centrodestra abbia un elettorato potenzialmente forte, che è stato, in passato, maggioranza in questo Paese. Federando tutte le anime, vale ancora molto e l’unico che può farlo è ancora lui, l’ex-Cavaliere, per quanto Angelino Alfano speri di attrarre consensi, secondo me senza speranza alcuna, essendo un personaggio assai sbiadito. Senza B., invece, questo voto si disperde, finisce in parte anche a Renzi. L’unico capace di ricomporre i pezzi è lui, Berlusconi.

D. Ma lui ha i suoi guai, come spesso voi ricordate nel dettaglio_

R. Sì e mi pare che sia anche stanco. Non fisicamente, ché sembra battagliero e vitale, ma 20 e più anni di breccia pesano. L’unico che alle politiche può mettere insieme i pezzi è lui.

D. Alle europee ci potrebbe essere per interposto cognome, come sembrerebbe in questo ore, cioè candidando uno o più figli...

R. È un aspetto formale che ci siano Marina o Barbara Berlusconi candidate. Il punto vero è se B., sia pure in una situazione di grave limitazione di capacità di fare politica,come per esempio fare comizi, conserverà questa sua influenza. La stagione non è finita ma è certamente al tramonto e queste europee potrebbero segnare la fine di un’epoca.

D. Un’altra incognita, su questo voto di maggio, è quella della Lista Tsipras, su cui si fa molta ironia_

R. Ed è un’ironia sbagliata. Perché questo raggruppamento, che punta al consenso della sinistra-sinistra, ha al suo interno il nucleo di Sel, che vale il 2-2,5 % dei consensi, e quindi non è impossibile superare la soglia di sbarramento del 4%. È una sinistra radicale, molto antieuropea che lui, Tsipras, rappresenta bene. Certo è un leader greco, ché in Italia siamo capaci di tutto, ma d’altra parte è quello che s’è fatto valere con la Merkel. Dopodiché_

D. Dopodiché?

R. Un minuto dopo un’eventuale vittoria, ricominceranno a litigare. Perché è nel loro Dna, non posso stare senza.

D. Stavolta però c’hanno riso sopra, addirittura con un spot elettorale, dove un gruppo di amici al bar litiga politicamente su tutto_

R. E hanno fatto bene.