Antonella Baccaro, Lorenzo Salvia, Corriere della Sera 20/03/2014, 20 marzo 2014
I TAGLI A POLITICA E APPALTI (LA FRENATA SUGLI STATALI)
E Confindustria teme una mini-crescita dello 0,5%
«Questa è la madre di tutte le riforme, se riesce questa, il nostro castello di cambiamento dell’Italia sta in piedi, se dovesse fallire allora c’è il rischio che l’intero castello precipiti». Il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, ieri ha definito così l’operazione di revisione della spesa che il governo Renzi ha messo in cantiere. Non senza resistenze. Anche ieri, mentre il premier ribadiva in Parlamento che le tabelle del commissario Cottarelli sono un menu su cui vanno operate «scelte politiche», le proteste contro i tagli ipotizzati si sono moltiplicate. E c’è stato anche qualche distinguo in seno al governo.
E’ il caso del ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia che ieri, incontrando per la prima volta i sindacati di categoria, avrebbe preso le distanze da un eventuale totale blocco del turn over che il rapporto Cottarelli ipotizza per 85 mila dipendenti. Secondo quanto riportato dal segretario della Cgil Funzione pubblica, Rossana Dettori, a parere di Madia il blocco non dovrebbe esserci, anzi dovrebbero «essere inseriti tanti giovani». La ricostruzione, riportata anche dalla Cisl, non è stata smentita dall’interessata. Del resto anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, ieri ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle polemiche divampate dopo la pubblicazione delle tabelle di Carlo Cottarelli: «Le bozze sono solo bozze» ha tagliato corto.
Il punto è che l’accento messo dallo stesso Delrio nell’intervista al Corriere sulla necessità di reperire dalla spending review non tre ma cinque miliardi per finanziare il taglio del cuneo fiscale, non lascia tranquillo nessuno. Il sottosegretario ha cercato di rassicurare dicendo che i maggiori tagli rispetto alle tabelle di Cottarelli potrebbero venire dai costi della politica e dall’efficientamento degli acquisti, da cui ci si aspettano risparmi per più di un miliardo. Ma è anche vero che escludendo dalla tabella riepilogativa di Cottarelli la voce «pensioni», volano via 1,4 miliardi di quelle che il commissario aveva individuato come risorse spendibili nel 2014. L’altro fronte di battaglia al momento riguarda la difesa, dove i ventilati (e controversi) tagli al programma dei caccia F35 porterebbero un risparmio di cui Renzi parrebbe non volersi privare perché popolari e di facile reperimento, almeno a prima vista.
Il punto di equilibrio tra taglio delle tasse e taglio delle spese richiede uno sforzo importante: il premier non può vedere vanificato l’effetto elettorale ed economico della busta-paga più pesante a maggio per 10 milioni di lavoratori dipendenti, con i sacrifici che s’imponessero su altri cittadini in virtù della spending review .
Il timore di tagli induce quelli che sembravano prima convinti che il cambio di passo di Renzi costituisse un netto guadagno, a maggior prudenza. «Il nostro è un giudizio assolutamente sconcertato - attacca il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni - perché non si possono buttare i dati (della spending review, ndr ) in pasto all’opinione pubblica in questo modo, senza aver avviato prima una riflessione su come vogliamo ristrutturare la Pa, gli enti pubblici e le istituzioni. Basta con questa confusione». E, quanto ai dipendenti pubblici, «ne abbiamo già persi 350 mila, ora il governo si sieda con noi e discuta: basta con questo gioco al massacro». Ma i tempi sono molto stretti: i tagli dovranno essere pronti per il 21 aprile quando dovrà essere presentato il Def, documento di economia e finanza.
Intanto anche Confindustria ieri getta qualche ombra sulla possibile ripresa del Paese. Il Centro studi, che analizza l’andamento del mercato italiano, ha valutato «a rischio la previsione di un incremento del Pil superiore allo 0,5% nel 2014». Due i fattori frenanti: «Sul fronte esterno la nebbia dell’incertezza sulla solidità dello scenario globale, che spinge a navigare a vista e frena le decisione di spesa. Sul fronte interno, agiscono gli handicap competitivi strutturali e le lunghe code della crisi». D’altra parte l’indicatore dell’Ocse, scrivono ancora gli economisti di viale dell’Astronomia «suggerisce un nuovo indebolimento già nel secondo trimestre anziché un irrobustimento».
