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 2014  marzo 20 Giovedì calendario

CHI LASCIA RADIO DEEJAY, TORNA


Il direttore di Radio Deejay, Linus, mi dà appuntamento a Milano in via Massena 2, sede storica dell’emittente, alle 11.30. Orario strano, mi dico, perché a quell’ora dovrebbe essere in onda con Deejay chiama Italia (lunedì-venerdì dalle 10 alle 12). «In realtà, qualche volta, registriamo due puntate di seguito», mi confessa, «una fatica, però è bello, il giorno dopo, avere due ore buche come a scuola».

Nel palinsesto di Deejay di quest’anno ci sono stati i ritorni di Fabio Volo, di Platinette, e, lo scorso febbraio, si è andati vicinissimi alla clamorosa rentrée di Gerry Scotti. Gli ascolti e la raccolta pubblicitaria nei primi tre mesi del 2014 vanno bene, c’è ottimismo per l’intero anno. E Linus ha poi le sue spiegazioni sul perché Deejay abbia 2 milioni di ascoltatori in meno rispetto a Rtl 102,5.

Domanda. Partiamo dal ritorno di Fabio Volo e di Platinette. Sono loro che hanno nostalgia di Deejay, o anche lei ha nostalgia di chi se ne va, e perciò lo richiama?

R. Separerei i due casi. Con Fabio Volo ho sempre avuto un rapporto conflittuale. E fare una pausa di un anno è servito a entrambi. Noi di Deejay abbiamo capito che Fabio è un asset di grande valore, e che lui è sempre molto giovane e fresco per la radio. Ma è servito pure a lui, perché ha compreso come la radio fosse un po’ la pietra angolare del suo sistema, che se veniva meno quella gli mancava qualcosa, e anche le sue altre attività potevano risentirne.

D. Per Platinette, invece?

R. Con Mauro (il vero nome di Platinette, ndr) ho invece sempre avuto un buon rapporto. Nel suo caso, un anno fa, avevo ritenuto si fosse un po’ esaurito il filone. E gli avevo proposto di restare con noi per un ruolo simile a quello della riserva di lusso nel calcio, il campione che negli ultimi anni di carriera gioca in panchina ma quando entra in campo risolve i match perché ha ancora molto valore. Lui non accettò e decise di andare altrove (a Radio Montecarlo, ndr). La nuova esperienza, tuttavia, non gli è piaciuta, ed è tornato a Deejay, accettando la vecchia proposta che gli avevo fatto.

D. E poi c’è stato il quasi ritorno di Gerry Scotti_

R. Vero. Io avevo bisogno di un paio di settimane di stop proprio in questo periodo, tra febbraio e marzo, perché volevo scrivere un libro, dovevo staccare, andare in campagna. Però ero un po’ titubante a lasciare la radio e Deejay chiama Italia proprio in questi momenti. Allora avevo chiesto a Gerry la disponibilità a sostituirmi in onda per quei 15 giorni. E lui aveva accettato con entusiasmo. Ma alla fine non si è fatto nulla perché il suo contratto con Mediaset gli impedisce di lavorare per noi.

D. A proposito di contratto, tutto a posto con la Rai dopo le polemiche per il suo incarico come consigliere di amministrazione di Elemedia? Il grande cocomero ripartirà su Rai 2?

R. Tutto a posto, anche il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, si è espresso. Il programma, penso, ripartirà tra settembre e ottobre.

D. Scotti ha promesso che a 60 anni molla la tv. Mancano due anni. Ci crede?

R. Non ci credo molto. Sicuramente lui la radio ce l’ha dentro. Ma con tutto quello che fa in tv. E poi lasciare i ricchi contratti Mediaset. Mah, diciamo che è abbastanza difficile.

D. Comunque chi è passato per Deejay, e poi ha avuto grande successo anche altrove, rimane affezionato alla radio. Alla festa al Forum di Assago per i 30 anni di Deejay, nel 2012, si respirava questo clima direi irripetibile.

R. È vero. Noi siamo qui da 32 anni con lo stesso valore che non perde quota. Anche Rai e Mediaset possono fare celebrazioni. Ma non c’è lo stesso attaccamento alla bandiera.

D. Il mezzo radio sembra avere iniziato bene il 2014, raccolta in crescita del 5%.

R. Siamo contenti. Per Deejay i primi tre mesi sono ottimi sia per l’andamento della raccolta pubblicitaria, sia per gli ascolti. In particolare sono felice che non ci sia una correlazione così stretta tra la classifica delle audience e gli investimenti pubblicitari. Questo perché noi, negli anni, abbiamo affermato un brand come Deejay che va un po’ al di sopra delle periodiche rilevazioni degli ascolti. E infatti noi abbiamo un fatturato superiore...

