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 2014  marzo 23 Domenica calendario

STILE PAROLO

Marco Parolo è il ra­gazzone (186 centimetri) del­la porta accan­to del nostro calcio, che il suo debutto lo ricorda così: «Alla mia prima partita sono uscito dal campo che piangevo. Il mister che gri­dava: ’Marco, vai di qua, Marco vai di là…’ . E io che non ci capi­vo più niente. Alla fine sono scop­piato in lacrime con l’arbitro che mi consolava dicendomi: ’Ma dai non fare così, l’allenatore lo fa per il tuo bene’…».

A distanza di tanti anni, quel bambino che piangeva all’esordio nella squa­dretta di Gallarate, sorride divertito di quella ’disavventura’ iniziatica, spe­cie adesso che è diventato il faro lu­minoso ed elegante del centro­campo del Parma di Roberto Do­nadoni e uno dei pupilli azzurri del ct Cesare Prandelli.

Ma quel mister che la faceva piangere l’ha più rivisto?
«Come no, Giulio Del Pini, lo vedo quasi tut­te le volte che torno a casa, a Gallarate. Gli ho anche sentito raccontare spesso questa sto­ria ai ragazzi che allena e fargli la morale: ’Con lacrime e sudore, si può arrivare in alto, pro­prio come ha fatto il mio Parolo’ È la verità».

Già, ma come se lo spiega che uno come lei per fare la prima presenza in Serie A ha do­vuto attendere fino a 25 anni?
«Ognuno di noi ha dei tempi diversi di ma­turazione: prima di questa crisi economi­ca in Italia, a differenza che nel resto d’Eu­ropa, era impensabile che una società ri­schiasse puntando su ragazzi di 18-20 an­ni. Del resto della mia classe, 1985, cono­sco solo Montolivo e Nocerino che a quel­­l’età hanno avuto il posto da titolare in gran­di club. Il mio lancio tardivo è simile a quel­lo del mio amico e compagno di Naziona­le Giaccherini (ora al Sunderland, in Pre­mier) e di Galloppa che gioca qui a Parma: tutti e tre veniamo da una gavetta lunga, ma che è stata comun­que utile».

Concetti molto saggi, appresi da quale mae­stro di campo?
«Pierpaolo Bisoli. I suoi dieci anni trascorsi a fian­co di Carletto Mazzone si sentivano quando dalla panchina ci trasmetteva la grinta e quello spirito di sa­crificio senza i quali non si va da nessuna parte. Bisoli è stato il pri­mo a dirmi: ’Sei forte Marco, se ci credi puoi arrivare dove vuoi’. Con lui al Foligno sfiorammo la promozione in B, poi mi ha voluto al Cesena e lì il mas­simo è stato conquistare una Serie A che mancava da 19 anni».

Stagioni esaltanti in Romagna quanto quella che sta vivendo con il Parma all’’italiana’, in serie po­sitiva da 16 giornate: 9 vittorie (di cui le ulti­me cinque trasferte) e 7 pareggi. Numeri da Juventus...
«Se a gennaio la società mi avesse ceduto anche a una grande mi sa­rebbe dispiaciuto troppo lasciare un gruppo che si percepiva che sta­va crescendo in maniera incredibile. Spesso abbiamo giocato con una formazione com­posta per 9 undicesimi da italiani e anche questo mi sembra un dato da non trascura­re. Il Tardini nel girone d’andata era mezzo vuoto, adesso la gente viene allo stadio per­ché ha capito la forza della squadra, sa che sia­mo in grado di divertire e magari di far rivi­vere certe domeniche importanti come quel­le del mitico Parma degli anni ’90 che ammi­ravo da ragazzino».

Un Parma questo di Donadoni, in cui si av­verte la mano del tecnico che è riuscito a ’do­mare’ persino il genio ribelle Antonio Cas­sano...
«Donadoni con la sua pacatezza e la grande esperienza che ha alle spalle, ci ha fatto capi­re che cosa significa possedere la mentalità vincente: scendere in campo senza sentirci inferiori a nessuno, convinti di potercela gio­care davvero con tutti. E personalmente con i 7 gol segnati ho già superato abbondante­mente il mio record di marcature. Cassano, quando è arrivato sapevamo che la sua per­sonalità forte avrebbe potuto creare qualche problema e invece giorno dopo giorno si è sviluppata una simbiosi perfetta tra lui e la squadra. Antonio è uno dei pochi artisti del pallone in circolazione, ora noi non possia­mo più fare a meno di lui e viceversa».

Anche la Nazionale non potrà fare a meno di FantAntonio ai prossimi Mondiali?
«Prandelli conosce bene il talento di Cassa­no e molte delle sue possibilità se le giocherà con il Parma. Se riusciremo ad entrare in Eu­ropa League, che ormai è il nostro obiettivo dichiarato, vorrà dire che abbiamo lavorato bene e probabilmente che il sottoscritto e tut­ti gli altri che sono già nel giro della Naziona­le (il portiere Mirante, l’oriundo Paletta e il 17enne Cerri che ha partecipato all’ultimo stage, ndr ) avremo meritato la fiducia del ct per partecipare alla splendida avventura del Mondiale brasiliano».

Diplomazia da grande comunicatore. Però a differenza della sua generazione, pare che lei abbia ripudiato i social-network….
«Ho chiuso con Facebook e anche con Twit­ter, perché lo trovo un modo banale di spre­care il tempo e poi perché mi piacciono i rap­porti veri, e non virtuali, con le persone. La vi­ta è fatta di piccole cose ma molto più im­portanti, tipo stare all’aria aperta, portare a spasso il mio cane Chef, dedicarmi a mia mo­glie Caterina che a settembre mi renderà pa­dre per la prima volta, leggere un buon libro, studiare...».

È uno dei rari giocatori che ama la lettura e che è anche convinto che calcio e studio si possono conciliare...
«Divoro i gialli dell’americano Michael Con­nelly, adesso sto leggendo ’La bionda di ce­mento’. Al secondo esame di Economia ho mollato e mi è dispiaciuto, avrei potuto con­tare anche sull’appoggio di mia moglie che nel frattempo si è laureata in Lingue. Il fatto è che una volta che sei dentro il calderone del pro­fessionismo, non è che manchi il tempo per studiare, ma viene meno la concentrazione per colpa delle eccessive pressioni che ci so­no intorno al nostro calcio. Un’esperienza al­l’estero? Prima di chiudere la carriera mi pia­cerebbe; viaggiare e conoscere culture diver­se è uno dei buoni propositi per quando... sarò grande».

Se non avesse sfondato con il pallone, aveva pensato a un “piano B”?
«Avrei fatto l’animatore in qualche villaggio turistico. Ridere e far ridere gli altri mi fa sta­re bene. Nello spogliatoio con Gobbi e Ales­sandro Lucarelli formiamo un gran trio co­mico, quando poi subentra Cassano allora di­venta teatro puro. Donadoni? Osserva con di­stacco, ma divertito, in fondo sa che anche questa sana allegria del gruppo è uno degli o­biettivi che abbiamo raggiunto».

E Parolo quali obiettivi si è fissato per il futuro?
«Riuscire ad essere un buon padre e ridare in­dietro un po’ della fortuna che ho ricevuto a chi ne ha più bisogno. Con Caterina un gior­no ci piacerebbe andare a dare una mano in una missione in Africa. Il calcio ora è il mio mondo e spero di durare a lungo e ad alti li­velli, ma il giorno che smetterò potrei restar­ci solo per allenare i bambini: loro sono co­me me, hanno bisogno di sorridere».