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 2014  marzo 21 Venerdì calendario

LA FRATTURA TRA MARONI E PISAPIA


Di matrimonio non s’era mai parlato, ma di una dignitosa convivenza civile sì.
Sindaco Giuliano Pisapia, eletto alla Regione Roberto Maroni (elezioni anticipate un anno fa, dopo l’onda di arresti e indagini che travolse la maggioranza Formigoni, dal malaffare sanitario, alle collusioni con la ’ndrangheta, allo scandalo dei rimborsi), s’era temuto che il conflitto tra due animi di tanto opposte tendenze deflagrasse. Prima è andata bene. Sorrisi e strette di mano (compresa quella davanti all’arcobaleno dell’Expo), alla vista dei nobili traguardi lombardi e milanesi. La buona volontà s’è però esaurita: ecco il temuto conflitto e la città ne parla perché i giornali sono colmi di titoli che rispecchiano lo scontro: uno dice, l’altro replica, in rapida e ripetitiva sequenza a proposito di Expo, naturalmente, di canali navigabili, di aeroporti, di trasporti milanesi e di ferrovie regionali. Di affari e di potere, insomma. L’ottimismo scolora davanti ai problemi del presente.
Maroni s’è trovato nel grattacielo che fu di Formigoni a dirigere un baraccone costosissimo, incapace di qualsiasi scossone pratico (riforma sanitaria promessa e mai vista) o morale (vedi la questione dei vitalizi agli ex consiglieri: la spending review regionale non è riuscita a tagliare neppure un euro, e ora gli arresti dell’ex direttore e manager degli appalti).
Giuliano Pisapia sta provando tutto il peso di reggere una città senza soldi, quando la politica non è più andare di quartiere in quartiere a presentare alcune belle idee, ma è realizzare quelle idee, di fronte a scadenze che non ha di certo scelto lui, ma si è ritrovato davanti: parliamo dell’Expo, ad esempio, appena nato subito vittima di uno scontro di potere tra città e regione, quando al comando erano la Moratti e Formigoni. Dopo l’assegnazione del Bie, del Bureau International des Exposition, si sono consumati due anni di liti tra il sindaco e il «governatore», tra il sindaco e Tremonti, tra entrambi e Berlusconi, intorno a un nome (Glisenti) gradito alla Moratti e a un altro nome (Stanca, ex ministro, parlamentare con doppio incarico e buonuscita di 450 mila euro dopo quattordici mesi di nulla) gradito a Berlusconi, tra tutti quanti insieme e la famiglia Cabassi, proprietaria delle aree, e la Compagnia delle Opere, interessata all’affare delle «grandi opere». Così Pisapia ha ereditato un covo di vipere e un cantiere aperto più che una esposizione universale e di nuovo, come se il duello Formigoni-Moratti non avesse insegnato nulla, la rivalità Regione-Comune. Ultimo motivo di polemica il canale che avrebbe dovuto congiungere alcuni parchi cittadini e portar acqua all’Expo. Sollevazione popolare, perché si toccano i parchi. S’organizzano i NoCanal, barriere per segnalare i cantieri divelti, lenzuola ovunque dipinte di scritte in nero che sono insulti all’indirizzo di Pisapia. Si cerca la mediazione. Alla fine il Comune e il direttore di Expo, Giuseppe Sala, decidono di sperimentare una soluzione meno appariscente. Maroni, neppure lambito dagli insulti NoCanal, insorge: io non cedo alla violenza di alcuni facinorosi. Ma la sua esibizione muscolare presenta una traduzione propagandistica: io esisto, mentre il Comune è incapace di fronteggiare l’opposizione movimentista. Intanto niente è deciso: si deciderà stamane in un vertice a tre.
Comune incapace, lento, maldestro, incerto, a caccia di poltrone. È il leit motiv di Maroni, è l’accusa diretta o indiretta: può toccare il dopo Expo (con la proposta del Milan di costruire lo stadio, che non esalta il Comune: chi pagherà?) o l’ultima invenzione, la fusione Trenord (cioè la società tra la Regione con le vecchie Ferrovie Nord e Trenitalia) e l’Atm, cioè l’azienda dei trasporti milanese. «Il progetto della Regione – sostiene il sindaco – non ci convince». E si capisce: il Comune dovrebbe mettere a disposizione il cento per cento di Atm, ottenendo in cambio solo un terzo della governance della futura azienda, insomma concedere tutto per non contare più nulla. Pisapia esalta le qualità di Atm, il suo valore, Maroni ribatte sostenendo che la proposta della Regione stimolerebbe la nascita di un player europeo, capace di funzionare da polo di attrazione per tutto il sistema di mobilità lombardo dal ferro alla gomma (dimenticando che lo si sarebbe dovuto fare con tedeschi o svizzeri, prima di cedere all’abbraccio protettivo e mortificante di Trenitalia). Ma non s’accontenta il governatore: «Non sono interessato ad avere un uomo in più o in meno, non sono interessato alle quote. Tutte cose che invece a lui ho impressione interessino molto». Controreplica di Pisapia: «Ho il dovere di valorizzare un’azienda che sta lavorando con una efficienza altissima... Non cerco e non chiedo quote o uomini, non l’ho mai fatto, come il presidente Maroni sa benissimo». Maroni mette fretta: «Due mesi per decidere». Due mesi e tanta rapidità sono solo uno slogan e nessuno ha visto una relazione che mettesse assieme due conti e l’utilità di una simile operazione.
Andiamo avanti. Il Comune propone una società che gestisca con la Regione le case popolari. L’idea non convince Maroni: «Un piano a prima vista non soddisfacente perché aumenta i costi e non incrementa l’efficienza». La Regione chiede di acquisire quote di Sea, la società di gestione degli aeroporti milanesi, il Comune sarebbe disponibile purché non si vada oltre la soglia del nove per cento, altrimenti perderebbe la maggioranza relativa a favore del fondo F2i di Vito Gamberale. Altro l’obiettivo del sindaco: più voli a Malpensa e a Linate, perché arriva l’Expo. «Su questo – ha dichiarato in consiglio comunale – si può lavorare, nella prospettiva di un riassetto del sistema aeroportuale del nord e della Lombardia, con la Regione e col socio istituzionale F2i».
Si torna all’Expo incubo e miraggio insieme, tra inconfessabili lotte di potere, ancor meno inconfessabili appetiti, amori e disamori, dispetti: piaccia o non piaccia, si rischia di bruciare un’occasione di mercato e di tradire il grande tema, che dà il titolo alla fiera: «nutrire il pianeta». Alla schiera invece di quanti già nutrono i milanesi si è aggiunta Eataly di Oscar Farinetti, super store dell’alimentazione: centinaia in coda per i primi acquisti. In un immenso salone là dove prima brillavano musicisti, cantanti e ballerine in castigatissime mutande, allo Smeraldo, un nome, un programma, per la rinascita milanese. Speriamo non sia solo avanspettacolo.