Cheo Condina, Il Sole 24 Ore 19/3/2014, 19 marzo 2014
SORGENIA, PIÙ TEMPO PER LA TRATTATIVA
È ancora muro contro muro tra Cir e le banche sulla ristrutturazione del debito di Sorgenia, anche se il gruppo energetico avrebbe allo studio alcune misure per arginare l’attuale emergenza di cassa, che sta stringendo a dismisura i tempi per il negoziato. Al proposito, lo scorso 17 febbraio Cir aveva indicato in circa un mese l’autonomia finanziaria di Sorgenia a fronte della pressoché totale chiusura del credito da parte delle banche. Una scadenza «indicativa», successivamente spostata secondo fonti di mercato a fine marzo, che tuttavia potrebbe vedere un ulteriore slittamento, al momento difficile da quantificare ma comunque cruciale vista l’attuale situazione, nel caso andassero a buon fine alcune trattative in corso ed esaminate nel cda tenutosi lunedì. Trattative che si muoverebbero essenzialmente su due strade: possibili cessioni previste dal piano e in via di finalizzazione (è in dirittura d’arrivo la vendita di alcuni impianti solari al fondo Usa Contourglobal, per un incasso previsto tra 20 e 30 milioni), ed eventuali accordi, sul fronte bancario, per ottenere ulteriore liquidità.
Chiaramente, se il gruppo energetico riuscisse a ottenere maggiore ossigeno dal punto di vista finanziario gli attuali negoziati potrebbero essere condotti con maggiore tranquillità. Anche se la sostanza dei fatti, ovvero l’attuale muro contro muro tra le banche e Cir, non cambia. Del resto, al di là delle comunicazioni formali scambiate in questi giorni (già lunedì sera sarebbe partita la lettera in cui le banche chiedevano alla finanziaria della famiglia De Benedetti un ulteriore sforzo finanziario rispetto a 100 milioni), le relative proposte di ristrutturazione del debito restano distanti dal punto di vista quantitativo ma anche e soprattutto qualitativo. Per colmare i 600 milioni di debito in eccesso, infatti, Sorgenia propone un aumento di capitale da 190 milioni destinato agli azionisti, che vedrebbe Cir sottoscrivere la sua quota parte (100 milioni) e le banche coprire di fatto la parte di Verbund (che ha abbandonato la partita) convertendo 90 milioni di debito in azioni. In più, le banche stesse sarebbero chiamate a convertire 400 milioni di ulteriore debito in strumenti partecipativi. Uno schema, si osserva sul mercato, sicuramente perfettibile sotto alcuni profili (c’è chi chiede un piccolo sforzo supplementare a Cir sull’equity), ma comunque con un significato industriale, visto che consentirebbe una buona iniezione di mezzi freschi, lascerebbe la gestione e i rischi di capitale all’attuale azionista ed eviterebbe alle banche eccessivo un assorbimento di capitale. La proposta degli istituti, invece, per quanto spinti a forzare la mano dall’irremovibilità di Cir, chiederebbe a quest’ultima di iniettare 150 milioni in una società in cui risulterebbe subito ridimensionata nella governance e nel capitale: scenderebbe infatti al 33% a valle della conversione in azioni di 300 milioni di debiti, peraltro con la spada di Damocle di un ulteriore prestito convertendo da 150 milioni, che farebbe ulteriormente salire la quota delle banche.
A questo punto, al netto delle possibili misure tampone per creare un cuscinetto di liquidità a Sorgenia, le strade non sembrano molte. La speranza, come riportato da Radiocor, è quella di trovare un compromesso, ma in alternativa o si avvierà una procedura concorsuale oppure le banche si attrezzeranno per convertire in massa il capitale, ovviamente con uno schema che andrà concordata con il cda di Sorgenia e con la stessa Cir, che in un simile scenario azzererà molto probabilmente il suo contributo. Sempre che le banche, in extremis, non estraggano dal cilindro un acquirente per la società, disponibile a mettere più equity di Cir.