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 2014  marzo 20 Giovedì calendario

FORMAZIONE FANTASMA “GENOVESE VA ARRESTATO”


Francantonio Genovese è da arrestare. Il Parlamento decida e faccia presto. È questa la richiesta arrivata ieri a Montecitorio dai magistrati di Messina. Il sempre sorridente onorevole, salvato dai garanti del Pd che scandagliarono le liste prima delle elezioni (e fecero fuori Mirello Crisafulli), non è solo l’azionista di maggioranza della corrente renziana siciliana. Per i pm è anche “al vertice di un sodalizio criminale” che negli ultimi anni ha divorato i fondi europei e regionali della formazione professionale. Un bottino di 6 milioni di euro accumulato grazie alla gestione, diretta o occulta, di almeno dieci enti. Strutture totalmente inutili per dare uno straccio di lavoro ai giovani disoccupati siculi, ma preziosi per arricchire la famiglia Genovese. Moglie, cognate, parenti, affini e portaborse vari, avevano le mani nella pasta grassa della formazione. Una piramide della amoralità familistica e del malaffare con Genovese “chiaramente al vertice” di quello che il pool di magistrati coordinato dal pm Sebastiano Ardita, definisce “un sodalizio criminale”.
FRANCANTONIO Genovese, il papà sei volte senatore Dc, lo zio Nino Gullotti più volte ministro nei governi della Prima Repubblica, è stato anche sindaco di Messina. Imprenditore e re dei traghetti con l’armatore Franza, ultimamente si era collocato nell’area renziana del Pd.
Va arrestato Francantonio, scrive il gip di Messina, perché “il sodalizio criminale” che lo vede al vertice, è “diffuso, ben avviato e adeguatamente potente: ha delinquito (sic) e ragionevolmente continuerà a delinquere”. L’esigenza cautelare “in carcere”, deriva dalla potenza dell’organizzazione, dall’esistenza degli enti che ancora agiscono nel business della formazione professionale in Sicilia: più di 400 milioni di euro l’anno.
Peculato, truffa aggravata, riciclaggio e falso in bilancio, questi i reati contestati al parlamentare. Una decina di sigle, si diceva, direttamente riconducibili alla Genovese-family, più società, sempre riferibili agli stessi soggetti, che fornivano servizi, locali da adibire a scuole, attrezzature, ma “sempre a prezzi platealmente esagerati”. Sei milioni di euro incassati dal 2007 al 2013, in una regione che conta 1600 enti di formazione professionale, cinque volte più del Veneto e dove il costo per corsista è esorbitante: 135 l’euro ogni ora per formare estetiste, parrucchieri , cuochi. Genovese, forte dei suoi legami politici, rastrella enti di formazione professionale, li compra dai sindacati che decidono di abbandonare il settore, “con l’evidente consapevolezza di cospicui guadagni illeciti e dei potenziali vantaggi elettorali”. Crea una catena familiare: al vertice delle strutture ci sono la moglie Chiara Schirò, la sorella di lei, Elena, moglie del deputato regionale Franco Rinaldi (Pd), il capo dei suoi comitati elettorali, Salvatore La-macchia, viene piazzato nella segreteria dell’assessore al ramo ai tempi del governo Lombardo, Mario Centorrino. “Genovese – si legge in una intercettazione – sta facendo le stesse operazioni che faceva Totò Cuffaro con la sanità... Minchia se la magistratura ci mette mano”. Ma il povero Totò vasa vasa al confronto rischia di fare la figura del dilettante. Il “sistema Genovese” viveva sui “corsi fasulli e con allievi fantasma”, i corsisti che percepivano un gettone per partecipare alla fiction della formazione. Se li vendevano a pacchetti, perché più ne avevi e più denari intascavi. Aram, in cinque anni incassa oltre 23 milioni; Lumen, ne rastrella più di tre: sono due delle sigle dell’impero Genovese. Ma sono solo una parte della galassia sulla quale i funzionari regionali erano disposti a chiudere gli occhi.
“SONO DISPONIBILE a fare campagna elettorale, ma anche desideroso di avere un incarico nell’ufficio di gabinetto della nuova giunta”. Si offre così, un dirigente della Regione parlando con la cognata dell’onorevole Francantonio. E quando i giornali scrivono e fanno reportage sullo scandalo, un altro funzionario regionale si preoccupa di tranquillizzare la moglie dell’onorevole Rinaldi: “Elena, passerà tutto, il tempo sistema le cose e porta a dimenticare”. Gli unici a non avere memoria labile a Messina, sono stati i magistrati della procura che hanno affondato le mani nel fango della formazione professionale. Il metodo per distrarre fondi pubblici era semplice, si mettevano in piedi società finte (una era costituita esclusivamente da domestici di casa Genovese) per fare “fatturazioni fraudolente”. Erano società “schermo”, delle “cartiere”, come la Colaservice o la Centro servizi 2000, che servivano al deputato per fatturare prestazioni professionali finte, “funzionali unicamente a consentire una massiccia evasione fiscale all’onorevole”, o a riciclare centinaia di migliaia di euro. Francantonio è l’uomo dei primati, 20 mila preferenze alle primarie del Pd, il cognato deputato regionale più votato, e ora è il primo parlamentare di questa legislatura per il quale si chiede l’arresto. Crolla un sistema a Messina, ma l’elenco degli orbi è lungo. Anche l’attuale premier, il rottamatore, attraversò lo Stretto, mangiò ottimi cannoli e strinse la mano del ras. Adesso Davide Faraone, dalla segreteria Pd, dice: “Se la richiesta d’arresto è legittima e concreta si voterà a favore”.