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 2014  marzo 22 Sabato calendario

LONDONGRAD, IL PARADISO DEGLI OLIGARCHI DOVE I CAPITALI RUSSI INIZIANO A SCOTTARE


LONDRA — Alle ultime partite casalinghe del Chelsea, nonostante il primo posto in classifica in Premier League e la qualificazione ai quarti in Champions, c’erano posti vuoti in tribuna d’onore. Mancavano Roman Abramovic, il petroliere siberiano che in un decennio ha speso un miliardo di sterline per il suo giocattolino calcistico, la seconda moglie Dasha Zhukova, figlia di un altro miliardario russo, e gli amici moscoviti che spesso fanno loro da contorno allo stadio. In questo momento preferiscono non farsi vedere — così riferiscono i maligni — per non ricordare all’Occidente che avrebbe un facile bersaglio se volesse colpire i cortigiani di Putin con pesanti sanzioni. Un bersaglio indicato l’altro giorno dal più noto dissidente russo, Aleksej Navalnyj, che esorta Stati Uniti e Unione Europea a congelare i beni degli oligarchi all’estero, a cominciare proprio dal padrone del Chelsea Football Club e dal suo non meno ricco collega Alisher Usmanov, proprietario dei rivali cittadini dell’Arsenal.
A “Londongrad”, come è stata ribattezzata la capitale britannica da quando i nuovi ricchi di Russia ne hanno fatta la propria meta, cresce la preoccupazione. Ma non è ancora il panico. Lungo le rive del Tamigi sono talmente grossi gli investimenti dei miliardari “venuti dal freddo”, per parafrasare John Le Carrè, che se le autorità del Regno Unito li mettessero nel mirino farebbero male soprattutto a se stesse. Oggi vivono a Londra 250 mila russi, e c’è chi dice che siano il doppio, una delle più numerose minoranze straniere nella capitale. Solo negli ultimi cinque anni, 433 di loro hanno investito in Gran
Bretagna almeno 10 milioni di sterline (12 milioni di euro), somma che dà diritto a un permesso di residenza e a richiedere poi la cittadinanza britannica (senza perdere quella russa).
Molti si trasferiscono qui apposta per mandare i figli alle scuole private inglesi, dove ora sono russi l’8 per cento degli studenti, spendendo complessivamente rette di 60 milioni di sterline (72 milioni di euro) l’anno. Sono russi il 4 per cento degli acquirenti di case di lusso nel centro di Londra, a un costo medio di 6 milioni di sterline (7 milioni e mezzo di euro) a proprietà. Sono russi il 20 per cento dei clienti delle società di investimenti basate nel paradiso fiscale delle Isole Vergini Britanniche. Alla borsa di Londra sono quotate 28 aziende russe, con un valore di mercato totale di 260 miliardi di sterline (più di 300 miliardi di euro): in confronto a Wall Street, che come piazza finanziaria è assai meno internazionale, ne sono quotate soltanto due. E molte aziende di stato russe fanno a Londra le loro offerte di acquisto: dal 1996 sono state vendute nella City 46 miliardi di sterline (60 miliardi di euro) di azioni di società con sede a Mosca.
Banchieri, broker, esperti legali, agenti immobiliari, per non parlare di ristoranti, boutique, gioiellerie, concessionari d’auto, parrucchieri per signora, personale domestico, baby-sitter, cuochi, giardinieri, ricavano denaro da questo fiume di investimenti. Basta citare per tutti il caso degli avvocati: ormai i russi vengono a Londra a risolvere le proprie dispute, confidando che qui lo stato di diritto funziona e i giudici non si fanno corrompere, sicché gli studi di Londra hanno una tariffa speciale per loro, 1500 sterline l’ora, il triplo di quella normale. In un processo durato pochi mesi, i legali della causa tra Abramovic e l’oligarca avversario Boris Berezovskij hanno guadagnato 100 milioni di sterline (120 milioni di euro).
«Al parlamento di Westminster cresce il consenso per
punire gli oligarchi di Londra », avverte il conservatore Brooks Newmark. Ma un documento tenuto sbadatamente in vista da un consigliere del primo ministro Cameron, e fotografato dai media, rivela che il governo è contrario a sanzioni contro la comunità locale dei russi. Confiscare il Chelsea ad Abramovic, come qualcuno propone, «sarebbe una reazione da repubblica delle banane — osserva il settimanale
The Economist— e porterebbe soltanto all’esodo degli oligarchi verso Hong Kong e Dubai». E con un buon avvocato potrebbero pure dimostrare che le sanzioni contro di loro sono illegali.
Qualcuno però è già fuggito: un agente immobiliare racconta di un miliardario russo che gli ha intimato di vendere le sue proprietà londinesi «immediatamente ». Londongrad, insomma, forse non ha la tremarella, ma certo non si sente più sicura come prima.