Paola Tavella, Amica 20/3/2014, 20 marzo 2014
CHI HA PAURA DEI ROSSI
Messico, primi Anni 80, prima lunga avventura oltreoceano. L’amica con cui viaggio ha lunghissimi capelli rossi, lentiggini e occhi verdi. Nelle città la gente si volta a guardarla, o la indica. Mentre ci spingiamo nell’interno, le strane reazioni diventano più frequenti. Chi si fa il segno della croce, chi ci rifiuta una camera d’albergo, chi scende dall’autobus mormorando scongiuri. Un vecchio sputa tre volte per terra quando la mia amica gli passa vicino. I bambini di un villaggio sulla costa le si affollano intorno, vogliono toccarle i capelli. Una madre esce dall’uscio di casa urlando, spaventata, e ripete una parola che non conosciamo: bruja, bruja. Cerchiamo sul vocabolario, vuole dire strega. Lei scoppia in lacrime e mi racconta che in Corsica gli anziani, vedendola passare, sputavano per terra perché i rossi “lasciano l’amaro in bocca”. Aggiunge che gli inquisitori ritenevano che il pelo color fiamma fosse rubato dal fuoco dell’inferno e che portasse dritto al rogo purificatore. Tornata in Italia ha considerato l’ipotesi di accettare un’offerta di lavoro a Londra, per scoprire che nella moderna Gran Bretagna, pur essendoci un’alta concentrazione di persone con i capelli rossi, i termini ginger o ginga vengono utilizzati per descrivere spregiativamente i fulvi, e che esistono parole come gingerphobia (paura dei rossi) o gingerism (pregiudizio nei confronti dei rossi). Quindi si è tinta i capelli di nero, e nera è rimasta fino a 40 anni. Le cose non devono essere molto cambiate se un libro pubblicato da Fabrica, intitolato The Beautiful Gene e firmato dalla fotografa ventottenne Marina Rosso, mette in guardia dalla gingerphobia attraverso una cinquantina di ritratti di persone rosse di capelli, alcune delle quali le vedete in queste pagine, tutte immobili davanti a un medesimo sfondo, alla stessa distanza, con la medesima luce.
Enrico Bossan, direttore di Colors, che ha creduto in questo progetto e l’ha sostenuto, sottolinea che le immagini sono così potenti ed eloquenti da non richiedere informazioni. Le foto (esposte di recente alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo a Torino) valorizzano un’idea in cui si incrociano scienza, linguaggio visivo ed etica:
«Ho letto un articolo del Daily Telegraph», spiega Marina Rosso, «dove veniva spiegato che chi si sottopone alla fecondazione assistita ricorrendo a un donatore di sperma, di cui può scegliere alcune caratteristiche genetiche, esclude sistematicamente quelli dai capelli rossi. E questo a prescindere dalla provenienza sociale, geografica e dall’identità sessuale di chi viene selezionato. I casi analizzati erano per il 50 per cento madri single, per il 20 coppie omosessuali, per il 30 eterosessuali». Ce n’è abbastanza da immaginare un rischio di eugenetica. «Il tema del gene rosso recessivo è molto trattato», prosegue Rosso, «ma io sono interessata piuttosto a far riflettere sul fatto che, se tutti ci riproducessimo in vitro, molto probabilmente i rossi scomparirebbero». I precedenti sono poco rassicuranti, i nazisti si domandarono a lungo se consentire alle persone dai capelli rossi di sposarsi fra loro, nel timore che la progenie fosse “degenerata”.
