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 2014  marzo 20 Giovedì calendario

COME UN ROMANZO IL TENNIS DI FLAVIA

Li chiamano romanzi di formazio­ne, Bildungsroman, se vi va di fa­re i saputi. La vita tennistica di Fla­via Pennetta ne ricorda le caden­ze, le trame, ne espone e cataloga gli stupori e le fragilità, enunciate come fossero appunti su un’a­genda di cose da fare, cui mettere riparo. Con­divide con i lettori le discese e le risalite, che tutti noi sappiamo essere ardite, da Lucio Bat­tisti in poi. Narrano, quei romanzi, l’evolu­zione di un giovane dal tempo dei rossori fi­no all’età adulta, e si attribuiscono il compi­to di mettere in guardia, perché la vita non è esattamente facile come vorremmo che fos­se, né mai troppo spensierata.
Quella di Flavia, dai primi dritti alla vittoria di Indian Wells, basterebbe scriverla in forma di cronaca minuta, senza indulgenza alcuna al genere avventuroso. Niente è cambiato, eppu­re tutto esiste in altra maniera.
Da Brindisi a Roma, a Milano, alla Spagna, tra­dita dal fisico già al primo impatto con il suo dolce mestiere, ché così lei chiama il tennis. Debilitata da un brutto virus, a intendere che il seguito sarà una continua ribellione a tutto ciò che si frapporrà fra lei e la meta ultima: diven­tare tennista, atleta, e donna. Così gli amori, il più grande con Carlos Moya, quando lui era u­no dei numeri uno del nostro sport, distruttivi al punto da ridurla un cencio, smagrita e sen­za forze. Capita, a un passo dal matrimonio, se lui decide di sposare un’altra.
Così gli approdi, che sono stati alti mentre al­tre ottenevano più di lei. Così i ritorni, ostina­ti quanto la sua lealtà nei confronti di se stes­sa e degli altri, culminata in una conferenza stampa nella quale, con coraggio e senza la­crime, dichiarò di essere pronta a farsi da par­te, «perché già molto ho avuto da questo sport, e voglio continuare a frequentarlo solo se sarò in grado di onorarlo...».
Si era a Wimbledon, un anno fa. E Flavia era caduta al numero 166 della classifica, lei che tre anni prima era stata la prima italiana nel­la Top Ten, al decimo posto, e addirittura la numero uno in doppio. Sul più bello il polso destro aveva ceduto. «Sarà banale, ma nel tennis avere un polso guasto è come per un violinista una ferita sui polpastrelli». Tre me­si di ferma obbligata, un’operazione chirur­gica delicata, la riabilitazione, altre settima­ne perse nel nulla, poi il ritorno fra l’incer­tezza di non essere più in grado di dare for­ma geometrica ai suoi pensieri tennistici e la paura di farsi male di nuovo.
Fasciature, impacchi, montagne di ghiaccio avvolto nelle buste di cellofan legate al brac­cio con il nastro adesivo dei muratori. L’im­provviso addio al coach che l’aveva guidata sin dalla gioventù, Gabriel Urpi, Gaby, un fra­tello più che un padre, da lei stessa sospinto verso nuovi incarichi, perché in quelle condi­zioni «continuare con me poteva significare una perdita di tempo e di soldi», e tutti, si sa, tengono famiglia. Persino il matrimonio del­la sua migliore amica, Gisela Dulko, doppista con Flavia in campo e nel girovagare per il cir­cuito. Sposa di Gago, il calciatore che a Roma non riuscì a far parlare di sé. Una felicità, quel­la di Flavia per l’amica, mitigata da un pensiero che a 31 anni (ora sono 32) può far male… «So­no rimasta davvero sola». Ma da quel Wimbledon, e da quelle parole, si sono determinate le condizioni della riparten­za. Quasi Flavia avesse giocato in contropiede con se stessa. Ottavi sull’erba, semifinale (la pri­ma) a suon di derby conquistata agli Us Open, quarti di finale agli Open d’Australia. Ora la vit­toria a Indian Wells, il torneo da un milione di dollari. Non solo. C’è un numero dodici in clas­sifica, a due passi dal traguardo toccato il 17 a­gosto del 2009, quando gli anni da portare in campo erano solo 27. E c’è una nuova storia che piace molto agli italiani, che la vede legata a Fabio Fognini, il più forte fra i tennisti azzur­ri. Amore? «Ci supportiamo». Oggi si dice così. Il romanzo finisce qui. Più o meno. «Cercavo me stessa», dice Flavia, «e l’ho trovata. Mi è costa­ta fatica, ma è bellissimo esservi riuscita». Non finisce qui il tennis. Flavia potrà addirittura mi­gliorare, perché nei punteggi che vanno e ven­gono lei non ha niente da scartare fino al pros­simo Wimbledon, dunque potrà solo crescere. Tornerà fra le prime dieci, batterà il suo record, e sarà ancora più felice di come l’abbiamo vi­sta sul campo di Indian Wells. «Mi viene da ri­dere e non smetterei di farlo». Sapete, i roman­zi di formazione terminano spesso con una ri­scossa personale. Ma se a essa si unisce un sor­riso, valgono un best sellers.