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 2014  marzo 19 Mercoledì calendario

RICORDI, «BRI», LE TARTINE?

Mezzogiorno brucia sul barchino di legno, immobile di fronte alla Madrague. Nella gelatina luminosa del mare, la villa di Brigitte Bardot si fonde bianchissima con l’ultimo cielo. Lì, tra il moletto e la spiaggia, allungava indolente le gambe lunghissime quando era già «B.B.» e il mito di Saint-Tropez, negli anni Sessanta, era ai massimi. Ma basta un colpo di motore per girare attorno a un promontorio e beccheggiare verso Pointe de Capon, dove sempre più spesso passa le giornate nell’altra residenza, La Garrigue, con il quarto marito Bernard d’Ormale e gli amati animali.
Non esce quasi più: troppi problemi alle anche. E poi, perché rinunciare alla boscaglia che la protegge dal mondo e da una città ormai poco amata?
Due abitazioni e due esistenze opposte, ma sempre davanti allo stesso mare. Riconoscente per la prima vita che le ha portato celebrità e ricchezza, Saint-Tropez è comprensiva con la seconda, chiusa e scontrosa, con Brigitte che lancia strali. «Il porto è solo un parcheggio di yacht giganteschi», ha scritto l’anno scorso nel volume che porta il suo nome. «Quando penso che i turisti in spiaggia pagano 40 mila euro una doppia magnum per farsi la doccia di champagne, mi dico che non solo è indecente: è osceno». Le vetrine del centro rispondono mettendo in mostra le sue foto più sexy di gioventù: nei bar, all’Ufficio del turismo, all’edicola del porto. Lei è ovunque: nei nomi dei locali – Le Bard’ô, uno fra tanti –, nelle boutique che continuano a vendere (carissimi) i remake dei suoi celebri mini abiti, le ballerine, le magliette a righe bianche e blu. E al porto, tra le barche dei pescatori, è ancorata la sua piccola Piou Piou, ora di proprietà di Lucien Clauzier, che rifiuta di affittarla.
Un mito coltivato anche dal Comune (di destra). Che si prepara a festeggiare i suoi ottant’anni con una mostra curata 
dallo scrittore Henry-Jean Servat, autore dell’articolo pubblicato sulle pagine precedenti, e tra i pochissimi esseri umani ammessi al cospetto dell’ex diva.

difficile, per chi l’ha conosciuta e frequentata, non amare Brigitte Bardot. «È una donna intelligente, intuitiva, legge moltissimo, cita Voltaire a memoria. Ed è molto spiritosa», racconta Simone Duckstein, proprietaria dell’Hotel La Ponche. «La ricordo bambina, a undici anni, quando la chiamavano “Bri” e arrivava al nostro baretto con la sua famiglia. Gente per bene, abitavano d’estate in rue de la Miséricorde, il resto dell’anno a Parigi. Criniera bionda, pomelli rossi, era allegra, divorava tartine con la sorella Mijanou».
Negli anni successivi, Saint-Tropez diventa il rifugio estivo di intellettuali come Sartre e Simone de Beauvoir. Françoise Sagan stabilisce il suo quartier generale proprio alla Ponche, dove chiama a raccolta i suoi amici: Juliette Gréco, Roger Vadim, che nel frattempo ha incontrato e sposato a Parigi proprio Brigitte. «Sempre qui, in hotel, Vadim l’ha diretta in 
E Dio creò la donna». Il film le dà il successo e quel diminutivo – B.B. – che imparerà presto a odiare. Felicità poca, neanche quella coniugale: Roger e Brigitte sono in crisi, lei si lega all’altro interprete, Jean-Louis Trintignant, e in questo stesso hotel consuma il flirt. «Nonostante tutto», ricorda la Duckstein, «quella fu l’ultima estate di pace». Perché poi l’attrice incontra Gunter Sachs. «Passarono da me, alla Ponche, la loro prima notte d’amore». A Saint-Tropez scoppia la follia.

«la prima volta che l’avevo vista era stato un pomeriggio del ’65, quando gettammo l’ancora del nostro yacht, il Sereno, nella Baie des Canoubiers», racconta Ljuba Rizzoli. «Ero con mio marito Andrea, Nino Nutrizio, Mimmo Carraro. Con i cannocchiali, abbiamo avuto la fortuna di mettere a fuoco Brigitte sulla spiaggia, senza reggiseno. Tutti gli uomini erano persi dietro questa visione, e io non volevo più scendere dalla barca: mi era venuto uno sbotto di gelosia. Mi convinsero solo con la promessa di andare a ballare al Papagayo, tutti in parrucca. Così facemmo, e io la ritrovai che si scatenava in pista circondata da bellissimi ragazzi. Ma l’ho conosciuta più da vicino un paio di anni dopo quando, essendo ormai in crisi il matrimonio con Gunter Sachs, folleggiava assieme all’attore Curd Jürgens. Curd, sempre circondato da un gregge di donne stupende, ci aveva venduto la sua casa a Cap-Ferrat, e continuava a organizzare da noi le sue mitiche feste: piramidi di tartare, spaghetti, champagne e orchestra. E a casa dei Von Karajan, vicino alla Madrague, la mia amica Eliette, abituata al nudismo, gridava: “Spogliamoci tutti”. È stato in quel periodo che si è rafforzata l’amicizia con Brigitte. Ci incontravamo, con Gunter, al casinò: tutte e due allegre, scalze e in pareo, in quel tempio della roulette».

erano anni in cui i paparazzi le davano la caccia per mare, per terra e dal cielo: le foto erano vendute ancora prima di essere scattate. C’era per lei un’ossessione: un sondaggio dell’epoca stabilì che il 45% delle conversazioni francesi erano sul suo conto. Brigitte aveva trasformato Saint-Tropez, e lei odiava la trasformazione.
«La sua vita era diventata un inferno», riprende Simone Duckstein. «Iniziò a isolarsi, a detestare il chiasso e la folla. La generosità e l’energia che avevano fatto di lei la regina del jet set iniziò a riversarle sugli animali, esseri innocenti e bisognosi. E ha riversato su di loro l’energia e la generosità che prima aveva per il jet set». La sua filosofia era sempre la stessa: «La misura dell’amore è l’amore senza misura». Solo che, ormai, l’amore senza misura si rivolgeva agli animali.
«La ricordo ballare sfrenata, con Gunter, sui tavoli del Pirata, a Cap-Martin», ricorda ancora Ljuba. «Tempo che fu. Quel locale era animato da una giovane zingarella e un somarello. La zingarella ormai è anziana, e il somarello morto».