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 2014  marzo 21 Venerdì calendario

COGLIERE LE OPPORTUNITÀ O CRESCEREMO SOLO DELLO 0,2%


Una ripresa seria dell’economia non ci sarà se il governo non farà le scelte politiche giuste in Europa. Le opportunità ci sono, ma c’è anche la possibilità di illudersi e sbagliare di grosso. I primi passi di Renzi sono giudicati positivi un po’ da tutti, ma per ora sono lontani dall’essere rivoluzionari. Secondo i calcoli della società di analisi britannica Oxford Economics, la riduzione delle tasse per 12 miliardi (su base annua) offuscata in parte dai tagli alla spesa pubblica (ipotizzati in tre miliardi) e dall’aumento delle imposte sui redditi finanziari miglioreranno la crescita dell’economia dello 0,2% rispetto allo senario di base, cioè a come andrebbero le cose se le misure non ci fossero. Il Prodotto interno lordo (Pil), dunque, quest’anno crescerà di un modesto 0,6%, invece che dello 0,4-0,5, e nel 2015 dell’1,2% (invariato rispetto allo scenario di base).
La leggera spinta all’economia verrà dai maggiori consumi innescati dal taglio delle tasse. Oxford Economics calcola che il livello della spesa per consumi sarà nel 2015 dello 0,5% maggiore di quanto sarebbe stata a politiche invariate: nel 2014, la spesa per consumi, comunque, continuerà a ridursi rispetto all’anno scorso, ma dello 0,4% invece che dello 0,6%. In sé, le misure dovrebbero portare il rapporto tra il deficit pubblico e il Pil al 3,1%: «Tuttavia — dice l’analisi — il deterioramento nella posizione di bilancio sarà parzialmente compensata dalla riduzione della spesa e dall’impatto di un’attività economica leggermente più forte». I calcoli, sia della crescita che del deficit, non tengono conto del Jobs Act, non ancora delineato, e dei 68 miliardi di pagamenti arretrati alle imprese, promessi ma per i quali non è ancora chiara la copertura finanziaria.
Queste previsioni, non troppo diverse da quelle della Confindustria, dicono che c’è molto da fare. Il deficit pubblico al 3% o sopra indica però che spazi di manovra sul versante del bilancio ce ne sono pochi. Anzi, il Fiscal compact europeo esige che i conti pubblici tendano all’equilibrio e che dall’anno prossimo il debito scenda in misura massiccia (per ora cresce). L’impressione è che Renzi segua invece una linea di «realismo estremo», che pensi cioè che alle elezioni di maggio per il Parlamento europeo l’affermazione — possibile — delle forze anti-euro faccia saltare gli equilibri di oggi e porti all’affermazione di politiche meno austere. Una scommessa pericolosa: che la Germania di Merkel e Schäuble abbandoni la politica del rigore per l’Eurozona sembra davvero improbabile.
Meglio forse puntare su un’altra finestra di opportunità, quella data dall’onda di investimenti internazionali che arriva in Europa ormai da mesi, soprattutto in Paesi come Spagna e Italia che hanno possibilità di crescita potenzialmente alte, visti i crolli degli anni scorsi. Per rendere stabili e non volatili questi investimenti, che sono una grande opportunità, occorre però rendere attraente il Paese, con riforme del mercato del lavoro, della burocrazia, della giustizia civile, attraverso privatizzazioni e con interventi sulla scuola e la formazione. Perché, come ha implicitamente ribadito ieri Barroso, Bruxelles non è la capitale dei miracoli.