Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  marzo 20 Giovedì calendario

NOMINE RENZI ROTTAMA TUTTI


Il governo di Matteo Renzi ha deciso: per le nomine pubbliche è arrivato il momento della rottamazione, tutti a casa. La posizione ufficiale dell’esecutivo è “non parliamo di poltrone, parliamo di aziende”. Ma uno dei collaboratori più stretti di Renzi, il sottosegretario Angelo Rughetti che da mesi studia il dossier nomine, spiega: “I sindaci non possono candidarsi più di due volte, i parlamentari del Pd non superano i tre mandati, perché i manager dovrebbero fare più di tre giri nella stessa azienda? Se proprio sono così bravi possiamo farli ruotare”.
LA STRATEGIA RENZIANA è ormai definita in tre stadi. Primo: chi ha fatto più di tre mandati se ne va. Quindi saranno congedati Paolo Scaroni (Eni), Flavio Cattaneo (Terna), Fulvio Conti (Enel) e Massimo Sarmi (Poste). A cascata cadranno i vertici di Finmeccanica, anche se di fresca nomina: Gianni De Gennaro e Alessandro Pansa. Secondo punto: lo Stato deve usare le aziende partecipate per fare politica industriale, non limitarsi a incassare dividendi (i manager in scadenza hanno invece usato molto la tattica di staccare lauti assegni per i soci alla vigilia della possibile riconferma). I renziani hanno una lista di esempi precisi: Finmeccanica deve usare il settore militare per elaborare tecnologie utilizzabili nel civile, non limitarsi a vendere missili ed elicotteri da guerra. L’Eni deve essere uno strumento di politica estera, oltre che di produzione di utili. L’Enel non dovrebbe trasferire troppe funzioni, come il settore legale ai suoi rami spagnoli, ma tenere il più possibile in Italia servizi e posti di lavoro. Le Poste devono impiegare meglio il risparmio che raccolgono (oggi in gran parte investito nella Cassa depositi e prestiti) e usarlo per sostenere la ripresa italiana. I manager saranno scelti da Renzi e dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, l’azionista di controllo, tenendo conto di queste priorità. Gli sherpa per le trattative sono il sottosegretario Luca Lotti e il capo di gabinetto del Tesoro Roberto Garofoli.
Terzo stadio dello stile renziano per le nomine: scegliere nomi noti, fidati e con una reputazione non contestabile. É quasi impossibile che Andrea Guerra e Vittorio Colao lascino le loro aziende (Luxottica e Vodafone) per l’Eni o l’Enel, sono vincolati da troppe stock option. Ma ci sono Francesco Caio, oggi ad Avio, pronto per le Poste, Giovanni Castellucci di Autostrade per l’Italia per l’Enel (o anche FrancescoStarace di Enel Green Power se prevale la scelta interna). Per l’Eni ci sono l’interno Claudio Descalzi oppure l’ex capo di Saipem Stefano Cao. Oppure, con un ritorno a vent’anni fa, Franco Bernabé, papabile anche per Finmeccanica. Nel giro del totonomine c’è anche Luigi Gubitosi, pronto a lasciare la Rai un anno prima della scadenza per Poste o Enel.
Dopo mesi di voci, ammiccamenti e negoziati sotterranei, il risiko è già cominciato. Un indizio è il caso di Giuseppe Recchi: il presidente dell’Eni è il candidato per la presidenza di Telecom indicato da Telco, l’azionista di controllo. Sarà battaglia in assemblea con Vito Gamberale, sostenuto dalla minoranza, ma il nome di Recchi è emerso pochi giorni fa dopo che Telco ha rinunciato a candidare il prodiano Massimo Tononi. Se non viene confermato neppure Recchi, il più nuovo dei vecchi, relativamente giovane e al primo mandato, allora nessuno può stare tranquillo. Anche Flavio Cattaneo è candidato di Telco al cda di Telecom, come consigliere indipendente senza deleghe. Una carica compatibile con la guida di Terna, ma anche un utile gancio con una nuova carriere dopo la quasi certa fine dell’esperienza alla società della rete elettrica.
C’è poi un atto formale che certifica la bellicosità delle intenzioni renziane. Il ministero del Tesoro e la Cassa depositi e prestiti hanno mandato una lettera alle società di cui sono azionisti: chiedono che l’assemblea convocata per approvare il bilancio, in primavera, modifichi anche lo statuto per recepire la direttiva ministeriale sulle nomine, che tutti consideravano dimenticata sui fondi dei cassetti.
LE AZIENDE devono cambiare i requisiti di onorabilità: gli amministratori decadono o diventano ineleggibili se subiscono una condanna, anche in primo grado, ma anche se vengono semplicemente rinviati a giudizio per reati contro la Pubblica amministrazione, tributari o contro il patrimonio. Se proprio il cda vuole salvare il manager, deve convocare un’assemblea dei soci e chiedere loro di votare per confermare l’imputato o il condannato. Curiosamente un manager può essere accusato di strage o di reati ambientali e salvarsi, ma se è imputato per corruzione è fuori. E Paolo Scaroni, l’ad di Eni, è indagato per corruzione internazionale in un’inchiesta su presunte tangenti pagate da Saipem, una controllata. Come si fa a confermare un manager che potrebbe decadere tra pochi mesi se arrivasse il rinvio a giudizio? La norma non è ad personam, ma di certo ha ridotto ulteriormente le possibilità di Scaroni di ottenere il quarto mandato cui aspirava. Sui mercati gli osservatori notano che la mossa del Tesoro è inusuale: un cda di solito ha sempre la possibilità di cacciare l’amministratore delegato, anche senza che la politica imponga un cambio di statuto che sfavorisce l’Eni rispetto ai concorrenti. Ma Renzi ha deciso: via tutti. Ogni strumento è lecito per vincere le resistenze dei boiardi delle partecipazioni.