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 2014  marzo 20 Giovedì calendario

UNA COLOMBA FURBA A WALL STREET


Quale sarà l’atteggiamento nei confronti di Wall Street della prima presidente della Banca centrale americana (Fed) alla sua prima uscita? Userà il bastone o la carota? Ovvero: proseguirà nella netta riduzione della politica monetaria espansiva, come vorrebbero i falchi, oppure rallenterà la velocità, o addirittura invertirà la rotta, confermando la sua fama di colomba? Erano questi gli interrogativi che hanno fatto crescere l’attesa per le prime decisioni di Janet Yellen. La risposta è stata chiara: il bastone della conferma della riduzione della crescita monetaria, unita alla carota della scomparsa del riferimento quantitativo più osservato - il tasso di disoccupazione - che avrebbe sancito la fine della crescita stessa. Insomma, le probabilità di un rientro alla normalità si allontanano. La presidente della Fed era di fronte ad un bivio: confermare la strategia disegnata da Ben Bernanke o modificarla? La strategia definita dal suo predecessore poggiava su due pilastri: da un lato, mantenere prossimi allo zero i tassi a breve; dall’altro, continuare a espandere la moneta primaria, ancorché a ritmi decrescenti. Quindi una politica ultra espansiva, ma calante, condizionata sia alla fine dell’emergenza economica - fissata da una discesa della disoccupazione sotto il 6,5% - che a quella dell’assenza di surriscaldamenti dei prezzi - sancita da un’inflazione minore del 2,5%. La strategia di Bernanke aveva preso tardivamente atto che le politiche ultra espansive hanno effettivi selettivi e temporalmente definiti. La prima iniezione di liquidità del 2009 aveva avuto efficacia in termini di stabilità finanziaria, evitando una crisi ancor più profonda di Wall Street e le sue banche. Le successive iniezioni hanno continuato a far crescere volumi e prezzi dei mercati, senza contraccolpi sulla dinamica dei prezzi al consumo, ma anche con effetti sulla crescita economica reale assai minori di quelli attesi. La situazione di trappola della liquidità - che la Fed ha finto di non riconoscere - richiedeva politiche strutturali efficaci che incidessero sulla stagnante produttività dell’offerta - e del corrispondente livello anemico di crescita e tasso di interesse reale - nonché di politiche fiscali che irrobustissero la domanda. L’assenza delle une e delle altre politiche hanno visto la Fed svolgere un ruolo di supplenza - gradito all’amministrazione Obama - che ha avuto come unico effetto diretto l’uscita dalla crisi della finanza e delle banche americane e come riflesso un miglioramento delle condizioni finanziarie di imprese e famiglie; quest’ultimo può aver contribuito alla risalita dalla recessione. L’uscita dalla crisi delle banche è stata anche agevolata da una riforma della regolamentazione che ancora oggi non ha affiancato alle vulnerabili regole prudenziali interventi più efficaci di tipo strutturale. Bernanke, dopo non essere riuscito nel 2013 a riportare alla normalità la politica monetaria, proprio per le negative reazioni dei mercati, ha lasciato l’onere alla nuova presidentessa. La lezione americana sul respiro corto delle politiche monetarie ultra espansive è peraltro in ottima compagnia, visto le piroette a cui sono oggi costrette sia la Banca d’Inghilterra che la Banca del Giappone per provare a dimostrare che le loro strategie aggressive hanno avuto, hanno o mai avranno un qualche effetto sull’economia reale. Tali lezioni dovrebbero far ragionare chi continua a coltivare l’illusione che un simile approccio dovrebbe essere adottato anche dalla Banca centrale europea, che per di più si trova ad agire non solo in un perdurante contesto di trappola della liquidità, ma anche in un sistema bancocentrico, in cui è vano sperare nell’effetto finanziario riflesso "all’americana" dell’espansione monetaria. Yellen ha dunque ereditato una strategia mirata a far cessare una politica monetaria ultra espansiva, prima che da tendenzialmente neutrale per la crescita diventi prima o poi addirittura tossica, attraverso il rischio bolle, inflazionistiche e/o finanziarie. Gli ultimi dati macroeconomici prima delle decisioni di ieri descrivevano una situazione sul mercato del lavoro molto vicina al livello del cessato allarme - 6-7% - quindi favorevole ad una conferma della strategia di Bernanke. In questo senso, i membri della Fed più preoccupati del rischio bolle - i cosiddetti falchi - auspicavano un proseguo del cammino di riduzione dell’espansione monetaria. Di avviso opposto le colombe: il sistema economico che hanno in mente vede l’espansione monetaria ancora come una medicina per la crescita, magari con un costo da pagare in termini di rischio bolle, comunque ragionevole. Ed è un mondo, che - almeno in questo frangente - piace molto a chi vede nella liquidità il suo carburante a basso costo, appunto Wall Street. Alla fine la Yellen ha deciso di continuare la riduzione dell’espansione monetaria, ma di annacquarne il significato segnaletico, facendo sparire i riferimenti quantitativi al tasso di disoccupazione. Una furba colomba, non c’è che dire. Wall Street, che accarezzava il sogno di uno stop al rientro dall’inondazione monetaria, borbotta - così come fece con Bernanke - ma sotto sotto continua a fregarsi le mani.