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 2014  marzo 20 Giovedì calendario

L’EUFORIA (IRRAZIONALE) SU ATENE E MADRID


Una banca normale che fa utili adeguati dovrebbe quotare almeno il suo intero capitale netto. Cioè almeno il denaro che i soci nel tempo hanno versato nelle casse della banca. Ma parlare di banche normali dopo la più grave crisi finanziaria del dopoguerra è difficile. La redditività sul capitale dell’intero sistema si è quasi azzerata dal 2009 in poi e in alcuni casi, leggi Mps o il Banco Popolare in particolare, è tuttora negativa. E allora non c’è da stupirsi che le nostre banche, nonostante il poderoso rimbalzo sul listino in atto dall’estate scorsa, quotino ancora oggi meno del loro patrimonio netto. Nel caso di Intesa, il più rappresentativo istituto domestico, abbiamo secondo i dati Reuters un valore di 0,7 volte il capitale netto a fronte di un Roe poco sopra il 2%. E che dire del Banco Popolare che quota ancora meno (0,4) dato che chiude con l’ennesimo anno di perdite? I flussi di capitale anche stranieri sono tornati sulle banche italiane, ma pesano ancora le incognite sulla metabolizzazione nei conti del gigantesco cumulo di sofferenze da svalutare. Ma il mercato sembra strabico. Le banche greche e spagnole non sono certo guarite dai postumi della crisi. Molte di loro chiudono tuttora in perdita. Però in Borsa valgono molto. Bankia addirittura quota 1,4 volte il capitale; National Bank of Greece 1,5 volte. Siamo in un’evidente sopravvalutazione cui fa da contraltare la relativa sottovalutazione delle italiane. Forse sono gli aiuti pubblici (Grecia) e la bad bank (Spagna) ad aver euforizzato gli investitori. Cosa che non è avvenuta in Italia.