Simone Pieranni, Panorama 20/3/2014, 20 marzo 2014
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Preservativi, elicotteri, aerei, corsi per sviluppare l’intelligenza «nel mercato finanziario»; ma anche denti di drago, teste di squalo, saliva di serpente, placenta (se bollita pare abbia benefici effetti sulla salute), robot... Tutto questo si può trovare su Taobao, il sito di e-commerce più grande al mondo.
Xi Xi, una ragazza di 30 anni, ha un altro obiettivo: scorre le pagine online e finalmente sembra trovare ciò che stava cercando. Si sofferma sulla foto di un ragazzo: Liu Jin, occhiali da sole, in camicia e cravatta. «Ci sono anche i giudizi sulle esperienze precedenti» esclama la donna. «Gli piacciono i cani; mi pare perfetto, mia madre adora i cani». Le valutazioni sono incoraggianti: «Cucina bene» ha scritto un’altra cliente. L’unico problema è il prezzo, un po’ elevato: 300 yuan al giorno, circa 40 euro. Xi Xi è a caccia di un fidanzato da affittare. Deve portarlo a casa sua, nell’Hebei, a 200 chilometri da Pechino. La tradizione cinese vorrebbe fosse già sposata e con un figlio, ma lei, come tante altre coetanee «inurbate» a Pechino, ora ha un lavoro da 2 mila euro al mese e nessuna voglia di sposarsi. Per il capodanno cinese, però, tutti tornano in famiglia e serve un fidanzato, vero o falso poco importa: Xi Xi deve soddisfare la famiglia.
Ecco: affittare il partner è l’ultima moda su Taobao. Controllato dalla società cinese Alibaba, Taobao non offre solamente un ottimo servizio online: è il più efficace termometro del clamoroso cambiamento della Cina e della sua economia. Negli ultimi 20 anni più di 300 milioni di abitanti si sono trasferiti dalle campagne alla città, e la maggior parte di loro è stata impiegata in aree che sono diventate la «fabbrica del mondo».
La società cinese ha subito una rivoluzione inimmaginabile: oggi 600 milioni di persone navigano online, ogni giorno, e per metà direttamente da uno smartphone (il wifi è ovunque). Insomma, se nel 2014 si vuole davvero entrare nella testa del Dragone, fare un clic su Taobao è il sistema migliore per farlo. Perché Alibaba è il più grande negozio virtuale al mondo: i suoi siti vendono merci per una media di 50 milioni di dollari al giorno e hanno un giro d’affari di 170 miliardi di dollari l’anno, quasi il 2 per cento del pil cinese nel 2013. È un colosso che vende più di eBay e Amazon insieme. I siti sui quali si basa sono due: su Taobao, che è il principale e anche più pittoresco, si trovano i «fake», cioè i prodotti falsi e a basso costo, e tutto quanto può essere «personalizzato»; Tmall è invece il negozio virtuale riservato ai grandi marchi.
Alibaba è nato una quindicina d’anni fa dalla vulcanica mente di Jack Ma (all’anagrafe il vero nome è Ma Yun), un manager che poco prima aveva creato le pagine gialle cinesi online. Ma, classe 1964, è un’eccezione nella nuova classe dirigente cinese: al contrario di tanti suoi colleghi miliardari, non ha studiato all’estero. Come vuole ogni leggenda, esistono molte versioni su come sia nata l’idea di Alibaba. Quella di Jack ha qualcosa di naïf, ma probabilmente è quella vera: tutto nasce nel 1999, quando il manager era a San Francisco, impegnato a realizzare il primo sito cinese di e-commerce. Poiché gli mancava un nome, una mattina aveva chiesto un parere ai clienti della caffetteria in cui si trovava. La prima parola che gli era venuta in mente era stata «Alibaba». Nel bar tutti rispondevano ridendo «… e i 40 ladroni». Jack aveva subito capito che quel nome poteva essere riconosciuto in tutto il mondo. «Alibaba non era un ladro, era una persona gentile che si occupava di business» dice oggi con un sorriso. L’anno scorso Jack Ma è stato nominato uomo dell’anno dal Financial Times, che lo ha definito «il manager che meglio di ogni altro rappresenta la frammentata realtà economica della Cina». Oggi, a soli 50 anni, Ma ha appena annunciato la sua intenzione di quotarsi a Wall Street e di volersi ritirare fra poco tempo: «Largo ai giovani» ha dichiarato.
