Carlo Antini, il Tempo 22/3/2014, 22 marzo 2014
CRISTICCHI, «VITTIMA DELLO SQUADRISMO ROSSO»
Lo vedremo martedì sera alle 21 sul palco del Teatro Tirso de Molina di Roma. Simone Cristicchi sarà protagonista di uno degli «Incontri d’autore a teatro» presentati da Stefano Mannucci. Accanto a lui sul palco ci saranno anche Antonio Diodato, Filippo Graziani e altri ospiti a sorpresa.
Simone Cristicchi, cosa sta preparando per «Incontri d’autore a teatro»?
«Vorrei ripercorrere le varie arti che ho sperimentato in questi anni. Vorrei recitare, cantare e vedere un documentario. Tutte cose che mi hanno fatto crescere e mi hanno condotto al musical civile».
Quale documentario vorrebbe far vedere al pubblico romano?
«Quello che ho prodotto nel 2006 e che si intitola "Dall’altra parte del mondo". Descrive il mio viaggio nei manicomi e vorrei proiettare la parte in cui intervisto la poetessa Alda Merini che, all’epoca, visse 10-15 anni nei manicomi di Taranto e Milano».
Com’è approdato alla formula del musical civile?
«Ero un fan di Marco Paolini e stavo pensando a una forma di monologo sulla falsa riga del suo spettacolo sul Vajont. Calenda, però, mi ha detto "non abbiamo bisogno di un altro Paolini". Mi ha fatto notare che io sono in grado di scrivere e cantare canzoni, quindi potevo mettere in scena una cosa diversa. Così è nato "Magazzino 18" che si rivolge a un pubblico più ampio rispetto al monologo classico. È un nuovo modo di raccontare e fare teatro».
Più di 40 repliche da tutto esaurito e altre 150 repliche già prenotate per il prossimo anno. Come spiega il successo di «Magazzino 18»?
«C’è voglia di andare fino in fondo alle proprie radici. Nelle persone c’è un grande sbandamento. Spettacoli come questo parlano della nostra provenienza e sono un modo per fare i conti con il passato».
«Magazzino 18» ha scatenato un vespaio di polemiche e contestazioni da parte dell’estrema sinistra. Cosa ne pensa?
«Penso che "Magazzino 18" abbia toccato un nervo scoperto per chi vuole rivendicare verità assolute che non esistono. Recentemente sono stato a Taranto e ho visto che hanno distrutto una targa in memoria degli esuli giuliano-dalmati. Si tratta di dementi che si danno un’aria da intellettuali ma che si comportano solo con violenza. È squadrismo rosso».
Ha mai avuto paura per le contestazioni subite prima, durante e dopo i suoi spettacoli? «Ho avuto paura a Scandicci, dove sono entrati in teatro alcuni dei centri sociali. Non se ne volevano andare e il pubblico ha iniziato a urlare la sua rabbia. Si stava per degenerare nella rissa ed ero preoccupato soprattutto per gli anziani presenti in sala». Adesso com’è la situazione?
«Davanti ai teatri c’è sempre la polizia. Io invito gli agenti a entrare e vedere lo spettacolo. Insomma la tensione continua. Ce n’è stata tanta anche a Roma, dove hanno imbrattato il Teatro Vittoria. Nessuno ha detto una parola e ci siamo rimasti tutti molto male».
Dall’esperienza di «Magazzino 18» è nato anche un libro. Perché ha sentito quest’esigenza?
«Perché in quasi due ore di spettacolo non ho potuto mettere dentro tutto. Nel libro, invece, ho potuto inserire tutte le testimonianze e le storie raccolte. Ad esempio, quella sulla comunità dei rimasti. Poi volevo lasciare traccia scritta delle parole degli esuli che, ormai, stanno scomparendo».
A quali altri progetti sta lavorando?
«L’anno prossimo mi dedicherò ancora a "Magazzino 18" che proseguirà la tournée a Milano, Bologna, Napoli e Torino. Poi comincerò a lavorare a un nuovo musical civile».
Ci può dare qualche anticipazione?
«Questa volta mi dedicherò alla legge 180, raccontando il prima e il dopo della legge Basaglia. Vorrei prendere spunto da "Centro di igiene mentale" ma quello era uno show di teatro-canzone. Invece, in questo caso, vorrei andare in scena anche con un coro e una compagnia di attori con disturbi psichici. La storia della legge Basaglia è una delle tante incompiute del nostro Paese. Poi c’è il progetto con Pennacchi».
Cosa intende con il progetto Pennacchi?
«L’ho incontrato di recente e abbiamo parlato della possibilità di mettere in scena il suo "Canale Mussolini". Lui mi è sembrato molto felice dell’idea».
E alle canzoni non ci pensa proprio più?
«C’è una parte di pubblico che vorrebbe un nuovo album. Io non ho fretta. Quando sentirò l’esigenza di mettere in musica le mie storie, lo farò. La musica non mi abbandona mai. Per il momento mi godo la mia natura di cantattore che mi sta dando tante soddisfazioni».