Intanto da Bruxelles torna a farsi sentire il commissario europeo Antonio Tajani ribadendo che l’Italia è a rischio di infrazione sui pagamenti della Pubblica amministrazione.
Antonella Baccaro
ACCOMPAGNAMENTO ADDIO ASSEGNO OLTRE I 45 MILA EURO –
Sulle invalidità il rapporto del commissario alla spending review ipotizza due interventi. Per le pensioni di invalidità Cottarelli propone una serie di controlli mirati stimando un risparmio di 100 milioni nel 2015 e 200 nel 2016. L’intervento, secondo Cottarelli, è motivato dal «forte aumento del numero di invalidi civili, non giustificabile da andamenti demografici». Dal 1998 ad oggi il numero delle pensioni di invalidità in pagamento è aumentato del 50%. Gli stessi risparmi - 100 milioni nel 2015, 200 nel 2016 - dovrebbero arrivare dall’altra misura proposta e cioè dall’introduzione di un limite di reddito per le indennità di accompagnamento. Cottarelli ipotizza un limite di 30 mila euro lordi l’anno per la singola persona, che salirebbe a 45 mila euro l’anno considerando il reddito di tutta la famiglia. In questo caso si propone di intervenire solo sulle nuove indennità, quelle ancora da autorizzare, ma si sottolinea che i «risparmi sarebbero più elevati nell’immediato se si intervenisse su quelle in essere, almeno per soglie di reddito elevate». Sulle indennità c’è una «distribuzione territoriale che suggerisce abusi» con percentuali elevate in Calabria, Campania, Sardegna e Umbria.
L. Sal.
MODELLO FRANCESE PER LE FORZE DI POLIZIA FINO AL 30% IN MENO –
La fusione tra polizia e carabinieri è un’ipotesi già smentita dal governo. Ma uno dei capitoli del rapporto del commissario alla spending review è dedicato alle «sinergie dei corpi di polizia» sottolineando che oggi le cinque forze previste dal nostro ordinamento comportano una spesa di 20 miliardi di euro l’anno. Carlo Cottarelli ipotizza un risparmio di 2,5 miliardi di euro in tre anni. Non parla espressamente di tagli agli organici ma sottolinea il «numero di unità elevato rispetto ad altri Paesi» con l’aggiunta di un grafico. Dice quella tabella che in Italia ci sono 466 unità di polizia ogni 100 mila abitanti, contro le 312 della Francia e le 298 della Germania. Tra i grandi Paesi europei ha più forze dell’ordine solo la Spagna con 533 mila uomini. La materia è delicata, perché la sicurezza non è un costo come un altro. Sindacati di polizia e Cocer militari hanno già fatto sentire le loro proteste. Prudentemente Cottarelli non indica come intervenire. Ma dice che «occorre chiedere un piano di riforma da completare entro settembre 2014 con il vincolo di raggiungere l’obiettivo di risparmio indicato». Quello che si farà è un lavoro chirurgico per evitare, dove possibile, duplicazioni tra i diversi corpi di polizia.
L. Sal.
AIUTI E INCENTIVI: QUATTRO MILIARDI DALLE IMPRESE –
«In teoria - recita il rapporto Cottarelli - la base aggredibile dei trasferimenti alle imprese è molto ampia: 16 miliardi. Ma togliendo quelli con controprestazioni (per esempio, ferrovie), trasferimenti essenziali (per esempio, aree terremotate), sostegno a ricerca e sviluppo, trasferimenti che non influenzano significativamente l’indebitamento netto (per esempio crediti agevolati), la base aggredibile scende a circa 3-4 miliardi». Gli stanziamenti su cui si ritiene di poter intervenire sin da quest’anno ammontano a 244 milioni per agricoltura e artigianato, 217 per l’editoria, 346 per l’istruzione, 12 per rimborsi a Poste italiane per agevolazioni tariffarie postali, 106 per lo spettacolo, 90 per Tv e Radio, ma soprattutto due miliardi e 110 milioni per i trasporti, incluso quello automobilistico, l’autotrasporto e la cantieristica. Infine ci sono ulteriori trasferimenti per 586 milioni che restano sotto la voce «altro». La proposta di Cottarelli è «la riduzione graduale a partire dal 2014». Nella tabella riepilogativa per quest’anno l’ipotesi di riduzione cifra un miliardo, dunque circa un quinto dei tagli previsti. Poi ci sono i trasferimenti dalle Regioni per 400 milioni, il cui taglio andrebbe a rimpinguare le casse di queste ultime. Infine 300 milioni è quanto si considera eccedente rispetto alla media europea dei trasferimenti alle Ferrovie.