D. Nel 2013, però, le radio del gruppo Espresso (Deejay, Capital, m2o) potrebbero chiudere con un fatturato di circa 55 milioni di euro, simile a quello di Rtl 102,5. C’è un aggancio?

R. Non sono ferratissimo sui numeri di bilancio. E su questo tema non mi esprimo.

D. Come si spiega che Rtl 102,5 sia a quota 7 milioni di ascoltatori nel giorno medio, e Deejay a 5 milioni? Due milioni di distacco sono tanti_

R. Ci sono tre fattori: Rtl 102,5 è una radio più ecumenica, accessibile a chiunque, fruibile. È la nuova Rai Radio Uno, ci puoi trovare il Papa o Emis Killa. Noi, invece, siamo più chiusi, puntiamo di più sulla personalità. E, come sempre, la personalità piace molto, ma può essere pure respingente.

D. Gli altri due fattori?

R. Beh, loro hanno una copertura fantastica, mi pare 850 impianti in Italia. Noi di Deejay possiamo contare su circa 500 impianti. Perciò, la illuminazione del territorio è a loro vantaggio. Infine, a Rtl possono contare su molti ascoltatori televisivi, grazie alla formula della radiovisione. In base alla rilevazione Eurisko, gli ascolti di una radio, infatti, possono arrivare dal web, dal mobile o dalla tv. E a Rtl 102,5 arrivano circa un milione di ascolti in più dal piccolo schermo. Noi, con Deejay tv, abbiamo scelto di fare una tv vera, con i suoi costi e i suoi ricavi. Loro hanno una tv in cui sono previsti solo costi, ma che evidentemente serve al loro sistema generale.

D. Nello stile di Deejay rimarrà sempre centrale la parola, divertente o intelligente, intervallata, ogni tanto, dalla musica?

R. Sì, è il nostro stile. Al centro c’è la figura del dj, che poi usa la musica come colonna sonora. Una regola che mettiamo un po’ da parte solo al sabato e alla domenica. Ma secondo me uno sceglie di ascoltare una radio per la personalità di chi va in onda. Poi, certo, a ogni cambio di programma noi abbiamo un certo numero di uscite di ascoltatori e un certo numero di ingressi. Ci sono differenze di conduzione molto marcate. Per altre radio, invece, il flusso di conduzione è più omogeneo.

D. In un palinsesto come quello di Deejay, ricco di conduttori con personalità, è difficile inserire voci nuove. Per esempio, Federico Russo e Marisa Passera avevano preso il posto di Volo tra le 9 e le 10 del mattino. Ma appena Volo è rientrato a Deejay, loro sono stati spostati in un punto di palinsesto non proprio strategico, dalle 20 alle 21.30_

R. Purtroppo scatta la logica dei numeri. Nel loro caso, poi, c’è stata anche la presa di coscienza che erano bravi ma mancava ancora qualcosa proprio a livello di personalità. Però nella nuova formula, affiancati da Vic, un altro che aveva poco spazio in palinsesto, funzionano molto bene, e sono tutti più efficaci.

D. Sposta, magari riduce gli spazi. Ma non manda via quasi nessuno_

R. Il fatto è che sono molto geloso dei miei dj, mi darebbe fastidio sentirli da altre parti, e li tengo anche se non mi servono a niente (ride, ndr).

D. Ha due figli adolescenti. Ascoltano la radio?

R. No. Al massimo lo fanno quando stanno con me in macchina. Ma è abbastanza ovvio che non la ascoltino: la musica che amano la trovano da soli dove vogliono, l’intrattenimento non è cosa che li possa ancora interessare.

D. Perciò?

R. Non mi sembra un grande problema. Un tempo ci si avvicinava alla radio a 13 anni, ma poi, a 30 anni, nessuno più ascoltava Deejay. Ora, invece, si inizia ad ascoltare la radio più tardi, quando si guida una macchina, quindi verso i 20-25 anni. Ma si va avanti oltre i 50 anni. La platea si è allargata ed è diventata un po’ più adulta.

D. Come vede il 2014 delle tre radio del gruppo Espresso?

R. Molto fiducioso su Deejay. Abbiamo un unico buco in estate, perchè per un periodo piuttosto lungo non c’è in onda la formazione tipo. Bisogna rimediare, e proporrò una rotazione delle vacanze più intelligente. Di Capital ed m2o ormai me ne occupo poco. Comunque m2o è un piccolo fenomeno, un po’ meno disco, un po’ più pop, e si è attestato a ottimi livelli di ascolto nonostante le poche frequenze. Per esempio, in Veneto non si sente molto. Capital, invece, avrebbe bisogno di investimenti per uscire dal suo orticello. Lo zoccolo duro dei suoi ascoltatori è molto contento. Gli altri la conoscono ancora troppo poco.