Taobao vende prodotti che arrivano da ogni parte della Cina. E ha agito sul tessuto produttivo del paese come un formidabile ricostituente: il numero di negozi online nelle zone agricole del paese è aumentato di quasi il 50 per cento dal 2012, e oggi gli shop online «rurali» sono più di 1 milione. Sette aree del paese, sulle dieci nelle quali l’e-commerce sta crescendo più velocemente, sono zone rurali. Sono nati così i «villaggi Taobao». Qingyanliu, un grosso centro nella provincia cinese dello Zhejiang, è il perfetto esempio di questo fenomeno. Qui oltre 2 mila aziende spediscono 100 mila pacchi al giorno via Taobao e fatturano 126 milioni di dollari l’anno. Sono spesso consorzi di commercianti che, sfruttando anche la possibilità di ottenere miniprestiti da Alibaba, hanno potuto creare start-up che utilizzano l’online per vendere i loro prodotti in tutto il mondo.
Uno di questi nuovi imprenditori cinesi racconta così i vantaggi della vendita su Alibaba: «Non c’è praticamente alcuna spesa; non serve pubblicità; non ci sono costi d’affitto del negozio; il proprietario può fare tutto da solo, al massimo con la moglie». Insomma, se è vero (com’è vero) che i cinesi sono commercianti nati, Alibaba non ha fatto altro che dare loro lo strumento giusto per esprimersi al meglio.
Certo, Taobao finisce per mostrare in sé anche le contraddizioni della società cinese: ai primi di marzo il sito vendeva le magliette nere, garantite come «originali», utilizzate dai terroristi per sferrare l’attacco alla stazione dei treni di Kunming, nel sud della Cina, dove 8 uomini armati di coltelli pochi giorni prima avevano fatto 33 morti. Le autorità hanno subito vietato il macabro commercio, ma ormai la notizia si era diffusa online. Qualche anno fa era accaduto più o meno lo stesso con il «barile magico»: Taobao chiedeva 500 dollari per un beverone a base di frutta e verdura, che prometteva di guarire dal cancro. Il successo fu immenso: il venditore annunciò la fine delle scorte. Poi l’inchiesta di un quotidiano cinese permise di scoprire che nel «barile magico» altro non c’era che spazzatura, proveniente dal Giappone. Uno scandalo recente ha riguardato anche la vendita di kit per la trasfusione di sangue, sospettati di essere veicolo d’infezioni.
Uscito indenne da queste negatività del passato, oggi Taobao viene comunque usato sempre più. Da anni le grandi città cinesi sono note per l’inquinamento e interi quartieri spesso vengono chiusi dalle autorità, che invitano a non uscire di casa e a non mandare i bambini a scuola. Così elemento imprescindibile della vita urbana sono diventate le mascherine filtranti. Dove trovarle? Su Taobao, ovvio: ci sono quelle vere e quelle false, da 3 a 30 euro. Con un paio di clic le compri e ti arrivano a casa il giorno stesso. Ormai i negozi reali non le vendono praticamente più; gli stessi gestori dei «xiaomaibu», le tipiche bottegucce cinesi dove si trova di tutto, dicono al cliente: «Prendile su Taobao ». Per restare nell’ecologia, insieme con le mascherine va per la maggiore la vendita di incredibili lattine, contenenti «aria pulita».