STIPENDI D’ORO NESSUN MANAGER PIÙ DEL PRESIDENTE –
Nel taglio da 500 milioni previsto per i dirigenti pubblici dovrebbe esserci una sforbiciata agli emolumenti dei manager delle società partecipate. Secondo indiscrezioni, che non trovano riscontro nel rapporto Cottarelli, il governo starebbe ragionando intorno a un nuovo tetto retributivo. Attualmente il limite previsto è quello del primo presidente della Corte di Cassazione (circa 300 mila euro lordi l’anno). L’idea sarebbe quella di adottare come massimale lo stipendio del Presidente della Repubblica che si ferma a circa 248 mila euro l’anno.Come agire? Il governo Monti era intervenuto tramite decreto, in particolare con il salva Italia, per stabilire il tetto alle retribuzioni pubbliche, inserendovi però tutta una serie di eccezioni che a questo punto andrebbero a saltare. In particolare il salva Italia metteva a riparo dal tetto i manager delle società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato «che emettono esclusivamente strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati nei mercati regolamentari», cioè obbligazioni. Via dunque dalla lista i manager di Ferrovie, Poste, Eni, Enel e Finmeccanica, per citarne alcune. Tutti casi che a questo punto rientrebbero nell’ipotesi di taglio. Ma bisogna far presto: la tornata di nomine è alle porte e la norma andrebbe fatta prima dei nuovi mandati per avere effetto sul 2014.
LOCCO DEL «TURN OVER» PER 85 MILA NELLE CASSE DELLO STATO QUASI 3 MILIARDI IN PIÙ –
Una stima di 85 mila eccedenze tra il personale della pubblica amministrazione al 2016. Una misura che potrebbe generare un risparmio per le casse statali di tre miliardi. Il commissario Cottarelli, assalito dalle polemiche dei sindacati, ha già precisato che si tratta di una «stima da affinare» e che gli eventuali esuberi possono essere riassorbiti con la «mobilità». Nel documento Cottarelli si sofferma prima di tutto sulla spesa per corsi di formazione interna per la pubblica amministrazione, che è di circa 250 milioni. I tagli previsti ammontano a 100 milioni sia per l’anno corrente che per il 2015. Ma, si legge nelle slides , «esistono dubbi sulla efficacia di queste spese e risparmi, almeno nei prossimi due anni», ma minori esborsi «si possono ottenere attraverso una migliore prioritizzazione (sic)».
Il settore «pubblico impiego» nella relazione non ha una trattazione dedicata come tutti gli altri. Lo si ritrova in coda al rapporto, sotto la voce «criticità». Laddove la criticità in questione è rappresentata plasticamente dalla domanda «cosa fare del personale in esubero?», cui si cerca di dare una risposta. Si spiega, cioè, che gli esuberi dipendono da piani specifici di riforma ma la stima preliminare è di almeno 85 mila unità al 2016 , per un costo corrispondente di circa tre miliardi. Si prosegue osservando che la «capienza da blocco completo del turnover » è di circa 90 mila dipendenti, con questo indicando la misura come una possibile soluzione. Ma ci sono problemi nella sua applicazione ai singoli settori perché, ad esempio, nella scuola non ci sono esuberi ma molti pensionamenti. Inoltre il blocco del turnover causa aumento dell’età media, anche se l’«invecchiamento» è stato finora molto diverso tra settori.
Le slides elencano altre ipotesi allo studio: i prepensionamenti con l’eliminazione di posizioni (ma il risparmio sarebbe più limitato nell’immediato e ci sarebbe il rischio di effetti-imitazione per il privato), gli esoneri dal servizio (istituto introdotto nel 2008 ma abrogato a fine 2011), il collocamento in disponibilità del personale in esubero con riduzione della retribuzione, gli incentivi all’uscita dal settore pubblico con finanziamenti una tantum , la riduzione dei servizi esternalizzati, il rafforzamento della mobilità obbligatoria per facilitare riassorbimento all’interno della pubblica amministrazione. Tra le voci che si taglieranno con più certezza ci sono gli stipendi dei dirigenti statali: 500 milioni, compresi i risparmi sugli stipendi dei manager delle partecipate.
