Gianluca Paolucci, La Stampa 20/3/2014, 20 marzo 2014
LA SIGNORA D’ACCIAIO DI MPS ORA PUNTA A RESTARE TRA I SOCI FORTI
«Sono un’imprenditrice, non una giocatrice d’azzardo. Abbiamo valutato i rischi e i benefici e sulla base di quello abbiamo deciso». Antonella Mansi liquidava così chi ieri parlava di «scommessa vinta» dalla Fondazione Mps sul rinvio dell’aumento di capitale della banca senese e sulla ricerca di compratori a prezzi più elevati rispetto ai pochi centesimi offerti ai primi di dicembre. Sta di fatto che in dicembre, quando la Fondazione senese decise di andare allo scontro con i vertici di Mps nessuno, nel mondo della finanza italiana, era disposto a scommettere un soldo bucato sulla possibilità di vendere il 12% al prezzo di 0,24 euro per azione, ripagare tutto il debito residuo dell’ente e restare con tempo e azioni in misura sufficiente per provare a restare tra gli azionisti rilevanti della banca più antica del mondo.
D’altronde quando questa signora mite ed elegante si era insediata a Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione stretta tra 340 milioni di debiti e un aumento già in vista da 3 miliardi per banca partecipata, in molti avevano storto il naso pensando ad una presidenza «di campanello». Una bella faccia che avrebbe avuto poco da perdere e nulla da decidere, perché tutto sarebbe stato deciso altrove. Qualche mese dopo,quando la Mansi decise di andare allo scontro con Alessandro Profumo e Fabrizio Viola chiedendo di spostare l’aumento da gennaio a maggio, gli stessi osservatori avrebbero riconosciuto a questa imprenditrice quarantenne di certo un gran carattere ma ancora una scarsa visione strategica.Dopo l’operazione di martedì, anche gli ultimi scettici dovranno riconoscere che,se non ancora la guerra, Antonella Mansi ha vinto una battaglia storica.
La vicepresidente di Confindustria non si nasconde le difficoltà. Quella di martedì è «un’operazione più finanziaria che strategica», dice ancora la Mansi, Mps, commentando la vendita a sorpresa del 12 per cento di Mps conclusa ieri. Massimo riserbo sugli acquirenti, anche se il dato di fatto è che le trattative per la ricerca di un socio stabile vanno avanti. Il pacchetto venduto tramite Morgan Stanley sarebbe finito ad una serie di soggetti, perlopiù fondi americani, che non risolvono il problema di dare un nuovo assetto stabile all’azionariato di Montepaschi.
Così le trattative proseguono, con il doppio obiettivo di restare socio rilevante di Mps e allo stesso tempo poter diversificare l’investimento e di dotare la Fondazione delle risorse sufficienti per onorare i propri impegni sul territorio. Altra battaglia impegnativa, per la Mansi, che ieri ha comunque incassato i complimenti di coloro che le avevano creduto fin dall’inizio, di quelli che avevano solo sperato avesse ragione e anche di quanti avevano subito le sue scelte. A cominciare dal presidente di Mps, Profumo. Che ieri commentava la vendita della quota come «un’ottima cosa, frutto anche del lavoro fatto dalla banca». Mentre il sindaco di Siena Bruno Valentini, che nei giorni caldi della ricerca del nuovo inquilino di Palazzo Sansedoni non nascondeva le sue preferenze per tutta una serie di altri nomi, ieri ha spiegato ai giornalisti in una conferenza stampa convocata con solerte urgenza: «Rivendico il merito di aver saputo scegliere Antonella Mansi al momento giusto. L’avessimo fatto prima non saremmo qui». Di certo sarà difficile adesso non chiederne la riconferma quando in aprile scadrà il suo mandato.
Lontano dalle beghe senesi, la Piazza Affari il titolo è rimasto sotto i riflettori, con scambi pari all’11% del capitale e un prezzo in calo del 2%.