Lorenzo Mottola, Libero 21/3/2014, 21 marzo 2014
BRUTI LIBERATI E L’INCHIESTA SEA: HO DIMENTICATO DI INDAGARE
Lo avevano accusato di insabbiare le inchieste, ma non è vero niente. Lui non nasconde nulla. Semplicemente - se c’è un ponte di mezzo - si scorda di indagare. Il tutto con il rischio di mandare in fumo un’indagine su un affare da centinaia milioni di euro con il Comune di Milano.
Continuano a piovere tegole sugli uffici di Edmondo Bruti Liberati, procuratore capo del capoluogo lombardo ed ex presidente di Magistratura Democratica. Un pm di stirpe nobile, spesso finito al centro di dure polemiche per le sue posizioni politiche. «Odia Berlusconi, non può giudicarlo», hanno più volte sentenziato i deputati Pdl-Fi nel corso dei processi all’ex premier. Questa volta, però, non c’entra la politica. Qui si tratta solo di banale efficienza.
LA LETTERA
A far scoppiare la polemica è una lettera ai confini della realtà di cui ieri il Corriere ha pubblicato ampi stralci. Al centro del caso si trova un manager: Vito Gamberale, numero uno di un colosso della finanza, il fondo F2i. Nel 2011 la società stava muovendo le sue pedine per arrivare a comprare il 29,75% di Sea, società che gestisce i principali aeroporti lombardi. Il Comune di Milano aveva bisogno di far cassa e si era deciso a vendere. E Gamberale - intercettato per altre ragioni - era stato registrato mentre discuteva con un suo consulente della possibilità di farsi cucire addosso il bando per chiudere l’operazione ottenendo significativi risparmi. La Procura di Firenze aveva prontamente trasmesso gli atti a quella milanese. E qui il meccanismo si è inceppato.
IL FASCICOLO
La spiegazione è piuttosto imbarazzante. Siamo di fronte a una «deplorevole dimenticanza imputabile esclusivamente a me», ha spiegato Bruti. Il fascicolo - che secondo il procuratore aggiunto Alfredo Robledo avrebbe dovuto far scattare immediatamente un’indagine per turbativa d’asta - il 27 ottobre 2011 è stato iscritto dal procuratore capo nel modello degli atti «non costituenti notizie di reato» e assegnato al capo del pool reati finanziari Greco. Dopo più di un mese il magistrato ha rispedito gli incartamenti a Bruti, spiegando che toccava al collega Robledo - competente per le turbative d’asta - accollarsi il faldone. Il tutto, però, solo dopo che i testi delle intercettazioni sono finiti su tutti i giornali.
La commedia, tuttavia, non finisce qui. Era dicembre, ormai mancavano pochi giorni all’asta. Eppure la pratica si è arenata di nuovo. La ragione sarebbe difficile da credere, se non fosse stato lo stesso Bruti a denunciare i fatti. «Purtroppo» ha scritto il procuratore a Robledo «non avendo provveduto io alla riassegnazione immediatamente dopo il “ponte”, il fascicolo è rimasto custodito nel mio ufficio». È finito in fondo a un cassetto perché «nell’imminenza della festività di S.Ambrogio/Immacolata, stante la chiusura festiva dei nostri uffici amministrativi, ho trattenuto il fascicolo nel mio ufficio». Il tutto dopo che in una riunione si era deciso di affidarlo appunto a Robledo per competenza interna. Poi, però, arriva la stoccata: «Tu (Robledo ndr ) non mi hai più chiesto notizie dopo, immagino per discrezione ». Sta di fatto che Bruti si è accorto dell’errore solo a marzo, quando sui quotidiani sono apparsi nuovi articoli sull’inchiesta sparita. E così ha scritto al collega per scusarsi.
L’ESPOSTO
Robledo, indispettito, non ha accettato le spiegazioni del suo superiore senza fiatare ma - citando altri casi, tra cui quello che ha portato agli arresti di ieri tra i dirigenti di Infrastrutture Lombarde - nei giorni scorsi ha presentato un esposto al Csm contro il suo superiore. Alcune scelte sull’assegnazione delle indagini «sono in contrasto con l’obbligatorietà dell’azione penale», ha scritto, «Ilda Bocassini e Francesco Greco sono stati privilegiati». Nel caso Sea, invece, con una comunicazione tempestiva (o almeno con un ritardo ragionevole) i magistrati avrebbero potuto attivarsi e mettere sotto controllo i telefoni di Gamberale, in modo da fare luce sulle evoluzioni. Invece si sono mossi tardi. Le indagini, infine, hanno comunque portato a un avviso di garanzia per Gamberale, oggi indagato per turbativa d’asta. Questo perché mentre le carte facevano la spola tra gli uffici della procura, F2i si è effettivamente aggiudicata la gara per le quote Sea.
Il prezzo fissato come base d’asta era di 385 milioni di euro. Il fondo ha sbaragliato la concorrenza offrendo un euro in più rispetto a quanto richiesto. L’unico altro possibile rivale - il fondo indiano Srei - avrebbe pagato 40 milioni in più, ma ha presentato la sua offerta con dieci minuti di ritardo. Secondo la Procura di Milano, però, questo disguido non è stato casuale, ma è il frutto di un accordo. Per non partecipare alla gara la società rappresentata da Vinod Sahai avrebbe strappato una quota compresa tra il 5% e il 7% delle azioni Sea a un prezzo pari a quello che sarebbe stato corrisposto da F2i.