A. Bac.
AL SENATO ALL’ACCORPAMENTO DEI COMUNI ARRIVA LA CLAUSOLA DELLA «SOGLIA STANDARD» –
Ammontano a 400 milioni i tagli previsti dal rapporto Cottarelli ai «costi della politica» per il 2014. La metà viene dalla razionalizzazione delle spese di Comuni e Regioni e da quella del finanziamento ai partiti. In che modo? Le slides del commissario sono sintetiche: una parte dei risparmi verrebbe dall’accorpamento dei Comuni sotto i 5 mila abitanti, un’altra dalla riduzione dei consiglieri comunali e degli emolumenti degli amministratori locali. Passando alle Regioni, anche qui è prevista una sforbiciata al numero dei consiglieri e dei loro emolumenti e vitalizi. Compare poi un ammonimento: «Essenziale assicurare il monitoraggio per evitare aggiramento misure (come nel caso delle misure introdotte dal governo Monti)». Infine si prevede l’applicazione dei «costi standard» per il funzionamento dei consigli regionali. Una riga secca, che non contempla spiegazione, è dedicata al «finanziamento dei partiti», specificando che si tratta di una riduzione rispetto al decreto già approvato. In aggiunta c’è il «divieto di cumulo di pensioni con le retribuzioni offerte dalla carica pubblica», anche se qui si spiega che l’effetto è «molto difficile da stimare ma importante in termini di equità».
Il secondo pacchetto di tagli da 200 milioni riguarda invece gli organi costituzionali e a rilevanza costituzionale, per i quali oggi si spendono 2,4 miliardi annui. Dal 2009 nessuna riduzione è stata ottenuta a fronte di tagli di spesa del 10% delle amministrazioni centrali dello Stato. La slide che se ne occupa precisa che il taglio di queste spese è «responsabilità degli organi costituzionali stessi, non del governo», che dunque, nel rispetto dell’autonomia, non può vararli. La stima di risparmio da 200 milioni include anche la trasformazione del Senato prevista dalla riforma costituzionale ora in Parlamento.
Si tratta di cifre molto limitate. Questo lascia intendere il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, nella sua intervista al Corriere di mercoledì. Dove si spiega che da questi tagli si aspetta risultati maggiori al netto di altri interventi che potrebbero rientrare sotto la voce «costi della politica», come le consulenze e le auto blu, da cui si attendono risparmi per 100 milioni quest’anno. Va ricordato infine che anche dalla riforma delle Province il risparmio previsto è pari a 100 milioni quest’anno.
Antonella Baccaro
AL PRELIEVO SUGLI ASSEGNI OLTRE 2.000 EURO ALLA REVISIONE DELLE PENSIONI DI GUERRA –
La scelta spetterà alla politica, come lo stesso Carlo Cottarelli ha prudentemente ripetuto più volte. E il governo ha detto che per il momento le pensioni non si toccano, al massimo si può cominciare a fare un ragionamento politico su un contributo di solidarietà che potrebbe arrivare nel 2015. Ma sulla previdenza il rapporto del commissario alla s pending review è ricco di proposte. Né poteva essere diversamente visto che «sarebbe stato difficile ignorare un settore che vale 270 miliardi di euro l’anno», come lui stesso ha ricordato.
Il contributo temporaneo sulle pensioni più elevate è il primo punto del capitolo dedicato alla previdenza e del resto lo stesso Matteo Renzi ne aveva parlato più volte prima di diventare presidente del Consiglio. L’intervento dovrebbe «esentare l’85% dei pensionati» e servirebbe per finanziare la fiscalizzazione degli oneri sociali sui nuovi assunti, cioè il taglio del cuneo fiscale per i giovani con un meccanismo indiretto di solidarietà generazionale. Nella lista c’è poi una «maggiore deindicizzazione delle pensioni a partire dal 2015», cioè un’ulteriore frenata nell’adeguamento degli assegni al costo della vita. E poi ancora un limite alle pensioni di reversibilità, quelle che spettano al coniuge superstite, con una riduzione della percentuale di conversione graduata a seconda di una serie di fasce di reddito. In questo caso sarebbero salve le reversibilità già in pagamento, mentre la riduzione dell’assegno scatterebbe solo per i nuovi trattamenti. Tra le proposte c’è anche la revisione delle pensioni di guerra che oggi costano 1,5 miliardi di euro l’anno e che «nella maggior parte dei casi riguardano superstiti di vittime della seconda guerra mondiale».