Su Taobao si trovano prodotti a basso prezzo e quelli «tailor made», che spopolano in Occidente: del resto, l’acquisto può partire da qualsiasi parte del pianeta. Lo dimostra il successo dei designer francesi Amélie Peraud e Pierre-Yves Babin, che su Taobao vendono abbigliamento e accessori ispirati da abiti tradizionali cinesi, i qipao: «Per impostare e progettare la nostra pagina su Taobao, un team di 3 persone ha lavorato per un mese, a un costo totale di 20 mila yuan (poco più di 2 mila euro, ndr)» hanno raccontato i due stilisti. Risultato del piccolo investimento? Babin dice di avere raggiunto online una clientela, a livello nazionale e internazionale, infinitamente più vasta di quella che frequentava il loro bel negozio a Sanlitun, quartiere della movida pechinese.
Online spopolano anche gli abiti da sposa: sono disegnati da sarti locali, che poi li spediscono in Occidente. Ma grazie a Taobao ha svoltato anche Nicolas, un piccolo gioielliere francese. Aveva un negozio nel quartiere di Sanlitun, a Pechino, «ma ormai» dice «qui l’affitto di una bottega, anche piccola, costa da 3 a 4 mila euro al mese». Allora Nicolas ha mollato tutto e ha cominciato a vendere i suoi gioielli su Taobao. «Oggi» sorride «incasso due o tre volte al mese il costo dell’affitto del negozio».
C’è chi si è dedicato alle torte. Mark Huetsch, un americano laureato a Stanford, una volta arrivato a Pechino è rimasto deluso dalla carenza di buoni dolci. «M’è venuta l’idea di produrli da solo» racconta. Mark ha creato direttamente il suo negozio online, risparmiando sull’affitto, e ha cominciato a vendere su Taobao con risultati eccellenti: oltre 200 ordini al giorno.
Ci sono poi i prodotti più tecnologici. Uno dei settori più in voga al momento è quello delle «dash cam», le videocamere sui cruscotti delle auto impiegate per riprendere furti o incidenti. Vanno molto in Russia e negli Stati Uniti, ma cominciano a essere richieste anche in Europa. I commercianti di Taobao l’hanno già capito e stanno vendendone moltissime nel Vecchio continente, Italia compresa. E se un acquirente volesse di più? Su Taobao può spingersi oltre, perché dalla fine del 2013 si trovano anche elicotteri e aerei: un elicottero Eurocopter Ec120 Colibri, per esempio, è attualmente in vendita per 16,8 milioni di yuan (2,75 milioni dollari). Troppo caro? Ci si può accontentare di un aereo monomotore J160C Jabiru, australiano, per 1 milione di yuan (167 mila dollari).
Ma Taobao pensa a tutti, perfino ai single incalliti. Quelli che, al contrario di Xi Xi, non vogliono affittare un partner, ma godersi lo status. Ogni 11 novembre in Cina è il loro giorno e Taobao viene letteralmente preso d’assalto: nel novembre 2013 il negozio online ha venduto prodotti per 6 miliardi di dollari in 24 ore. «La giornata del single», del resto, è stata un’altra intuizione di Jack Ma: è stato lui a lanciarla, una decina d’anni fa. «I single possono confortarsi con un bel prodotto elettronico o qualcos’altro» sentenziarono all’epoca gli strateghi di Alibaba. Anche quelli con gusti particolari: oggi possono acquistare perfino la «sex-doll» di David Beckham.
A metà marzo, quel geniaccio di Ma ha fatto un giro per l’Europa a caccia di partner. È venuto anche in Italia, dove ha incontrato il premier Matteo Renzi: gli ha suggerito che molte aziende del made in Italy potrebbero fare affari con Alibaba, a partire dall’agroalimentare. «Siamo venuti qui a convincere i vostri produttori e i venditori» ha detto. «In Cina siamo riusciti a distribuire 300 tonnellate di ciliegie raccolte negli Stati Uniti. Perché non farlo dall’Italia?». Già. Perché no?