Nel suo libro I colori del nostro tempo (Ponte alle Grazie), Michel Pastoureau, che insegna storia del Simbolismo in Occidente all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, scrive che il rosso è ambiguo e perturbante. Da una parte colore archetipo, tanto che in molte lingue una sola parola indica rosso e colorato, o bello, addirittura ricco. Nell’antica Roma la porpora era riservata agli imperatori. Nel Medioevo all’aristocrazia. Fino al XIX secolo nella società rurale ci si sposava vestite di rosso. D’altro canto è anche la tinta satanica, associata alle fiamme dell’inferno, ai capelli di Giuda, al pelo della volpe astuta e ipocrita, dell’uomo cupido e orgoglioso. È il colore del marchio di infamia (la lettera scarlatta), del pericolo, del divieto, dell’abito del boia, della rivoluzione. Tale ambiguità investe anche le persone fulve, per un verso più fragili ed esposte (per esempio al melanoma) ma considerate anche potenzialmente esplosive e passionali, dotate persino di magici poteri. «Fin da piccola so di essere diversa, unica», dice Maria Luisa, infermiera romana. «Finché non ho trovato il mio pubblico, mi prendevano tutti in giro e mi sentivo brutta. Poi gli uomini hanno cominciato a dirmi che una ragazza con i capelli rossi era un sogno segreto». Laura, che lavora a Milano come copy ma è veneta, ha avuto i capelli rossi fino a 27 anni, ora ne ha dieci di più ed è ormai diventata molto bionda. Bambina e adolescente, soffriva e desiderava tingerseli, perché nel suo paese tutti le dicevano che “il migliore dei rossi ha ucciso sua madre”. Invece è andata a tagliarseli: «Con mio grande stupore il parrucchiere ha conservato le mie chiome per venderle». A 21 anni ha cominciato a sentirsi speciale, ma è durata poco: «Deve essere vero che i pensieri creano la realtà, perché i miei erano intrisi di mortificazione per i miei capelli, quindi loro hanno cambiato colore da soli. Ora mi spiace, essere bionda è cosi banale». I due figli di Antonella, commerciante genovese rosso carota, sono nati bruni con appena qualche riflesso più chiaro, e a lei dispiace. Sua madre era rossa, suo padre scuro ma con la barba rossa. «È un gene recessivo», dice. «Siamo molto rari. Io poi appartengo a una sottospecie ulteriore, quella con capelli fiammeggianti e occhi scuri». La caratteristica di avere capelli e peli rossi si chiama rutilismo, e dipende da livelli molto alti di feomelanina (dalla pigmentazione rossastra) e a livelli molto bassi di eumelanina (dalla colorazione scura).
Il colore si manifesta nelle persone con due copie mutate di un gene recessivo che si trova sul cromosoma 16. Ciò significa che, anche se i due genitori non hanno i capelli rossi, possono ugualmente essere portatori del gene e dunque avere un figlio con la chioma fiammeggiante. Le probabilità aumentano al 50 per cento, se uno dei due genitori è fulvo e l’altro è portatore del gene. Di conseguenza i salti generazionali sono piuttosto comuni. In genere i capelli rossi sono associati a una carnagione molto chiara, a causa dei livelli bassi di eumelanina. Questo costituisce un vantaggio nei Paesi molto a Nord o particolarmente nuvolosi, perché anche scarse quantità di luce sono sufficienti a produrre vitamina D e a sviluppare uno scheletro robusto e forte. Si ipotizza che sia stata una selezione naturale a rendere questo colore raro nei Paesi dal clima caldo e, invece, tipico in quelli dal clima freddo. BritainsDNA, una società coinvolta molto da vicino nella ricerca scientifica e specializzata nello studio genetico di alcune variabili ereditarie, ha analizzato il Dna di 4mila casi di rutilismo e ha concluso che la chioma fulva sarebbe una risposta fisiologica a determinate temperature e condizioni atmosferiche ancestrali.
La globalizzazione e l’aumento delle migrazioni contribuiscono alla sua scomparsa, e già adesso riguarda una percentuale media fra l’1 e il 2 per cento della popolazione. Una quota di rossi che oscilla dal 2 al 6 per cento si trova in Nord Europa, ma la nazione in assoluto, con il maggior numero è la Gran Bretagna, in particolare le chiome fulve abbondano in Scozia e Irlanda, rispettivamente il 13 e il 10 per cento della popolazione. La rarità e l’aura misteriosa dei rossi li ha resi un feticcio per alcuni artisti, come Gustav Klimt e Dante Gabriele Rossetti, e in tempi moderni il pittore olandese Bart Rouwenhorst che voleva fare il ritratto di 15 persone con i capelli rossi, così ha messo un annuncio cercando i suoi modelli, e ha ricevuto centinaia di risposte. Ha finito con l’organizzare nel suo Paese un festival annuale delle Teste Rosse, a Breda, dove raduna migliaia di persone con chiome di tutti i toni, dall’arancio al carota, al rosso scuro, basta che il colore sia naturale. Per due giorni assistono a incontri scientifici e dibattiti, visitano mostre, partecipano a picnic, party, tour in canoa nei canali. Sembra nascano anche parecchi nuovi amori, una speranza contro il rischio di eugenetica e di estinzione.