Aldo Grasso, Corriere della Sera 21/3/2014, 21 marzo 2014
IN TV NON C’È DIVERSITÀ TRA CACCIARI E BRIATORE
Ma allora è vero che la tv omologa, come sostengono le vestali del ceto medio riflessivo? Allora è vero che la società dei consumi e dei costumi produce nella comunità post-industriale un modello umano con tendenza all’uniformità socio-culturale? Il progressismo tv (ospiti e conduttori) tende a piallare ogni cosa?
Mercoledì sera, quasi in contemporanea sono andate in onda due interviste dai contenuti simili. Su Italia 1, nel corso delle «Iene», Enrico Lucci ha intervistato Massimo Cacciari e, su La7, Daria Bignardi si è intrattenuta con Flavio Briatore.
Cacciari e Briatore, grandi lettori, hanno paradossalmente sostenuto le stesse cose. Che le nozioni di destra e sinistra non esistono più (sebbene Cacciari in gioventù abbia militato in Potere operaio e Briatore abbia votato per Almirante) e, udite! udite!, che se Matteo Renzi fallisce, per l’Italia sarà una catastrofe.
Analogie, coincidenze, casualità? Qualcuno potrebbe sostenere che Cacciari e Briatore sono sempre in tv (l’uno come ospite fisso, l’altro come il conduttore che ha trasformato un programma nel suo personale ufficio collocamento) e, com’è noto, se vai con lo zoppo… Qualcun altro potrebbe rimarcare i poteri nefasti della tv, variamente descritti come «morte dell’anima», «cattiva maestra», «genocidio culturale». Qualcun altro, infine, potrebbe citare il solito Pasolini, quando si rammaricava, dando la colpa alla tv, di non saper più distinguere un comunista da un fascista.
Dunque, per la proprietà transitiva, anche Lucci e la Bignardi sono la stessa cosa? Qui, qualche dubbio... Forse la differenza ama nascondersi, come la natura. Per esempio, se la Bignardi avesse chiesto a Briatore notizie sul grande critico Cesare Segre, recentemente scomparso (entrambi sono nati a Verzuolo, un paesino del cuneese, non è incredibile?), forse una qualche diversità, a dispetto dei pasolinismi, sarebbe apparsa.