Mettendo insieme tutte queste misure, il rapporto Cottarelli prevede un risparmio possibile di 7,6 miliardi di euro in tre anni. Anche in questo caso l’impatto sarebbe crescente nel tempo: 1,8 miliardi quest’anno, ma il governo dice che non se ne parla, poi 2,4 l’anno prossimo e 3,4 nel 2015.
Il commissario Cottarelli chiude il capitolo con una serie di grafici che motivano l’intervento. Oggi la spesa per pensioni è molto più alta in Italia che nel resto d’Europa: il 15,6% del Prodotto interno lordo contro il 14,3% della Francia, il 13,4% della Grecia, l’11,5% della Germania, dove la previdenza integrativa è molto più sviluppata che da noi. Non solo. Perché nel rapporto Cottarelli sottolinea anche come «una quota elevata delle pensioni viene risparmiata» e «su quasi tutte le classi di reddito il risparmio delle famiglie con pensionati è elevato». Tutte le misure ipotizzate hanno suscitato proteste da più parti. Materia sensibile, per ora accantonata.
L. Sal.
LA SFORBICIATA SULLA MACCHINA DEGLI ACQUISTI SOLTANTO 30-40 CENTRI PER BENI E SERVIZI
Dagli acquisti di beni e servizi della pubblica amministrazione dovrebbe arrivare quasi un terzo dei risparmi previsti dalla lista dei tagli studiata dal commissario Carlo Cottarelli. Oltre 10 miliardi di euro in tre anni, con 800 milioni di euro recuperati già quest’anno per poi a salire a 2,3 miliardi l’anno prossimo e addirittura 7,2 nel 2016. Come è possibile?
In effetti la torta sulla quale intervenire è grande. Nel 2012, ultimo dato disponibile, la pubblica amministrazione italiana in tutte le sue articolazioni, dai ministeri al più piccolo dei Comuni, ha speso per le forniture di beni e servizi 131 miliardi di euro. Il punto è che le gare sono oggi divise tra 32 mila stazioni appaltanti, che spesso aggiudicano pacchetti di beni e servizi piccoli e quindi con un prezzo meno vantaggioso. La proposta di Cottarelli è di far scendere a «30/40» il numero delle stazioni appaltanti, per i cosiddetti acquisti «sopra soglia», i contratti più importanti che per le amministrazioni centrali superano i 134 mila euro e per quelle locali i 207 mila euro. In sostanza si avrebbe una centrale d’acquisti unica per ognuna delle dieci città metropolitane che dovrebbero nascere l’anno prossimo e un’altra centrale d’acquisti per ogni Regione. Tutto il resto dovrebbe passare attraverso la Consip, la società per gli acquisti della pubblica amministrazione da cui oggi passa meno di un quarto della spesa totale. «Occorre sfruttare il fatto - si legge nel documento del commissario alla spending review - che gli acquisti effettuati su convenzioni Consip comportano in media un risparmio del 24%» rispetto alle forniture che seguono altre modalità. Ed è proprio dirottando su Consip gli appalti oggi assegnati dalle 32 mila centrali d’acquisto soppresse che secondo Cottarelli si possono ottenere grandi risultati. Non solo. Il documento propone una «serie di controlli sui contratti in essere al 31 luglio 2014». E le verifiche riguarderebbero non solo gli appalti sopra soglia ma tutte le forniture. Già oggi la legge prevede che ogni contratto deve rispettare i parametri di qualità e di prezzo che la Consip fissa come riferimento a livello nazionale. Ma quei paletti vengono aggirati, inserendo nei capitolati delle piccole variazioni sulle caratteristiche del prodotto che giustificano, almeno in teoria, anche un prezzo diverso. Una stretta su questo fronte significherebbe prendere la strada scelta in Corea, dove la centrale d’acquisti nazionale può bloccare in tempo reale ogni contratto chiuso a livello locale che non rispetti i suoi parametri di prezzo e qualità. Altri 200 milioni di euro l’anno verrebbero risparmiati cancellando l’obbligo di pubblicare sui quotidiani i bandi per gli appalti che superano i 200 mila euro.