Alessandro Barbera, La Stampa 22/3/2014, 22 marzo 2014
SPENDING REVIEW, LO STILE-COTTARELLI NON CONVINCE RENZI
Che un qualunque intervento sulle pensioni non gli garbasse granché, lo si era capito sin dai primi contatti della scorsa settimana con il commissario alla revisione della spesa. Lo raccontavano da Palazzo Chigi, lo suggeriva la logica. Quale altro neopremier ambizioso – dopo una crisi così lunga, i sacrifici già chiesti da Monti e le elezioni imminenti - avrebbe mai avuto l’ardire di iniziare a tagliare la spesa dagli anziani? Che non gli garbasse il modo in cui il lavoro di Carlo Cottarelli fosse diventato pubblico, e la lista delle priorità che ci ha trovato dentro, è invece una novità. «Sulle pensioni d’oro di chi guadagna 200mila euro un taglio lo posso capire», dice il premier da Bruxelles. «Se immaginiamo un intervento a pioggia sulle pensioni non sono d’accordo. Le risorse non le prenderemo né dai pensionati a duemila euro al mese né dai disabili». Ci sono altri settori «in cui si può fare di più e meglio». Per questo – spiega Renzi - metodologicamente, la presentazione della spending review non mi ha entusiasmato. L’analisi tecnica viene fatta dai tecnici, poi viene offerta alla politica che decide dove tagliare. Ad esempio, su auto blu e costi della politica voglio tagliare, su alcune istituzioni che costituiscono un pedaggio per gli italiani le smantelleremo una per una. Di fronte a questo quadro in alcuni settori si può dare ancora di più di quello che Cottarelli dice».
Di fronte a tali dubbi sorge la domanda? Come l’ha presa Cottarelli? «Tranquillissimo», racconta un collega che lavora a stretto contatto con lui. «Ci mancherebbe che la politica non abbia il diritto dovere di fare la sua parte». Più articolata la risposta del Commissario sulla comunicazione del piano, dietro alla quale si è consumato un retroscena. «Finché le slides sono rimaste al Tesoro, chiuse in un cassetto blindato, nulla è trapelato», sottolinea una fonte. Ma ad un certo punto – a Palazzo Chigi c’è ancora Enrico Letta – accade il prevedibile: Cottarelli consegna la bozza del suo rapporto al Comitato interministeriale per la spesa, guidato dal premier. Per prudenza l’ex funzionario dell’Fmi porta con sé solo copie cartacee. Fonti concordanti raccontano che dopo l’incontro Letta – preoccupato di non far uscire alcun dettaglio - invita Cottarelli a riprendersi ogni copia. Peccato che nel frattempo uno dei componenti si fosse portato via la sua copia, secondo alcuni proprio quella finita sul “Tempo”.
La pubblicazione della relazione – spiegano al Tesoro – sarebbe la ragione dell’errore «metodologico» citato da Renzi. Lo dimostrerebbe il fatto che nella prima delle due audizioni di Cottarelli in Parlamento – il 12 marzo – il Commissario non fornisce dettagli, né presenta slides. Alla seconda audizione – martedì scorso – il piano è ormai su tutti i giornali e Cottarelli ritiene sia inutile far finta di niente. Sarà questa la ragione inconfessabile per la quale Renzi chiede a Cottarelli di spostare il suo ufficio a Palazzo Chigi? Non è dato saperlo. Ma è un fatto che l’unica forma di comunicazione sicura – cimici permettendo - resta quella verbale. E che la prossima incomprensione – se mai ci sarà – non potrà che essere imputabile a Renzi o a Cottarelli.