Antonella Baccaro, Corriere della Sera 22/3/2014, 22 marzo 2014
SQUINZI: QUARTIER GENERALE IN SVIZZERA? SONO TENTATO
ROMA — A via XX settembre si attende il rientro del premier Matteo Renzi dal Consiglio europeo per fare un punto della situazione, ma intanto si lavora senza sosta alla stesura dei prossimi documenti economici. «Questa missione è stata importante non per lo 0,2% del Pil ma perché abbiamo potuto capire il clima che si respira e cosa fare in un quadro di medio termine» dicono nello staff del ministro Pier Carlo Padoan. «Adesso — si aggiunge — si parleranno premier e ministro per orientare il lavoro dei tecnici».
In realtà il lavoro è già avviato e non potrebbe essere altrimenti: tra il 7 e il 20 aprile dovrà essere presentato il Def, documento di economia e finanza, insieme con il Pnr, il Piano nazionale delle riforme, che dovrà convincere l’Europa che l’Italia fa sul serio e ha deciso di spingere sul cambiamento. Non sono sfuggiti a nessuno i titoloni dei giornali tedeschi di questi giorni che ironizzavano sul vizietto italiano di tagliare le tasse senza toccare mai la spesa. E i sorrisetti di cui si è parlato saranno ingenerosi ma vanno cancellati con i fatti. Così come non sono sfuggite le parole del presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi: «Anche oggi — ha detto il numero uno della Mapei — mi hanno offerto il Canton Ticino per il nuovo head quarter aziendale: se le lungaggini burocratiche mi fanno aspettare 4-5 anni, ci penso».
Matteo Renzi, intanto, sa che deve affrettarsi se davvero vuole rispettare la promessa di arricchire la busta paga di maggio di 10 milioni di italiani con 80 euro. Per farlo bisognerà che il decreto che contiene il taglio del cuneo fiscale venga varato entro la fine del mese. Prima o dopo il Def? «Si vedrà» è la risposta del Tesoro. Ma per evitare il caos che ha già funestato l’inizio dell’anno dei contribuenti italiani conviene anticipare il più possibile.
Per questo è necessario che riprenda rapidamente il lavoro del commissario alla spending review , Carlo Cottarelli, incaricato di trovare una copertura al taglio del cuneo che Renzi ha quantificato in 5 miliardi. Ieri il lavoro svolto fin qui dal commissario è stato definito un «buona base di partenza» da Renzi, che ha criticato apertamente i tagli alle pensioni. Cottarelli ha preso bene le dichiarazioni ma attende indicazioni su dove affondare il bisturi, posto che è solo un tecnico e le scelte le fa il governo. Da mercoledì il commissario siederà finalmente a Palazzo Chigi.
Tutto qui dunque? È un problema solo di tempi e di potenza riformatrice? Al ministero dell’Economia non intendono mettersi di traverso al programma di Renzi, che al momento sembra ancora convinto di andare per la propria strada, sfruttando il margine entro il tetto del 3% del rapporto deficit-Pil per finanziare parte del taglio al cuneo fiscale. Ma certo non si nascondono che non sforare il tetto del 3% è la regola d’oro del Trattato di Maastricht mentre il Fiscal compact è un’altra cosa. «Il problema è il deficit strutturale» ripetono senza dare troppe spiegazioni. Che significa? Che la Commissione Europea stima che l’Italia quest’anno registrerà un deficit strutturale dello 0,6%, superiore all’obiettivo dello 0,2% che, in base al Fiscal Compact, dovrebbe centrare entro il 2016. Secondo l’Ue il deficit nominale nel 2015 dovrebbe scendere al 2,2% e non salire. La scommessa di Renzi è che le riforme spingano l’Italia oltre le previsioni di crescita del Pil della Commissione: +0,6% nel 2014 e +1,2% nel 2015.
A Matteo Renzi «non si possono dare voti, credo che sia ancora a casa che si sta preparando per rispondere alle interrogazioni. Quando comincerà a rispondere formeremo i nostri giudizi» ha detto ieri Squinzi. Che ha aggiunto: «Devo sfatare» il clima idilliaco descritto per l’incontro di lunedì tra Merkel e Renzi, «io ero alla cena e lei è molto austera nei nostri confronti: non è che ci abbia accolto a baci e abbracci, ha detto che non possiamo derogare dalle regole». Più in generale a chi gli chiedeva un’opinione sull’operato del governo, ha risposto: «Aspetto che si facciano le cose». Un atteggiamento guardingo che è quello ormai assunto anche dai sindacati che aspettano il premier al varco dei provvedimenti. Per Renzi aprile rischia di essere «il più crudele dei mesi».